Estratto dell’articolo di Federico Rampini per www.corriere.it
Il mio dovere di elettore Usa l’ho già compiuto, per corrispondenza, così sarò libero nella giornata «infuocata» di martedì. Ho votato Kamala Harris. La considero la peggiore candidata che io abbia mai votato, dopo aver messo la mia scheda nell’urna con i nomi di Barack Obama nel 2012, Hillary Clinton nel 2016, Joe Biden nel 2020 (sono, secondo la definizione americana, un registered Democrat, cosa che non preclude la libertà di scelta nell’Election day).
[...] Donald Trump l’ho visto da vicino per quattro anni, l’ho seguito come corrispondente alla Casa Bianca in tanti summit internazionali. Incluso uno, tremendo, il 16 luglio 2018 a Helsinki con Putin: quest’ultimo, letteralmente, gli suggeriva le risposte, lo imbeccava su dossier come la Crimea. Vorrei evitare un bis, all’America e al mondo. Poiché conservo la cittadinanza italiana e amo il mio Paese d’origine, mi preoccupano i danni che il protezionismo di Trump potrebbe infliggere alle economie degli alleati. Ho a cuore il futuro della Nato.
PROIEZIONI ELEZIONI AMERICANE - DATI AL 3 NOVEMBRE 2024
Sopra ogni altra cosa, lo ritengo indegno di governare dopo l’infamia del 6 gennaio 2021. Non penso che sia un potenziale Mussolini o Hitler; ho fiducia che la Repubblica americana sia più forte di ogni tentazione autoritaria, e lo dimostrò nel 2021. Però prepotenza, egomania, disprezzo per la Costituzione lo rendono inadatto a guidare la massima potenza mondiale, la nazione leader del mondo libero.
Il mio voto per Harris non deve vietarmi uno spirito critico verso il Partito democratico. Respingo l’idea che l’altra metà della nazione accetterebbe una dittatura. Come in tante democrazie, le battaglie politiche sono spesso «cinquanta sfumature di grigio» anziché una lotta tra le forze del Bene e le forze del Male. In questo caso le sfumature sono di un grigio sporcato nel fango: è stata una campagna elettorale orribile, nessuna volgarità e bugia ci è stata risparmiata. Da ambo le parti.
dibattito tra donald trump e kamala harris 1
Avendo escluso ogni simpatia per Trump, avendo sempre votato democratico, la domanda che mi assilla è questa: com’è possibile che lui sia ancora in gara, capace di conquistare metà dell’elettorato nazionale? Troppi miei amici newyorchesi e californiani si rifugiano nella risposta più comoda, arrogante e offensiva. Descrivono quella metà del Paese come una massa di bifolchi ignoranti, che non sanno quel che fanno. O peggio, razzisti e fascisti. Biden ha riassunto: gli elettori di Trump sono «spazzatura». L’unico razzismo sdoganato nell’élite progressista è contro di loro. Ignora che il popolo repubblicano è più o meno lo stesso che votò per i moderati Bush, McCain, Romney; con l’aggiunta di quote crescenti di black, latinos, giovani.
Riformulo la domanda: dove hanno sbagliato i democratici, per rendere Trump ancora competitivo? C’è l’imbarazzo della scelta. Mi limito alla storia recente di questa oscena campagna elettorale. Fino all’ultimo l’establishment democratico, vicepresidente inclusa, ha mentito sullo stato di salute di Biden. Una pagina vergognosa: tuttora, sapere che la valigetta nucleare può essere comandata da un uomo così decaduto, è grave. Dopo il ritiro di Biden, quella vice che era nota come una mediocrità è stata trasformata in Superwoman, a furor di media fiancheggiatori.
Vidi all’opera Harris quando abitavo in California e lei era ministro della Giustizia di quello Stato: fu partecipe di un lassismo giudiziario che contribuì a peggiorare la sicurezza dei cittadini. Nel 2019-2020 la sua campagna per la nomination presidenziale era allineata con l’estrema sinistra: per esempio frontiere aperte all’immigrazione clandestina e un’agenda radicale per l’abbandono rapido di tutte le energie fossili. Raccoglieva fondi per la scarcerazione di criminali violenti; delegittimava le forze dell’ordine. Quattro anni dopo è irriconoscibile. Promette l’esatto contrario: frontiere chiuse, legge e ordine, decarbonizzazione lenta e pragmatica.
donald trump bacia kamala harris immagine fake generata dall ia
[...] Per questo confesso il mio peccato: al voto per mandare Harris alla Casa Bianca, ne ho affiancato uno a favore dell’opposizione, al Congresso. Per la prima volta da quando sono cittadino mi sono rassegnato a quello che si chiama split vote (voto divergente), in favore del divided government (potere condiviso). [...]
IL TRUMP-OLINO DI KAMALA - VIGNETTA BY GIANNELLI federico rampini foto di bacco (2) KAMALA HARRIS DONALD TRUMP FEDERICO RAMPINI - LA SECONDA GUERRA FREDDA FEDERICO RAMPINI federico rampini a quarta repubblica 2