"RIDATE ALLE AZIENDE I SOLDI DELLE TASSE" - ORMAI IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, BONOMI, È IL VERO LEADER DELL’OPPOSIZIONE - CHIEDE A CONTE DI RESTITUIRE I 3,4 MILIARDI DI ACCISE SULL'ENERGIA CHE UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE IMPORREBBE DI RESTITUIRE; DI ACCELERARE I TEMPI PER IL PAGAMENTO DEI DEBITI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE; ACCELERARE LA RESTITUZIONE DEI CREDITI IVA, PER I QUALI NORMALMENTE LE AZIENDE ATTENDONO SESSANTA MESI...

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Ale.Bar. per “la Stampa”

 

bonomi conte bonomi conte

Tre «priorità trasversali» per ripartire: un Paese più efficiente, una migliore spesa pubblica, un piano per la riduzione del debito. Dopo settimane di tensioni con il governo Carlo Bonomi arriva agli Stati generali con una proposta. Giuseppe Conte l'aveva invitato ad andare oltre «la richiesta di meno tasse» e così ha fatto. Nessuno ha ancora capito cosa resterà degli appuntamenti fra gli stucchi di villa Pamphili. Il leader di Confindustria, il meno filogovernativo degli ultimi vent' anni, riconosce comunque al governo di lavorare in condizioni difficili.

 

stati generali gualtieri stati generali gualtieri

Con lui c'è il direttore generale uscente dell'organizzazione Marcella Panucci, dall'altra parte del tavolo Conte e Roberto Gualtieri. Bonomi ci tiene a usare - così raccontano i presenti - «il linguaggio della franchezza». Ha con sé una cruda lista di fatti. Il primo: l'Italia era l'unico Paese europeo in quasi recessione prima del virus. Alla fine del 2019 era ancora l'unico del Continente a dover recuperare quasi quattro punti di Pil dal 2008.

 

Ancora: per anni in Italia si è privilegiata la spesa corrente e «una infinità di bonus» rispetto alla necessità - mai presa sul serio - degli investimenti pubblici e delle riforme strutturali. Si dirà: il Covid ha risvegliato tutti dal sonno. Macché, lamenta Bonomi: le misure per attutire gli effetti del lockdown sono state «più problematiche che altrove».

 

giuseppe conte carlo bonomi 2 giuseppe conte carlo bonomi 2

Il capo degli industriali porta il caso dei ritardi nella erogazione della cassa integrazione, «in gran parte anticipata dalle imprese» (accusa diretta al presidente dell'Inps) o i tempi lunghi per la liquidità garantita dalle banche. Per questo il capo degli industriali chiede - li chiama così - «gesti simbolici» al governo: restituire i 3,4 miliardi di accise sull'energia che una sentenza della Cassazione imporrebbe di restituire; accelerare i tempi per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione; accelerare la restituzione dei crediti Iva, per i quali normalmente le aziende attendono sessanta mesi.

 

Le ultime decisioni dell'Europa sono «un'occasione storica» da non sprecare. Francia e Germania hanno accettato di mobilitare ciò che rifiutarono nel 2008 e nel 2011. Secondo i calcoli di Confindustria l'Italia avrà a disposizione misure pari a un quarto del suo Pil. Invoca l'uso delle risorse del Mes, sconsiglia - come invece propone il numero uno di Intesa Carlo Messina - l'indebitamento con emissioni nazionali, perché ricorrere a titoli esentasse aggraverebbe l'accumulazione di risparmi che vanno dirottati verso le imprese.

carlo messina carlo messina

 

Bonomi insiste nel dire che avrebbe voluto vedere il governo impegnato in un "cronoprogramma", «una seria valutazione ex ante delle priorità», non una lista generica di riforme, dal fisco agli ammortizzatori sociali. In attesa di maggior concretezza Bonomi indica tre obiettivi strategici che spera diventino anche quelli del governo. Il primo è la produttività, «di cui in Italia non parla più nessuno da venticinque anni».

 

Poca produttività significa imprese più piccole, meno patrimonializzate, minori investimenti. Occorre un governo capace di visione: politiche attive del lavoro che evitino l'abbraccio mortale del reddito di cittadinanza (qui il riferimento è alla gestione fallimentare di Mimmo Parisi), un piano digitale che ci schiodi dall'essere il quartultimo Paese europeo per l'economia digitale. Ma soprattutto: una spesa pubblica migliore e un piano per la riduzione del debito pubblico. Perché il paracadute della Banca centrale europea - oggi il principale acquirente del debito italiano - non resterà aperto all'infinito. E il giorno in cui si chiuderà rischiamo di precipitare nel vuoto.

 

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