Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”
La volatilità del voto di cui si è dato conto nell'analisi sui flussi elettorali pubblicata sabato su queste pagine rappresenta un elemento di complessità per i partiti che devono fare i conti con il cambiamento del proprio elettorato e la difficoltà ad individuare proposte da indirizzare ai segmenti sociali che lo compongono e a mettere a punto strategie comunicative efficaci.
Dunque, come sono composti gli elettorati delle singole forze politiche? E come votano i singoli segmenti sociali? Nel grafico sopra riportato si può osservare per ciascun partito la percentuale delle diverse componenti socio-demografiche che va confrontata con il peso di quella stessa componente sulla totalità degli elettori. Ad esempio, prendendo in esame i due principali partiti, emerge la seguente radiografia: il Pd ha un elettorato più maschile, di età più matura (60% ha più di 50 anni contro il 54,6% della totalità degli elettori), più istruito (61% è diplomato o laureato, 10 punti più della media), di condizione economica elevata o medio alta (42%, 15 punti più della media). Uno su tre (32%) è pensionato, il ceto impiegatizio e quello dirigente sono più presenti rispetto alla media degli elettori (33%, +10%) mentre operai e disoccupati sono sottorappresentati (16% contro 26,4%).
giorgia meloni enrico letta atreju
Anche tra gli elettori di Fratelli d'Italia è più presente la componente maschile (54%) rispetto a quella femminile, inoltre prevalgono le classi centrali di età, tra 35 e 64 anni (pesano per il 62%, contro il 51,3% della media italiana), mentre il livello di istruzione non si discosta molto dalla media nazionale (con una maggiore accentuazione dei diplomati 38% contro 34,4%), come pure le persone che hanno una condizione economica media (35% contro 30,1%) e gli appartenenti al ceto impiegatizio o hanno un lavoro autonomo (29% contro 23,4%); e i ceti non occupati pur essendo numerosi, sono molto meno presenti rispetto alla media (46% contro 54,3%).
L'analisi odierna presenta anche la graduatoria dei partiti per ciascun gruppo sociale, mettendo in evidenza elementi di profondo cambiamento rispetto al passato. Il tramonto delle ideologie ha da tempo indebolito o addirittura annullato le appartenenze. Un esempio su tutti: il partito più votato dai ceti dirigenti (imprenditori, quadri e liberi professionisti) è il Pd (24,2%) seguito da FdI (22,5%), Lega (11,5%) e Forza Italia (11,1%); mentre tra gli operai e i lavoratori esecutivi, un tempo rappresentati dalle forze della sinistra, il partito più votato è la Lega (23,1%), seguita da FdI (21,9%), M5S (14,6%) e solo al quarto posto il Pd (12,5%).
Tra i lavoratori autonomi si impone nettamente FdI con il 24,8% dei consensi (10 punti di vantaggio sul Pd), mentre tra impiegati e insegnanti tornano a prevalere i dem (25,4% a 20,8% di FdI). Le casalinghe, un tempo baluardo dell'elettorato berlusconiano, oggi prediligono il partito della Meloni (20,4%) che precede la Lega (17,8%), il Pd (16,5%) e Forza Italia (14,3%) oggi retrocessa al quarto posto. Tra i pensionati prevale nettamente il Pd con il 29,2%, seguito da FdI (19,4%) e dalla Lega (12,8%). E anche tra i più giovani (18-35 anni) i dem sono in testa con il 19%, ma le distanze tra i partiti sono più ridotte.
Altro elemento che sorprende non poco, se letto con le lenti del passato, riguarda la situazione economica: il Pd prevale con il 31,4% tra i benestanti e con il 25,9% tra le persone di condizione economica medio alta, mentre tra i meno abbienti FdI prevale con il 21,5%, seguito dalla Lega (19,7%), dal M5S (18,6%) e da FI e Pd appaiati al 10%.
Un cenno al voto cattolico, che si rivela non certo da oggi tutt' altro che omogeneo, a conferma di una frammentazione identitaria che riguarda anche i credenti: infatti, tra coloro che partecipano regolarmente alla messa domenicale il Pd, con 27,1%, precede in misura netta FdI (18,3%), Lega (15,3%) e FI (11,8%).
Viceversa, tra i fedeli meno assidui prevalgono gli elettori della Meloni sui dem mentre la Lega si colloca al terzo posto. Da ultimo un cenno agli astensionisti che hanno raggiunto livelli ragguardevoli (42,5%), rappresentando il «primo partito» del Paese: ebbene, gli elettori che evidenziano la propensione più elevata a disertare le urne sono coloro che hanno una condizione economica bassa (54,8%) o medio-bassa (50,6%), le casalinghe (54%), le persone di oltre 65 anni (53,2%), i residenti nel Mezzogiorno (51,1%) i disoccupati (49,3%), le persone meno istruite (47,3%).
Pur non essendo la sola ragione per disertare le urne, la situazione economica risulta il tratto prevalente degli astensionisti. È difficile non comprendere il senso di auto-esclusione e le ragioni dei ceti più fragili, soprattutto dopo aver sperimentato negli ultimi trent' anni ogni possibile maggioranza politica e formula di governo.