Mario Ajello per il Messaggero
Dove eravamo rimasti, prima dell' emergenza Coronavirus?
Stavamo all' invivibilità, dentro il governo rosso-giallo, tra Renzi e i 5 stelle, alle continue insistenze del leader di Italia Viva sul Pd ad uscire dalla subalternità al grillismo su molti temi, alle critiche dell' ex premier all' attuale premier, Giuseppe Conte, per tutte le cose che il suo governo avrebbe potuto fare e che non faceva a causa del politicismo, del durare comunque, del meglio tirare avanti che tirare le cuoia. Ora che il morso del virus si sta allentando, non si può tornare alle vecchie polemiche tra Renzi e il governo che proprio lui ha propiziato e fatto nascere, perché anche politicamente - come in molti altri ambiti - dopo la pandemia nulla potrà essere come prima. Ma il voto sul Mes all' Europarlamento, grillini che tornano all' opposizione votando contro insieme a Lega e Fratelli d' Italia, cambia le carte sul tavolo. E chi, più di tutti gli altri, si sente il vero cartaro? Renzi.
Il quale sarebbe pronto, come assicurano i suoi, a staccare la spina all' esecutivo ma non per un impeto di sfascismo. Semmai, per costruire un nuovo scenario. C' è chi dice che ne avrebbe parlato anche direttamente al telefono con Nicola Zingaretti, ognuno dal proprio isolamento anti contagio, e del resto i due avrebbe ricominciato a sentirsi con una certa regolarità, anche se in queste ore sulle questione delle nomine nelle aziende pubbliche l' ex Rottamatore tratta più che altro con il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando.
Il piano di Renzi, a cui ha pensato in questi mesi di clausura e che scatterà appena possibile ma non subitissimo visto che il dolore da morbo è ancora lacerante e la fuoriuscita dall' emergenza tutt' altro che decisa nei suoi passaggi, è sintetizzabile così. Si può fare una nuova maggioranza tra Pd, Italia Viva e Forza Italia, più chiunque voglia aggiungersi, senza i grillini - e presumibilmente senza Conte che pure sugli eurobond si sta battendo con energie - e le ultime vicende europee non sarebbero che la conferma, agli occhi del fiorentino, che il nuovo corso di Berlusconi europeista e anti-sovranista, lontano dalla Lega e più vicino al Pd come auspicato da tempo da Gianni Letta e non solo da lui, apre scenari imprevisti.
Renzi cercava un casus belli, per dimostrare l' impossibilità del quadro politico vigente, è la vicenda del voto all' Europarlamento gli si è presentata come un menù più che succulento. Dove c' è scritto che il richiamo della foresta dei grillini verso l' anti-europeismo è indigeribile in questa fase delicata.
RICHIAMO DELLA FORESTA
paolo bonaiuti gianni letta matteo renzi
Il berlusconismo che ha deciso di rompere con la sudditanza a Salvini, oltretutto contestato internamente anche da Giorgetti, in nome di una cultura liberale che è sempre appartenuta a Forza Italia, viene visto come una chance dal leader di Italia Viva. Secondo cui il discrimine non è più tra destra e sinistra ma tra sovranisti e anti-sovranisti, tra europeisti e anti-europeisti, e da questo punto di vista l' attuale maggioranza sarebbe una rappresentazione di incoerenza plateale e paralizzante per le sorti del Paese.
Gli stessi dem, come Renzi nota con soddisfazione ma senza esagerare perché non è questo il tempo per gioire di qualche cosa, stanno toccando con mano tutti i limiti della convivenza con una forza politica che risponde a una cultura lontana dai parametri che servono. Dunque Draghi o Colao per una nuova fase? Le grandi manovre di Renzi non si concentrano affatto sui nomi. E Matteo è il primo a sapere che non bisogna forzare i tempi ma il disegno, anzi la «necessità» a detta dei renzisti, di un cambiamento più o meno rapido negli assetti di governo il capo di Italia Viva in testa lo ha.
E servirebbe a lui per uscire dall' angolo, e dalla non brillantezza secondo i sondaggi del movimento politico che ha fondato. Quanto a Conte, avvertito delle intenzioni di Renzi, fa muro: «La maggioranza è unita anche in vista del negoziato europeo. E non vedo alcuna alternativa al nostro governo». Quanto a Colao, secondo il premier non ha aspirazioni politiche, e non neppure voglia di entrare nel nostro esecutivo, però ci dà una mano».
Resta il problema che anche il Pd non è tranquillissimo per come si stanno mettendo le cose e non è detto che la sirena renziana non possa tentarlo a smetterla di assecondare troppo i grillini.