L. Ci. per "il Messaggero"
Una riforma attesa in Italia ma anche in linea con le richieste europee: il disegno di legge delega approvato dal governo non è in senso stretto un provvedimento collegato al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ma di fatto fa parte della cornice politica del Recovery Plan.
Ecco quindi che anche la soluzione escogitata da Mario Draghi e Daniele Franco sul nodo delicatissimo del catasto è da una parte un compromesso politico, dall'altra la risposta alle pluriennali sollecitazioni della Commissione europea, che nelle sue raccomandazioni per il nostro Paese chiede da molti anni di «rivedere i valori catastali non aggiornati».
L'articolo inserito nella delega avvia questo lavoro che è oggettivamente complesso, anche se non parte da zero: lo fa puntando sul potenziamento delle informazioni oggi incluse nel catasto.
Alle attuali rendite fissate in larga parte alla fine degli anni Ottanta (anche se poi i Comuni hanno avuto più recentemente la possibilità di rivederle al rialzo in alcuni ambiti) si dovranno infatti aggiungere sia i valori patrimoniali sia altre rendite legate agli andamenti di mercato. Con la precisazione però che i nuovi indicatori non saranno usati in nessun modo a fini tributari.
MATTEO SALVINI DOPO L'INCONTRO CON MARIO DRAGHI
A cosa serve allora questa complessa operazione? Come dichiarato dagli stessi rappresentanti del governo, la nuova mappatura degli immobili sarà disponibile a partire dal 2026 e a quel punto il governo che ci sarà deciderà se e in che misura usare le informazioni per rivedere il prelievo fiscale sugli immobili.
DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI AL SENATO
Il timore dei proprietari rappresentati da Confedilizia, di cui si è fatta interprete anche la Lega, è che tutto ciò si trasformi in un incremento della tassazione patrimoniale. Altri esponenti della maggioranza parlano invece di un riequilibrio a parità di gettito complessivo, quindi con aggravi per alcuni contribuenti e riduzioni per altri.
LA PARTE DEL LEONE
Va ricordato che nel nostro Paese la tassazione patrimoniale complessiva - quella che in ambito Ocse è definita come tax on property - valeva nel 2019 circa il 2,4 per cento del Pil ovvero più di 40 miliardi, divisi in parte più o meno uguale tra le imposte sugli immobili e quelle sulla ricchezza finanziaria come azioni obbligazioni e titoli di Stato (di cui sono colpite essenzialmente le rendite).
All'interno del prelievo immobiliare la parte del leone la fa l'Imu, con un gettito di circa 20 miliardi che va in larga misura ai Comuni e per una quota minore allo Stato. L'imposta municipale (da cui a partire dal 2016 sono escluse le abitazioni principali) è strettamente legata alle rendite catastali perché la sua base imponibile è ottenuta da queste ultime con l'applicazione di un moltiplicatore pari a 160 per le abitazioni: proprio questo parametro ha determinato nel 2012 la fortissima crescita del prelievo che in precedenza, quando l'imposta si chiamava Ici, non superava i 10 miliardi.
Come accennato, se il catasto è attualmente basato sul concetto di rendita, l'amministrazione finanziaria dispone già di informazioni sui valori patrimoniali.
Esiste infatti presso l'Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) una banca dati che comprende le quotazioni immobiliari per zone omogenee; al fisco sono pure noti da anni i prezzi effettivi delle compravendite, dichiarati dagli stessi acquirenti in cambio della garanzia di pagare l'imposta di registro sui meno elevati dati catastali.
LA RIDUZIONE DEL CARICO
Anche la spinta alla riduzione del carico fiscale sul lavoro e in particolare sul cosiddetto cuneo (la differenza tra costo del lavoro per i datore e stipendio netto del dipendente) risponde ad una tradizionale sollecitazione di Bruxelles, oltre che di altri organismi internazionali come l'Ocse.
Data l'esigua dotazione iniziale della riforma, 2 miliardi per il 2022 a cui si potranno aggiungere i proventi della lotta all'evasione - per loro natura incerti - è verosimile che il calo dell'Irpef sia compensato da un qualche incremento delle imposte indirette ed in particolare dell'Iva sui consumi: per questa imposta è previsto un riordino delle aliquote applicate alle varie categorie di beni e servizi.