ALDO CAZZULLO per il Corriere della Sera
Perdere Parigi, per il fronte occidentale, sarebbe forse meno drammatico, ma certo politicamente più grave che perdere Mariupol. Eppure è quello che rischia di accadere, tra oggi e domenica 24 aprile.
Intendiamoci: Emmanuel Macron, al di là delle sue difficoltà e dei suoi errori, resta il favorito. Al ballottaggio potrebbe raccogliere più di quel 51% che gli attribuiscono i sondaggi. È stato un buon presidente, è ancorato al centro, raccoglie il voto dei socialisti riformisti (gli irriducibili sosterranno Jean-Luc Mélenchon, dato al 17%) e della destra moderata. Ma ha clamorosamente sottovalutato la campagna elettorale. E ha visto crescere Marine Le Pen, che nelle previsioni arriverà al primo turno quasi appaiata a lui, poco sotto il 25%; senza che si intraveda quella mobilitazione repubblicana che cinque anni fa portò agevolmente Macron all'Eliseo.
Di sicuro, stasera avremo l'estrema destra francese (Le Pen più Eric Zemmour) vicina a un terzo dei voti. Marine Le Pen pone questioni giuste, cui da la risposta sbagliata. L'impoverimento dei ceti medi, la perdita del potere d'acquisto, la precarizzazione del lavoro, il senso di abbandono dei piccoli, delle periferie, della provincia: sono tutte istanze reali.
Ma la ricetta che la figlia di Jean-Marie Le Pen propone non aiuterebbe chi sta male; lo farebbe stare ancora peggio. La distruzione dell'Unione europea, e della sua rete di protezione finanziaria, sarebbe la rovina dei piccoli risparmiatori. L'inflazione galopperebbe ancora di più, i prezzi del gas - contrattati non dall'Ue ma dai singoli Stati - aumenterebbero, il nostro continente conterebbe ancora meno sulla scena internazionale. E il vero vincitore sarebbe Vladimir Putin.
Marine Le Pen non ha mai nascosto di ammirare il satrapo di Mosca. La sua campagna elettorale del 2017 è stata finanziata da una società russa, questa campagna è pagata da una banca ungherese. Qualche giorno fa lei stessa ha detto che Putin può tornare a essere un alleato.
Marine Le Pen non è fascista. Le categorie del passato non aiutano a capire quel che sta accadendo in Francia. Marine Le Pen è una scaltra e avveduta interprete del disagio dei vinti della globalizzazione, delle classi popolari che pagano il prezzo dell'immigrazione senza controllo, dei lavoratori che faticano più di prima e guadagnano meno.
Le elezioni di oggi saranno segnate da una forte astensione. Le Pen potrebbe risentirne, perché operai e studenti votano meno dei funzionari e dei pensionati, più vicini ai partiti tradizionali e comunque meno ostili a Macron. Ma ci sono milioni di elettori arrabbiati, e quindi motivati, che potrebbero mobilitarsi al fianco di Marine.
Al secondo turno il 9% che raccoglierà Zemmour, l'altro candidato di estrema destra, la appoggerà; e una parte degli elettori di Mélenchon potrebbe farlo, in nome della rivolta contro il sistema. Macron rischia di ritrovarsi con riserve di voti inferiori, al di fuori di quella rappresentata dal buon senso e dal patriottismo europeo. La rielezione del presidente è spesso un problema: Valéry Giscard d'Estaing fu battuto nel 1981, Nicolas Sarkozy nel 2012; François Hollande nel 2017 non si è neppure ripresentato. Se con Macron venisse meno un tassello fondamentale dell'alleanza filoucraina che parte da Varsavia e attraverso Berlino, Roma, Parigi, Madrid arriva sino a Washington, per Putin sarebbe una straordinaria notizia. Una buona ragione per sperare che Parigi non sia espugnata.
il discorso di macron alla defense arena 5