I FURBETTI DELLE PENSIONI - VIDEO-INCHIESTA DI MILENA GABANELLI - DATAROOM
Estratto dell’articolo di Milena Gabanelli e Simona Ravizza per il “Corriere della Sera - Dataroom"
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Il principio è noto e antico: con i contributi del mio lavoro oggi pago chi sta prendendo la pensione, e domani ci dovrà essere qualcuno che lo farà per me. Se questo equilibrio si spezza, le casse dell’Inps e degli altri enti previdenziali saltano.
L’attenzione dei governi è concentrata su come far reggere sul lungo periodo il sistema previdenziale […. E a livello Paese chi è in difficoltà deve essere aiutato da chi sta meglio.
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Ma dove si collocano i margini di questo equilibrio? […] l’ultima analisi del Centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali di Alberto Brambilla (sul 2021) dal titolo «La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano», e che Dataroom ha potuto leggere in anteprima, sposta lo sguardo andando a vedere come stanno le cose dentro le singole Regioni. I risultati mostrano una radiografia impietosa. […]
[…] Delle scorse settimane il dibattito su «Quota 104» (63 anni e 41 di contributi), poi saltata su pressing della Lega. Ora l’ipotesi è di nuovo «Quota 103», ma con l’introduzione di un tetto all’assegno. Ancora una volta […] si affronta il problema pensioni come se fossimo un Paese omogeneo dove a Milano e a Napoli ci sono le stesse opportunità, dove le problematiche della Calabria sono assimilabili a quelle delle Marche.
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In pratica ogni volta che si riforma il sistema per garantirne la sostenibilità di medio-lungo termine, si tira dritto senza mai andare a vedere cosa succede Regione per Regione.
[…] Immaginiamoci […] una bilancia: su un piatto ci sono i contributi versati da lavoratori e datori di lavoro, dall’altro la spesa per le pensioni. La bilancia sta in equilibrio, secondo dati ormai consolidati, se il tasso di copertura è almeno del 75%: spendo 100, incasso 75, e al momento sui numeri generali lo è. Oggi il totale dei contributi versati all’Inps e alle altre casse previdenziali ammonta a 200,3 miliardi, le uscite per pagare le pensioni a 248,99 miliardi. C’è un buco da 48,68 miliardi. Vuol dire che il tasso di copertura nazionale è pari all’80,45%.
Ma se guardiamo dentro le singole Regioni tutto cambia. Ecco come. […] Il tasso di copertura è del 75% solo in 9 Regioni che sono: Trentino-Alto Adige (unica regione pienamente autosufficiente, 103%); Lombardia (99%), Veneto (93%), Lazio (90%), Emilia-Romagna (87%), Friuli-Venezia Giulia (78%), Valle d’Aosta e Toscana (76%) e Marche (75%). In Calabria è del 50%; in Molise del 57%; in Puglia del 60%; in Sicilia del 61%. E la lista continua: Basilicata 62%; Sardegna 63%; Liguria 65%; Umbria 66%; Campania e Abruzzo 68%; Piemonte 73%.
[…] Andiamo a scoprire adesso cosa c’è dietro i buchi. E ci concentriamo su tre voci su tutte. La prima: le pensioni integrate al minimo che sono 2,5 milioni con una spesa di 6,4 miliardi. Sono quelle che scattano quando abbiamo versato contributi sufficienti, ossia versati per almeno 15-20 anni (come prevede la legge per prendere la pensione), ma che non raggiungono il minimo per avere una pensione da 563,74 euro al mese (nel 2021, anno di riferimento dei dati, il valore è di 515,58 euro). La differenza ci viene integrata.
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Al Nord, dove vivono quasi 27,5 milioni di persone, ce ne sono poco più di un milione: vuol dire una ogni 26 abitanti, con 2,9 miliardi di spesa. Al Centro, dove abitano in quasi 11,8 milioni, ce ne sono 484.438: l’incidenza è di 1 una ogni 24 abitanti per un totale di 1,2 miliardi di spesa. Nelle Marche una ogni 18 abitanti e in Umbria una ogni 19.
Al Sud le pensioni integrate al minimo sono 966.116 con oltre 19,9 milioni di abitanti: una ogni 21 abitanti con una spesa totale di 2,3 miliardi. In Molise una ogni 13 abitanti, in Basilicata una ogni 15, in Calabria una ogni 17 e in Sardegna una ogni 19.
[…] La seconda: gli assegni sociali che sono 816.701 per quasi 5 miliardi di spesa. Ci vengono versati quando non abbiamo pagato i contributi neanche per 15-20 anni. I requisiti: 67 anni d’età, residenza in Italia, e limite di reddito annuo che per il 2023 è fissato a 6.542,51 euro. L’assegno sociale è di 503,27 euro al mese per 13 mensilità. Al Nord la spesa è di 1,2 miliardi con un assegno ogni 143 abitanti; al Centro di 995,5 milioni con un assegno ogni 73 abitanti; e al Sud di 2,7 miliardi con un assegno ogni 43 abitanti. In Sicilia ce n’è uno ogni 37 abitanti; in Campania uno ogni 40.
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[…] La terza: l’invalidità previdenziale che scatta quando c’è una riduzione di 2/3 della capacità lavorativa e almeno 5 anni di versamento dei contributi (3 nel quinquennio precedente alla domanda). Le pensioni di invalidità sono 974.813 e valgono per 12, 5 miliardi. A livello nazionale ce n’è una ogni 61 abitanti. Al Nord una ogni 88, al Centro una ogni 57, nel Mezzogiorno una ogni 44 (la frequenza, dunque, è doppia rispetto al Nord).
Dettaglio regionale: in Campania una ogni 51 abitanti, in Puglia una ogni 39, in Sicilia una ogni 55. Impietoso il confronto con Lombardia e Veneto, dove ce n’è una rispettivamente ogni 110 e 102 abitanti.
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[…] Evidentemente non possono essere fatte generalizzazioni, né messi all’indice i singoli individui. Ma dai numeri emerge in modo inconfutabile che qualcosa non va: le marcate differenze a livello regionale tra la diffusione di pensioni integrate al minimo, assegni sociali e pensioni di invalidità previdenziale sono indicatori di un sistema dove, in mezzo a chi davvero ne ha bisogno per sopravvivere, c’è chi paga e chi se ne approfitta.
Per portare il sistema pensionistico in equilibrio è dunque necessario correggere anche le storture a livello regionale. Vuol dire intervenire sulle politiche regionali del lavoro: il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni al Nord è del 75%, contro il 52% del Mezzogiorno. Vuol dire fare investimenti sulle infrastrutture strategiche (trasporti, energia e insediamenti produttivi) che stanno oggi penalizzando anche Piemonte e Liguria. Vuol dire attivare un controllo sistematico sull’evasione contributiva: può essere che così tante persone in 40 anni di lavoro non siano riuscite a versare per incassare il minimo? E infine vuol dire correggere la piaga delle invalidità: nulla spiega la ragione per cui in Campania, Puglia o Sicilia ci siano più invalidi che nelle altre regioni.
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