Lettera del sindaco di Milano, Beppe Sala, pubblicata dal “Corriere della Sera”
giorgia meloni e beppe sala alla cerimonia di commemorazione per sergio ramelli 2
Caro direttore, abbiamo assistito a un discorso significativo di Giorgia Meloni, che ha chiesto e ottenuto la fiducia. Poi vedremo cosa saprà e potrà fare. Le reazioni al discorso della presidente del Consiglio sono perlopiù state in una modalità che non funziona mai troppo e cioè «eh ma non ha parlato di questo e di quello». Vorrei quindi riflettere su quello che abbiamo ascoltato in quel discorso.
Da osservatore tutt' altro che disinteressato, sia in quanto sindaco di Milano sia in quanto partecipante alla vita politica del Paese, ho avuto modo di rilevare alcuni aspetti, che giudico positivi, e altri, che ritengo estremamente negativi, nelle enunciazioni di Meloni.
I fatti ci diranno se il suo discorso è un tentativo effettivo di fare terminare la cosiddetta «eccezione italiana», portando in un campo condiviso tutte le forze politiche, anche le più avverse. A questo Paese storicamente è mancata la concordia sul minimo comune denominatore repubblicano.
I governi «di responsabilità» o di «emergenza nazionale» sono risultati una soluzione transitoria, eppure stabile. Una destra repubblicana è auspicabile e partendo da ciò possiamo provare a vedere del positivo in quello che ha dichiarato Meloni.
giorgia meloni ride alle battute di renzi in senato 3
Anzitutto l'idea dell'Unione Europea come «casa comune» di chi la compone, che definisce un destino maturo e inevitabile. La fede europea è una realtà. Lo è a maggior ragione in un tempo che, con la pandemia e i conseguenti rivolgimenti geopolitici, ci ha esposto a rischi impensabili.
Questa idea del destino comune non ha nulla di religioso o sacrale, è nelle cose, è nei fatti. Si può essere conservatori, ma anzitutto bisogna essere realisti: da soli non si va da nessuna parte, non certo in un mondo tanto interconnesso, come ha sottolineato il presidente Mattarella.
Il secondo elemento positivo deriva direttamente dalla premessa europeista ed è l'orientamento sulla guerra.C'è forse qui un'ironia della storia, per cui, alla premier si può contestare di archiviare più o meno velatamente la Resistenza, mentre l'Europa è impegnata in un'azione di resistenza contro l'aggressione russa.
giorgia meloni e beppe sala alla cerimonia di commemorazione per sergio ramelli 1
La continuità con l'indirizzo del governo precedente è comunque confermata e passa proprio dalla consapevolezza che, in gioco, non c'è affatto l'idea dell'Italia colonizzata dalla Nato, bensì la difesa dell'idea democratica europea, nel corpo flagellato di una nazione aggredita.
C'è poi un passaggio ulteriore, con cui la presidente del Consiglio disegna un orizzonte che definirei decisivo. Meloni ha sottolineato l'importanza della «dottrina Mattei» e di un piano di cooperazione piena tra Europa e Africa in materia di produzione e condivisione di risorse energetiche. È, di fatto, l'intuizione geniale e cooperativista di Enrico Mattei.
I cartelli mondiali dell'energia non ne permisero la realizzazione, ma ai tempi non c'era un'Europa politica come quella di oggi. Sia però chiaro che questa posizione definisce anche un ruolo di leadership dell'Italia nel continente: bisogna vedere se la si saprà esercitare.
Giudico gravi alcuni elementi. Uno su tutti: l'idea di pensare immediatamente a modifiche della Costituzione e, quindi, a una strutturazione radicalmente diversa delle istituzioni italiane. L'ipotesi di una carta fondamentale ormai invecchiata è costante nelle forze che volentieri si allontanano dall'idea di minimo comun denominatore. Come se, cambiando un sistema istituzionale, si garantisse maggiore governabilità ed efficienza al Paese. Questo non è assolutamente vero.
emmanuel macron giorgia meloni by edoardo baraldi
Se si richiama il semipresidenzialismo francese, il mio invito è a guardare come è costretto a governare l'Assemblea il presidente Macron. Che il primo passo istituzionale di Meloni sia una proposta di cambiare la Costituzione non mette sul tavolo un'unità repubblicana consolidata: la fa piuttosto tremare. Tra le proposte avanzate, è secondo me devastante quella inerente alla flat tax, come disegnata dalla Lega di Matteo Salvini.
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La tassa piatta, ai livelli di cui si parla (15%), è oggettivamente insostenibile per un Paese indebitato come il nostro. Inoltre considero la progressività fiscale una conquista sociale. A mio parere indietro non si deve tornare. C'è poi il sospetto dell'uso di commissioni parlamentari di inchiesta come clava politica, e il sospetto si acuisce dopo quello che è stato detto in Senato.
ignazio la russa giorgia meloni beppe sala
Giudicare il passato con gli strumenti dell'inchiesta politica suona sempre più come vendetta postuma che come giustizia ed efficienza. Tanto più a proposito di una situazione drammatica senza precedenti nella storia contemporanea. Cosa seguirà a queste enunciazioni, ce lo diranno la cronaca e la storia dei prossimi mesi. I fatti dimostreranno le intenzioni. Li misureranno le italiane e gli italiani, che in questo momento più che mai di fatti hanno bisogno.
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