DAGOREPORT
Il caos in Afghanistan sta minando l’immagine di Joe Biden, il cui consenso per la prima volta è sceso sotto il 50%. E non è un caso che i due giornali liberal più vicini ai democratici, il Washington Post e il New York Times, sono apertamente critici sulla gestione Biden del dossier Afghanistan e sulle conseguenze del ritiro da Kabul.
Sull’altra sponda dell’Atlantico, l’ascesa dei talebani sta creando seri problemi a Mario Draghi. L’Italia, che ha la presidenza di turno del G20, vorrebbe una riunione straordinaria del gruppo a settembre, anticipando quella conclusiva dell'anno di guida italiana, prevista a fine ottobre.
SuperMario ha incassato l’assenso di tutti, Putin in testa. Macron e Merkel sono ovviamente d’accordo, e anche Xi Jinping si sta convincendo. L’unico che ancora non si è espresso per un G20 straordinario è Joe Biden.
Il presidente americano è titubante (eufemismo), non vuole finire sul banco degli accusati né vuole prestare il fianco alle critiche di Russia, Cina, Turchia e Arabia Saudita. Perché essere preso a sganassoni dai paesi "nemici" mentre è sbertucciato dall'opinione pubblica americana, è troppo.
Considera più opportuno e "gestibile" un incontro del G7, in cui nessun alleato potrebbe metterlo in imbarazzo. Ma Draghi sda benissimo che il G7 non servirebbe a niente per il caos dell’Afghanistan; deve assolutamente coinvolgere i paesi che hanno a che fare con Kabul, a partire da Cina, Mosca a e Riad. Un G7 "di circostanza" finirebbe per alimentare altre polemiche contro gli Stati Uniti e l’Occidente tutto.
Biden cammina sui carboni ardenti perché non deve affrontare solo il malcontento dell’opinione pubblica sull’Afghanistan. A Washington c’è uno scontro di potere in corso tra Casa bianca e Dipartimento di Stato. E di questi due contro la Cia. E di questi tre contro il Pentagono.
Tutti contro tutti, in un gioco allo scaricabarile, in cui nessuno vuole perdere la faccia e tutti cercano un caprone espiatorio. E nel tritacarne generale sono finiti il Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, e Avril Haines, direttrice della United States Intelligence Community, che coordina le 17 agenzie dell'intelligence statunitense, tra le quali la Cia è predominante per potere e finanziamenti.
La soluzione-ponte per Afghanistan, già anticipata dalla Nato che ha sospeso ogni sostegno alle autorità afghane, prevede una linea dura con i talebani: nessun riconoscimento al loro governo. Sì a una trattativa su più tavoli per l’evacuazione di chi vuole lasciare il paese, condizione delle donne, tutela delle minoranze e rispetto dei diritti umani.
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