Federico Capurso per “la Stampa”
MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI
Sarà un mese di passione per il governo di Mario Draghi, tra la fiducia al decreto Aiuti in Senato (attesa per giovedì) e i provvedimenti su cannabis e Ius scholae, intorno ai quali i partiti della maggioranza si stanno puntando le armi addosso.
Eppure, quell'atmosfera da fine del mondo che si respira nel centrosinistra, in casa Lega proprio non c'è. Alla voglia di crisi dei vecchi compagni grillini e alle ansie del Pd, Matteo Salvini oppone una calma che non si respirava da tempo in via Bellerio. Non può far altro, d'altronde.
Le pulsioni per uscire dal governo e tornare all'opposizione erano già state ammorbidite dall'anima governista del partito di Giancarlo Giorgetti e dei governatori del Nord, riuscita nell'obiettivo di prendere tempo e posticipare un'eventuale resa dei conti al 18 settembre, a Pontida.
Ma ora, con i 5 Stelle che hanno giocato d'anticipo, l'unica strada percorribile per il leader del Carroccio è quella della responsabilità. Non è un caso che Salvini scacci ora l'idea di un ritorno al voto se il M5S uscisse dalla maggioranza. Fa di più: puntella palazzo Chigi.
«Il governo Draghi rischia se non fa le cose - dice in un'intervista a Quotidiano nazionale -.
Non mi interessano le dinamiche interne agli altri partiti».
Ma quali cose? Lo precisa in serata, dalla festa di partito di Andro, nel Bresciano: «Da domani in avanti voteremo solo e soltanto quello che serve all'Italia e agli italiani». Fino a quando? «Si vota fra 240 giorni, non cambia la legge elettorale e vince il centrodestra a guida Lega».
francesca verdini matteo salvini 1
Insomma, si continua. Ed è una posizione di attesa da cui si può preparare il terreno per le prossime settimane. Se i Cinque stelle non usciranno perché Draghi avrà accolto le loro richieste - ragiona un big leghista - si riaprirà lo spiraglio per tornare all'opposizione a settembre, qualora il premier non facesse le stesse concessioni anche al centrodestra.
Se invece lasciassero la maggioranza, allora il governo diventerebbe a trazione leghista. Salvini inizia già a chiarire la direzione di marcia: «L'esecutivo va avanti se riesce a soddisfare le aspettative per cui è nato. E certamente non è nato per la droga libera o per dare la cittadinanza facile agli immigrati».
Anche il vicesegretario Andrea Crippa, parlando con La Stampa, certifica che «senza i Cinque stelle, Draghi avrebbe comunque i numeri in Parlamento per andare avanti». Ma soprattutto, quei numeri dicono che «la compagine Lega-Forza Italia sarebbe più determinante del Pd».
Un'occasione «per far pendere l'inerzia del governo verso i temi che abbiamo messo sul tavolo da tempo e che ancora non hanno ricevuto risposte».
Quali temi? Quelli economici, innanzitutto. Non i più facili da far digerire a Draghi. «Il primo tema è la pace fiscale e il secondo è il taglio del cuneo - spiega Crippa -. Perché per abbattere il cuneo serviranno risorse e potremmo ottenerle proprio dalla rottamazione delle cartelle». Poi, una volta usciti i 5 Stelle, «si potrebbe rivedere il reddito di cittadinanza, garantendo un sussidio a chi non può lavorare, ma togliendolo a chi un lavoro non lo vuole». Insomma, prendere in mano le redini dell'esecutivo o gettare le basi, se inascoltati, per dire addio al governo da Pontida.
MATTEO SALVINI CON LA FIGLIA MATTEO SALVINI E IL PARMIGIANO MATTEO SALVINI DOPO L'INCONTRO CON MARIO DRAGHI francesca verdini matteo salvini francesca verdini matteo salvini 3