Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Lotta contro l’obbligo di democrazia interna nella vita dei partiti, il Movimento 5 Stelle, nei giorni in cui si consuma la cacciata del sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Lotta e perde, in commissione Affari Costituzionali alla Camera, dove non passa l’emendamento alla legge sui partiti di Danilo Toninelli secondo cui a essere «improntata al metodo democratico» doveva essere l’intera politica italiana e non - come recita il testo - «la vita dei partiti».
Il timore dei 5 stelle - rientrato - era che in assenza di norme a tutela delle minoranze si potesse evitare a un movimento come quello di Beppe Grillo di partecipare alle elezioni. Ma il testo che sta venendo fuori alla Camera, messo insieme sulla base di una decina di disegni di legge da Matteo Richetti, Pd, ha evitato quella strada.
Ci saranno delle sanzioni e una normativa più stringente cui i giudici potranno attingere in caso di ricorsi. Ci saranno obblighi di trasparenza, anche per i finanziamenti sopra i 15mila euro. Non ci sarà, però, il divieto di candidatura per le forze politiche che non ottempereranno alle nuove regole.
monica maggioni e pino pisicchio
«Fortunatamente si sono accorti che sarebbe stato incostituzionale - dice l’M5S Toninelli - l’articolo 49 è autoapplicativo, i cittadini sono liberi di associarsi in partiti, gli unici divieti riguardano le associazioni segrete e quelle nate in violazione della legge penale. Quel che vogliamo evitare è che qualcuno imponga la propria visione di democrazia». Secondo il deputato M5S il ddl è «acqua fresca».
Secondo Pino Pisicchio, del Gruppo Misto, è invece tanto più necessario perché se «una forza così importante non è in grado di offrire alcuna tutela alle sue minoranze si stabilisce un vulnus per la democrazia, non solo per gli amici di Grillo».
Ieri sono così passate altre norme che contraddicono la visione dei 5 stelle: una, presentata da Sinistra Italiana, prevede «il diritto di tutti gli iscritti a partecipare, senza discriminazioni, alla determinazione delle scelte politiche che impegnano il partito».
Un’altra - voluta dal presidente della Commissione Andrea Mazziotti (Scelta Civica) è stata invece definita «salva-Pizzarotti» perché prevede che per sanzioni, sospensioni o espulsioni ci sia una regolamentazione precisa. Altrimenti si applica il codice civile: la sanzione deve essere cioè decisa a maggioranza dall’assemblea degli iscritti. Il secondo emendamento Mazziotti prevede che, in assenza di regolamentazione diversa, il simbolo del partito sia di proprietà degli iscritti o associati.
Questo però non si applica ai 5 stelle, il cui simbolo è sempre stato di proprietà di Beppe Grillo ed è passato ora all’associazione da lui presieduta. «Avevo proposto che il simbolo appartenesse a tutti - protesta la fuoriuscita Mara Mucci - quello che è passato invece è che nello statuto puoi scrivere “appartiene a tizio”».
I 5 stelle poi accusano il Pd: «Hanno bocciato le nostre proposte: il divieto di ricevere soldi da chi vuole rimanere anonimo e da chi dona dall’estero e l’obbligo per chi si candida di pubblicare curriculum e certificato penale».
Da Corfù (rientrerà domani) Pizzarotti attacca: «Sarebbe stato bello controbattere in diretta a Roberto Fico a Piazzapulita per rispondere alle balle che ha raccontato, ma mi negano addirittura un incontro con i parlamentari, in streaming, come piaceva a noi. Alle regole ad personam mi limiterò quindi a rispondera con le controdeduzioni. Probabilmente non servirà, avranno già deciso con un processo sommario».
FEDERICO PIZZAROTTI VS STAFF DI BEPPE GRILLO