Italo Carmignani per “Il Messaggero”
IL GIALLO Il dubbio fa ancora male: quanto i media, gli errori e l' ossessione popolare per il noir hanno influenzato giudici e investigatori nel caso di Amanda Knox? Impossibile da dimenticare, protagonista involontaria della più grande brutta figura delle giustizia italiana, sempre in bilico tra essere considerata la più furba tra le imputate di omicidio e la perfetta vittima di un esemplare errore giudiziario, Amanda torna nell' ambiente in cui si esprime nel modo più naturale, lo schermo.
A portare sul monitor di casa la ragazza di Seattle, due volte condannata e due volte assolta per l' omicidio della sua coinquilina Meredith Kercher con cui divideva un appartamento a ridosso del centro storico di Perugia, è Netflix con il documentario originale diretto da Rod Blackhurst e Brian McGinn, presentato in questi giorni al Festival del cinema di Toronto, staffetta di quello veneziano, ma dedicato soprattutto a film tratti da storie vere.
In questo caso, però, il materiale del docufilm non serve a stabilire se Amanda sia o meno colpevole del brutale assassinio, consumato per l' accusa con la complicità del suo ex Raffaele Sollecito, anche lui assolto definitivamente, ma misura quanto i media, la stampa scandalistica e il clamore della spaccatura popolare tra forcaioli e innocentisti possano avere avuto un peso nello svolgimento dei quattro processi a suo carico.
IL PROCESSO A RUDY GUEDE In attesa di sapere se la Corte d' Appello di Firenze riaprirà il processo per Rudy Guede, il ragazzo di colore unico condannato per l' omicidio di Meredith consumato nella notte di Halloween nel 2007, il documentario debutterà il 30 settembre in tutti i paesi dove è in atto il servizio Netflix. E' la terza trasposizione al cinema o in tv della storia dell' omicidio di Perugia. Nel primo, il più innocentista perché uscito a processo aperto, Amanda era interpretata da Hayden Panettiere. Il secondo invece, parte dal punto di vista della famiglia Kercher e della sua disperazione di non vedere nella giustizia un' alleata. In questo caso a vestire i panni della studentessa americana, era Cara Delevingne.
Il racconto di Amanda per Netflix ha un incipit d' effetto pronunciato proprio dalla faccia d' angelo americana che solo con il suo primo libro pubblicato negli Usa avrebbe incassato 4 milioni di dollari: «O sono una psicopatica travestita da pecora, o sono voi». Da quel primo novembre 2007 quando il corpo senza vita di una giovane studentessa inglese, Meredith Kercher, venne rinvenuto sgozzato nell' appartamento perugino, sono passati quasi nove anni e oltre cinquecento udienze, Amanda e Raffaele sono stati in carcere e l' immaginario popolare ha mostrato il peggio nell' inutile caccia alle streghe.
PARLANO I PROTAGONISTI Nel docufilm parlano i protagonisti. Amanda Knox racconta mentre è intenta a preparare polpette nel suo appartamento di Seattle. Mentre Sollecito, ancora incapace di esprimersi in un inglese alla portata di tutti, annuisce spesso.
Sullo schermo compare anche Giuliano Mignini, il pm che pur avendo guidato le indagini massacrate dai giudici della Cassazione, cita a suo vantaggio un intuito alla Sherlock Holmes. Nulla viene tralasciato nel suo effetto manipolatorio, poi rivelatosi a vantaggio della ragazza, ora libera e ricca, ma un tempo assassina spietata con discutibili abitudini sessuali, look fatale e pronta per ogni fantasia.
D' altra parte, come ricorda Vanity Fair nella sua recensione al docufilm, l' essenza del rapporto tra media e omicidio, la spiega il giornalista britannico del Daily Mail, Nick Pisa: «Rudy Guede? La sua storia non interessava a nessuno. L' attrazione del processo era Amanda». Già.