Andrea Rossi per La Stampa
Se il governo ha deciso di far lievitare a 200 euro la sanzione base per chi viene pescato a bordo di un mezzo pubblico senza biglietto c’è una ragione molto pratica anche se un po’ velleitaria: le città italiane sono solcate da una flotta di 50 mila tra bus, tram e metropolitane (poche, pochissime) che trasportano poco più di 5 miliardi di persone l’anno; di queste, almeno un miliardo viaggiano a scrocco. Niente biglietto né abbonamento.
Nel sistema di trasporto pubblico locale c’è una voragine che nessuno finora è riuscito a colmare: un passeggero su cinque sale sui mezzi senza pagare. Quasi sempre scende senza che nessuno gliene chieda conto. E se anche incontra un controllore ha buone possibilità di salvarsi comunque.
La stretta prova a rispondere almeno a una parte del problema. Poco più di un anno fa Asstra, l’associazione che riunisce il migliaio di aziende del trasporto pubblico e privato (di cui 159 partecipate direttamente o indirettamente dagli enti locali) ha realizzato un’indagine sulle principali città, scoprendo che la situazione - con qualche esile eccezione - è preoccupante.
A Roma un passeggero su tre viaggia senza biglietto, e così a Bari. A Reggio Calabria l’evasione è al 25%, Napoli al 17, Firenze al 14. Si salvano Torino, Milano e Genova, che dichiarano una evasione poco sopra il 5% ma la stimano circa al doppio. Secondo Asstra il tutto si traduce in mancati incassi per mezzo miliardo all’anno, motivo per cui l’associazione da tempo chiedeva contromisure radicali. «Abbiamo sollecitato a lungo il provvedimento del governo», spiega il presidente Massimo Roncucci. «Aumentare le sanzioni può fare da deterrente in un sistema in cui le contravvenzioni sono ancora poche e, pertanto, i passeggeri sono propensi a rischiare».
IN MUTANDE NELLA METROPOLITANA DI MILANO
Il problema che la manovra del governo non può risolvere è esattamente questo: sui mezzi pubblici in troppi viaggiano a scrocco, ma i controlli sono rari e le multe ancora di più. Nel 2016 gli addetti dell’Atac a Roma, pur intensificando le verifiche rispetto al passato, hanno controllato 2 milioni di passeggeri, appena 5 mila al giorno. Nella più piccola (e molto meno affollata) Torino i controlli sono stati 3 milioni. I verbali, poi, sono una miseria: 126 mila a Roma, 108 mila a Torino, 80 mila a Firenze, nemmeno 40 mila a Napoli, solo 5 mila a Palermo.
Se almeno si riuscisse a incassare le sanzioni una piccola parte della voragine da mezzo miliardo causata da chi viaggia a scrocco potrebbe essere arginata. Invece Asstra calcola che le aziende di trasporto pubblico riescono a incassare solo il 30% delle multe che infliggono.
Anche in questo caso la situazione cambia da città a città, così come l’importo delle sanzioni, che dipende da una norma nazionale su cui però le Regioni possono intervenire: Venezia riesce a riscuotere il 55% del dovuto, Genova è desolatamente ferma al 9, Palermo all’8.
Il problema è strutturale, ed elevare a 200 euro il conto per i viaggiatori a scrocco paradossalmente rischia di peggiorarlo. «Abbiamo serie difficoltà nell’accertare l’identità dei passeggeri», dice Roncucci. «Stesso discorso per la riscossione. Significare che le norme sono inadeguate». Ad esempio, un passeggero può tranquillamente rifiutarsi di mostrare un documento di identità al controllore. I multati, di fatto, sono soltanto quelli che ammettono l’errore e si autodenunciano.
Per ora manca - eccetto qualche esperimento avviato di recente - un sistema per tracciare gli spostamenti (e indirettamente verificare i pagamenti) su bus e tram, cosa che servirebbe per rendere realizzabile l’ultimo punto del pacchetto varato dal governo: i rimborsi quando il mezzo tarda troppo (un’ora nelle tratte extraurbane, mezz’ora in quelle urbane). Con i treni funziona, con bus e tram è molto più complicato: chi stabilisce quali passeggeri erano a bordo del mezzo che ha fatto ritardo?