Alberto Gentili per “il Messaggero”
ANGELA MERKEL E GIUSEPPE CONTE
Giuseppe Conte non ha preso bene la frenata, solo in parte corretta, della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sul varo dei Covid-bond. «Il presidente è molto determinato e non ha alcuna intenzione di arretrare», dicono a Palazzo Chigi, «se l'Unione non metterà sul tavolo un intervento serio per fronteggiare l'epidemia e assicurare la rinascita dell'Europa, faremo da soli e faremo più debito. Tanto più che dalla nostra parte abbiamo i popoli europei che sono stufi delle fiscalità contabili del Paesi del Nord. Ma questo sancirebbe il fallimento dell'Unione».
Eppure, al di là degli scatti emotivi innescati anche dal fallimento venerdì del Consiglio europeo e non condivisi dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che teme la punizione dei mercati finanziari per un Paese ad alto debito come il nostro, la diplomazia sotterranea marcia. Eccome.
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
Forte dell'asse con il presidente francese Emmanuel Macron e del premier spagnolo Sanchez Pedro Sanchez che insieme a Conte guidano un drappello di 14 Paesi (prima erano nove) schierati a favore dei bond comunitari per fronteggiare un'emergenza che si stima provocherà un caro del Pil dell'Eurozona tra il 3 e il 10%, Conte spera di riuscire a spingere Angela Merkel su una posizione più europeista e dunque solidaristica.
LA TRIANGOLAZIONE
Il pressing sulla cancelliera è massimo. Ci lavora il presidente dell'Europarlamento, Davide Sassoli. E, forte del sostegno del presidente Sergio Mattarella che ha bacchettato duramente le cancellerie europee, vi è impegnato Conte. Perché, come ha spiegato proprio Sassoli, è indispensabile che «Berlino parli chiaro».
«Tutto si muoverà appena la Germania dirà chiaramente cosa vuole fare», spiega una fonte di alto rango che segue il delicato dossier, «i Paesi nordici non possono stare senza i tedeschi, ma i tedeschi non possono isolarsi dagli altri Stati fondatori come Francia e Italia. In più a giugno comincia il semestre tedesco di presidenza dell'Unione e la Merkel si troverà a gestire la fase più drammatica della crisi innescata dalla pandemia, una responsabilità enorme: la Cancelliera dovrà decidere se essere strumento del rilancio dell'Europa o l'artefice della sua fine.
Insomma, dovrà manifestare una capacità di leadership che in questa fase, sotto la pressione della Bundesbank, è troppo timida. Tant'è che nell'ultimo Consiglio europeo la Merkel è andata a rimorchio di olandesi e danesi».
E qui è il turno di Paolo Gentiloni. Il commissario agli Affari europei incalza la Cancelliera e l'intera Unione sollecitando il varo di un Piano di rinascita continentale utilizzando i 1.800 miliardi (pari al 14% del Pil dell'Eurozona) stanziati dagli Stati per garantire liquidità alle imprese e il rinvio delle tasse.
«Questi soldi», dice un ministro, «vanno incanalati in uno strumento nuovo che può essere gestito dalla Banca europea per gli investimenti adeguatamente finanziata». Conte, Gualtieri e il responsabile delle politiche europee Enzo Amendola lavorano proprio su questa traccia. La Bei, potenziata da un fondo di garanzia creato dagli Stati membri, potrebbe infatti emettere obbligazioni di taglia consistente per sostenere la fase più acuta dell'emergenza e poi, appunto, la rinascita dell'Unione.
Ciò non vuol dire che Conte, Macron, Sanchez e gli altri Paesi favorevoli ai Covid-bond abbiamo alzato bandiera bianca su questo fronte: «Vedremo come cambieranno gli atteggiamenti quando l'epidemia salirà a Nord...». Ma visto lo stop di tedeschi e Paesi nordici e considerata l'urgenza di dare una risposta concreta alla crisi, si cominciano a studiare le subordinate.
Tra queste c'è anche l'uso del Fondo salva Stati, ma senza le condizionalità pretese dai falchi nordisti. Al momento epilogo solo ipotetico. «In ogni caso», spiegano a palazzo Chigi, «non chiediamo soldi a nessuno, ce li metteremmo noi, ma potremmo evitare di pagare costi eccessivi di finanziamento del debito visto che i bond sarebbero comunitari e dunque a tassi uguali per tutti, indipendentemente dal rischio-Paese». Che per l'Italia ha un costo salato.