Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
Prima delle elezioni del 2016, quand'era direttore esecutivo del sito della destra xenofoba Breitbart, Steve Bannon fu definito «l'operatore politico più pericoloso d'America». Aveva più volte cambiato pelle: sette anni in Marina, un Mba ad Harvard, banchiere di Goldman Sachs, produttore di Hollywood.
Donald Trump lo mise a capo della sua campagna elettorale, ed è considerato l'artefice del messaggio populista, anti-immigrazione e di protezionismo economico che ha portato alla vittoria l'attuale presidente degli Stati Uniti. Lo show Saturday Night Live lo rappresentò come il diavolo, discreto e onnipresente sulla spalla di Trump. Lui non faceva mistero di adorare il soprannome.
la raccolta fondi we build the wall su gofundme
Nel 2017 Bannon diventò uno stretto consigliere del presidente, fu incluso persino nel Consiglio di sicurezza nazionale, ma i coltelli dei suoi nemici a Palazzo (tra cui Ivanka Trump e il marito Jared Kushner) erano affilati. Contro di lui giocava pure il fatto che a Trump non è mai piaciuto che gli rubasse la scena e fosse considerato il «cervello» dell'Amministrazione. Nell'agosto 2017 Bannon fu defenestrato, ma lui l'ha sempre definita «una decisione consensuale».
Dalla sua casa a Washington, alle spalle della Corte suprema, seduto al tavolo da pranzo tra cimeli della Guerra Civile, pile di Financial Times , libri sul Partito comunista cinese (il nemico) e una lista di cibi leciti sulla porta del frigo (la dieta), non ha smesso di fare progetti grandiosi.
Tre mesi fa ci aveva preannunciato che presto ne avrebbe lanciato uno sulla Cina. Nel marzo 2018, alla vigilia delle elezioni italiane, nell'attico dell'Hotel Raphael a Roma (quello dove Craxi fu contestato sotto una pioggia di monetine per Tangentopoli), davanti ad una tavolata di dolci per nulla toccati, Bannon profetizzò le nozze tra Lega e Cinque Stelle, salvo poi un anno dopo benedirne il divorzio.
donald trump jr visita una parte di muro costruita in new mexico da brian kolfage
In Italia voleva aprire una scuola di populismo nel monastero di Trisulti, ispirato da quella di Armando Siri. Soprattutto pensava alle elezioni europee del 2019. «Sarà un anno straordinario per i populisti», diceva. Il suo progetto era Il Movimento, una fondazione per connettere i sovranisti europei (e non solo).
Si definiva uno «street fighter», a contatto con la «base», a favore di Trump. Ma le distanze erano cresciute, a causa delle rivelazioni ai giornalisti, in particolare a Michael Wolff, che lo ha definito il suo Virgilio. Bannon ha aperto la porta ai reporter, inclusa la regista di «The Brink» che lo seguì nella sua «campagna per l'Europa», di capitale in capitale e da un hotel di lusso all'altro, documentando il fallimento nel costruire un'Internazionale populista.
«Trump mi ha insegnato che non esiste la cattiva stampa - diceva -. I media sono ossessionati da noi e sono il nostro più grande alleato».
Nel Natale 2018 dopo un'intervista nella sua casa a Washington, Bannon ci fece strada nel seminterrato (la chiamava ancora Breitbart Embassy, anche se i finanziatori, sostenitori di Trump, non lo hanno ri-voluto al sito). Ci presentò Brian Kolfage, veterano di guerra in sedia a rotelle, ora accusato di frode insieme a lui. Kolfage aveva appena lanciato un sito di crowdfunding per raccogliere i soldi e costruire «privatamente» il Muro al confine col Messico.
Nell'agosto del 2019, nel deserto dove il Messico diventa New Mexico, in un luogo dal nome allegro, Sunland Park (ma adatto a girare un remake di Mad Max ) Bannon ci disse: «Questa è la mia Masada». Avanzava in scarponi militari, pantaloni cargo e camicia nera verso la vetta su cui sventolava una bandiera a stelle e strisce, mentre centocinquanta attivisti con i cappelli «Make America Great Again» si erano radunati all'ombra del chilometro di Muro appena costruito da «We Build the Wall». Si definivano «le forze speciali» di Trump.
steve bannon rilasciato su cauzione 2
Ora il presidente afferma di non sapere nulla del progetto. Eppure nel 2019 il politico Kris Kobach, membro dell'advisory board, disse al New York Times di aver ricevuto, per telefono, l'appoggio di Donald. A Sunland, dove i bambini gestivano la raccolta fondi, fece una donazione anche Don Jr, il figlio del presidente. Arrivò con la fidanzata. La folla gridò più volte, con calore:«2024», anno in cui sperano di vederlo succedere al padre alla Casa Bianca.
steve bannon in tribunale 1 lo yacht lady may di steve bannon brian kolfage e la moglie ashley con eric trump steve bannon brian kolfage con la moglie ashley steve bannon e donald trump a saturday night live steve bannon guo wengui steve bannon rilasciato su cauzione 3 brian kolfage 1 steve bannon rilasciato su cauzione 1 steve bannon rilasciato su cauzione steve bannon live dallo yacht steve bannon in yacht prima dell'arresto