Francesco Grignetti per “la Stampa”
La miccia è stata una frase dell'altro giorno del ministro Carlo Nordio. Una battuta puntuta sulla malagestione disciplinare della magistratura. «Lo scandalo Palamara ha rilevato un verminaio e a questo non si è posto rimedio, e non si porrà finché resterà il principio correntizio», aveva detto il ministro a Porta a Porta. La sua cura è un'Alta corte a cui affidare le funzioni disciplinari sui magistrati, togliendola al Consiglio superiore della magistratura. Ma proprio dal Csm è arrivato il severo altolà del vicepresidente David Ermini a difesa del loro lavoro: «Ha dimostrato di non conoscerlo».
Potrebbe sembrare una autodifesa corporativa se non si considera qual è la prospettiva. Ovvero la grande riforma di rango costituzionale in arrivo per rivoluzionare la magistratura, con la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e inquirenti, la discrezionalità dell'azione penale, lo sdoppiamento del Csm.
È a questo disegno che Ermini platealmente si oppone quando alza il tono della voce per dire che in questi anni hanno assicurato «la tenuta costituzionale del sistema del governo autonomo della Magistratura che costituisce, come in più occasioni ha ricordato il Presidente Sergio Mattarella, uno dei cardini della nostra Carta costituzionale».
Che la vera questione sia la riforma costituzionale, Ermini l'ha rimarcato quando ha spiegato che il lavoro di questo Csm è stato svolto strettamente «in osservanza delle prerogative che la Costituzione gli assegna per garantire il rispetto dell'indipendenza della Magistratura da ogni altro potere e da qualunque forma di condizionamento».
Ermini in genere non si esprime senza avere prima sentito il Quirinale, tanto più in occasioni solenne come è accaduto ieri in apertura di plenum. A Nordio ha replicato a brutto muso anche che «il ministro ignora altresì la faticosa e incessante attività svolta dalla Sezione disciplinare, che ho l'onore di presiedere, per reprimere, con rigore, gli illeciti accertati, in modo che quanto accaduto, che ha destato, in primo luogo in questa Assemblea, grande sconcerto e riprovazione non debba più ripetersi». Nell'anno 2021 ci sono state il 56% di condanne nei procedimenti disciplinari.
Quanto all'influenza delle correnti, e al suo lavoro per rintuzzarne il peso, il vicepresidente ha un'altra forte rimostranza contro Nordio: «Voglio ricordare in relazione all'attività delle nomine - ha scandito - le prassi virtuose introdotte dal Consiglio, in conformità al principio di trasparenza dell'attività amministrativa». Ovvero audizioni dei candidati, rispetto della cronologia nella trattazione dei posti, fine delle nomine a pacchetto. «Abbiamo anticipato le riforme legislative poi sopravvenute».
In conclusione, sentiti questi toni di un vicepresidente solitamente mite, se questa maggioranza e il ministro Nordio intendono davvero varare una riforma così radicale, è evidente che la magistratura associata andrà allo scontro. E scontro sarà anche su un'altra riforma annunciata, quella sulle intercettazioni.
Al Senato, su proposta della presidente Giulia Bongiorno, la commissione Giustizia ha appena deliberato una indagine conoscitiva. Verranno ascoltati una serie di ministri, il presidente dell'Anm, il superprocuratore Antimafia, i procuratori capo delle principali città italiane come anche i presidenti di tribunale; i capi delle forze di polizia e dell'intelligence; gli illustri professori Vittorio Manes, Giorgio Sprangher, Gianluigi Gatta, Francesco Clementi; il Garante sulla Privacy. I magistrati guardano con grande sospetto l'iniziativa. Temono che sia una mossa surrettizia per metterli in cattiva luce. «Serve conoscere per deliberare», ha spiegato lei, citando Einaudi.
david ermini david ermini CARLO NORDIO IN VERSIONE CHURCHILL