SUPERBONUS E DISMISSIONI: AL TESORO E’ PARTITA LA CACCIA (IMPOSSIBILE) AI 20 MILIARDI CHE SERVONO PER LA MANOVRA – UNO DEI MINISTRI PIU’ VICINI ALLA SORA GIORGIA: “QUALCHE MILIARDO RIUSCIREMO A TIRARLO FUORI. CI SONO TANTI SPRECHI, VEDREMO…” – ALL’APPELLO MANCANO ANCORA TROPPI SOLDI, GIORGETTI EVOCA LE PRIVATIZZAZIONI E SUL SUPERBONUS DICE: “NONOSTANTE GLI INTERVENTI CHE ABBIAMO MESSO IN CAMPO CI COSTA ANCORA 3,5 MILIARDI AL MESE”

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Estratto dell'articolo di Giuseppe Colombo per "la Repubblica"

giorgia meloni giancarlo giorgetti giorgia meloni giancarlo giorgetti

 

Alla ricerca di un’identità, a colpi di tagli. Eccola la traccia ostica della manovra che Giorgia Meloni rovescia sul tavolo della prima riunione del Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva.

 

Un bagno di realtà che prende atto dei venti miliardi che mancano all’appello per provare ad apporre il marchio della destra, seppure in versione mini, su una legge di bilancio impervia, immersa in una congiuntura economica che sta virando verso un orizzonte oscuro. La frenata della Germania, che la premier ricorda aprendo i lavori del Cdm, è la spia di un effetto domino che può fare molto male all’Italia, restringendo ulteriormente i già esigui spazi fiscali.

 

Ma la mappa della caccia al tesoro per la Finanziaria al momento è alimentata solo da buoni propositi: è la condivisione delle responsabilità e del rischio con tutti i ministri; manca invece un cronoprogramma dettagliato su dove e come utilizzare le forbici. Uno dei ministri più vicini alla presidente del Consiglio è fiducioso: «Qualche miliardo dai ministeri riusciremo a tirarlo fuori».

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni giancarlo giorgetti giorgia meloni

Ma i toni si fanno decisamente più sfumati – eufemismo – quando si passa dalle intenzioni al dettaglio delle misure da sgonfiare: «Ci sono tanti sprechi, vedremo nelle prossime settimane come intervenire ». Tra l’altro non tutti, dentro al governo, condividono l’accento perentorio della premier sulla possibilità di archiviare «le misure che», ripete più volte, «non condividiamo politicamente».

 

Facile a dirsi, insomma, decisamente più difficile portare a termine i compiti a casa. Perché, è il ragionamento che corre sulle chat di alcuni funzionari dei ministeri poche ore dopo la riunione a Palazzo Chigi, le misure decise da altri governi, soprattutto da quelli guidati dal centrosinistra, sono diventate strutturali. I beneficiari, famiglie, imprese o enti locali che siano, vivrebbero il taglio per quello che è, cioè una sottrazione di risorse.

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

Ma la premier scommette sul travaso: una necessità per rifinanziare il taglio del cuneo fiscale e giocare la carta del contrasto alla denatalità, con un mix di micro interventi a favore delle famiglie.

 

Cercano un contorno più preciso, soprattutto in termini di tempistiche, le privatizzazioni evocate dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Certamente – ha detto – ci sono delle situazioni che potrebbero originare una riallocazione delle partecipazioni dello Stato». E poi c’è il Superbonus. Quando Giorgetti prende la parola per illustrare il contesto della manovra, lo inserisce tra le tre criticità che avvolgono la manovra, insieme alla quantificazione delle entrate del primo semestre e al risiko europeo sul Patto di stabilità. «Nonostante gli interventi che abbiamo messo in campo – chiosa – il Superbonus ci costa ancora 3,5 miliardi al mese».

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

La fotografia che il Mef scatterà sui bonus edilizi nei prossimi giorni dirà quanto spazio dovrà essere sacrificato. Qualcuno, dentro all’esecutivo, paventa un ulteriore taglio, ma l’idea è agganciata alla necessità di trovare le misure, «che arrivano dal passato», da cestinare. La premier è stata chiara, tuttavia molte delle misure sono state già cancellate nei mesi scorsi, come il Reddito di cittadinanza: i risparmi torneranno utili in vista della manovra per il 2024, ma servono molte più risorse.

 

Alcuni ministeri, come quello della Salute e della Pubblica amministrazione, si tirano fuori. Dicasteri sensibili, come quello dell’Istruzione. Ma anche lì bisognerà rovistare nei cassetti per dare un’identità politica alla manovra.

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