Alessandro Di Matteo per “la Stampa”
La tentazione di dire "no" serpeggia anche nel centrodestra: quel taglio dei parlamentari voluto da M5s non piace a tanti senatori, deputati e anche semplici militanti di Lega, Fi e Fdi, anche se pochi lo dicono chiaro. Ci sono motivi di principio, dietro al malumore, perché le forbici di cartone giganti con cui i 5 stelle hanno festeggiato il voto del Parlamento, lo scorso ottobre, hanno fanno venire l'orticaria a tutti coloro che non accettano che l'organo legislativo venga raccontato come il regno delle «poltrone».
MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI SELFIE IN PIAZZA
Ma ci sono anche calcoli politici, personali e di partito, che spingono tanti verso il "no" al referendum, perché con meno posti in Parlamento molti attuali deputati e senatori rischiano di non essere rieletti e, soprattutto, perché una vittoria del "no" sarebbe un colpo al governo Conte.
Lo ha spiegato bene e in più occasioni Claudio Borghi, consigliere economico di Matteo Salvini. «Ho sempre espresso la mia contrarietà - argomenta all'Huffington Post - sarei favorevole anche al ritorno dell'immunità parlamentare».
Ma poi aggiunge: «Sono convinto che la vittoria del No farebbe cadere questo governo e rappresenterebbe la fine di una stagione, iniziata nel '92, di delegittimazione della politica a favore della tecnocrazia». Un punto che sottolinea anche Andrea Cangini, senatore di Fi e promotore del comitato per il "No": «È paradossale che alcuni dei leader delle opposizioni difendano l'interesse di Di Maio e M5s e stabilità del governo...».
Se Silvio Berlusconi lascerà libertà di coscienza in Fi, infatti, Matteo Salvini e Giorgia Meloni non intendono mettere in discussione la linea del "sì" al taglio dei parlamentari. Il leader leghista lo ha ribadito anche ieri: «Io ho sempre votato sì e continuo a votare sì. Io ho una faccia, la Lega ha una faccia, a differenza del Pd e di Renzi che prima votano no e poi, per salvare la poltrona, dicono sì».
E anche la leader di FdI è ferma sulla sua posizione, come ha spiegato nei giorni scorsi in un'intervista al Tempo: «Non mi sfugge che un eventuale successo del No potrebbe mettere in difficoltà la maggioranza, ma non baratto una cosa in cui credo con l'utilità di un momento».
Ma, appunto, nonostante la linea ufficiale, tutto il centrodestra è in fermento. In Fi sono apertamente per il "no" - oltre a Cangini - anche Osvaldo Napoli, Giorgio Mulé, Simone Baldelli, Deborah Bergamini. Spiega Napoli: «Questo referendum è un passo verso il baratro in cui rischia di finire la democrazia parlamentare».
GIANCARLO GIORGETTI E CLAUDIO BORGHI
Più di un parlamentare leghista, poi, assicura che lo stesso Giancarlo Giorgetti avrebbe molti dubbi e di sicuro, Borghi a parte, sono in fermento anche molti militanti. Su alcune delle pagine Facebook che sostengono Salvini sono sempre di più le prese di posizione per il "no". FdI, invece, è stata «militarizzata» sul sì dalla Meloni, spiega un parlamentare di centrodestra e solo Guido Crosetto sta pubblicamente sostenendo il "no". Ma, precisa il parlamentare, «nelle chiacchiere che facciamo in Parlamento anche molti di loro ammettono di essere perplessi».
Meloni e Salvini, spiegano, sono convinti che vincerà comunque il "no" e non intendono rischiare di intestarsi una battaglia che ritengono persa in partenza. Ma il leader della Lega, assicura un parlamentare leghista, «non farà una vera e propria campagna per il sì, terrà un profilo basso, anche perché con il taglio dei parlamentari rischiamo di non poter rieleggere molti degli attuali senatori e deputati».
Discorso che non vale per la Meloni, che stando ai sondaggi ha quasi quadruplicato i consensi rispetto al 2018. Ma tutto lascia pensare che parecchi leghisti e FdI nel segreto dell'urna sceglieranno di mettere la croce sul "no".
RADICALI PER IL NO AL REFERENDUM flash mob m5s per il taglio dei parlamentari 1