Maurizio Belpietro per “la Verità”
Il governo è fatto, la pace al momento no. Non parlo dell'Ucraina, dove la tregua è di là da venire, ma della maggioranza, dove prima che fosse nota la lista dei ministri la tensione si tagliava con il coltello e ora che tutte le caselle sono andate a posto il clima pare quello che precede la resa dei conti. Giorgia Meloni non sembra preoccuparsene, ma dentro Forza Italia, il partito che a torto o ragione si ritiene penalizzato nella scelta delle persone che dovevano fare parte del nuovo esecutivo, si affilano i coltelli.
Il segnale che fra i fedelissimi di Silvio Berlusconi il magma sia in ebollizione, anche adesso che il premier e i suoi collaboratori hanno giurato, lo ha dato Giorgio Mulè, giornalista transitato dalle redazioni al Parlamento e in questa legislatura nominato vicepresidente della Camera. In un'intervista a La Repubblica, l'ex direttore di Panorama ha ufficializzato i malumori. Al centro del colloquio con il cronista, Mulè ha messo il presidente del Consiglio fresco di passaggio di campanella, ma soprattutto i colleghi da poco premiati con incarichi ministeriali.
Di Giorgia Meloni non è andato giù l'atteggiamento, che ha provocato all'ex giornalista «disappunto». In pratica, alla leader di Fratelli d'Italia non si perdona di aver scelto ministri e dicasteri da assegnare, senza consultare la segreteria del partito. Da quel che si capisce, in Forza Italia avrebbero gradito che Meloni ascoltasse il loro parere invece di fare di testa propria. Per Mulè sarebbe una questione di verbi: anziché usare l'imperativo, nel dialogo fra alleati il presidente del Consiglio avrebbe dovuto impiegare il condizionale. Vale a dire, che al posto di decidere e basta, Meloni avrebbe dovuto chiedere il permesso.
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È chiaro che cosa non è andato giù del comportamento del nuovo capo di governo? Altrettanto bene si comprende che cosa non sia piaciuto del comportamento dei compagni di partito. Ai quali Mulè chiede una riflessione, ma soprattutto un passo indietro. Paolo Zangrillo, fresco ministro della Pubblica amministrazione, «si è posto il problema della compatibilità fra l'incarico appena assunto e il ruolo di coordinatore di Forza Italia in Piemonte». Ecco, altrettanto dovrebbero fare Antonio Tajani, nominato alla guida della Farnesina, e Anna Maria Bernini, che oltre a reggere il dicastero dell'Università, dentro il partito del Cavaliere è la vice di Tajani.
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«È una riflessione che devono fare e risolvere», raccomanda perentorio Mulè. In caso diverso, pare di capire che ci penserà Berlusconi, indicando una nuova formula. Il nervosismo che serpeggia tra le fila degli azzurri si deduce anche da un'altra risposta.
Quando il giornalista di Repubblica chiede se Forza Italia sarà la spina nel fianco del nuovo governo, il vicepresidente della Camera replica dicendo che «i gruppi forzisti in Parlamento saranno i guardiani dell'attuazione del programma», aggiungendo poi che le misure urgenti per dare risposta alle emergenze vanno bene, ma poi «serve un binario riformista».
E per fare intendere a che cosa pensi, Mulè elenca il programma che ha in testa: separazione delle carriere, delegificazione, nuove norme del Csm. Per chi non lo sapesse, il nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio, lo stesso giorno spiegava che la divisione tra giudici e pm non è all'ordine del giorno e così pure l'abolizione della legge Severino, cioè Nordio non ha in mente le riforme che sollecita l'ex giornalista ora parlamentare, e già questo la dice lunga sul clima che si respira nella maggioranza.
Altro che «il palio è finito», come ritiene Mulè alludendo alla nomina dei ministri che avrebbe concluso la girandola di nomi. La competizione deve ancora cominciare ed è quella che già si intravede fra i seguaci di Licia Ronzulli e quelli che fanno capo a Tajani, i primi a tentare di isolare i secondi e se del caso anche a sgambettarli. Una volta data alle stampe l'intervista, Mulè ne ha preso le distanze, spiegando via Twitter che il «Meloni ci ha delusi» non è farina del suo sacco e nemmeno l'invito a dimettersi da coordinatore del partito rivolto al ministro degli Esteri.
La marcia indietro però non elimina il senso del discorso, che di sicuro non è conciliante. Le parole dell'ex direttore di Panorama, anche se private delle asperità rimarcate nel titolo, rappresentano senza infingimenti il clima che regna dentro Forza Italia dopo la bocciatura di Licia Ronzulli. «Io credo che durante la formazione del governo, molti abbiano messo sul tavolo esperienze, storie personali, legittime aspirazioni che sono state trascurate» chiosa Mulè.
Insomma, il caso del mancato ministro della Salute non è affatto chiuso e le prossime settimane minacciano di dimostrarlo. Non so che cosa meditino dentro Forza Italia, ma so che qualsiasi cosa sia non dovrebbe far dimenticare che i problemi degli italiani non sono «le esperienze, le storie personali e le legittime aspirazioni», ma le emergenze con cui si fanno i conti tutti i giorni.
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Sì, le riforme sono importanti, compresa la separazione delle carriere in magistratura, ma con quelle non si mangia, mentre riducendo le bollette e fermando l'inflazione sì. Dunque, se mi posso permettere un consiglio, Forza Italia lasci perdere le rivendicazioni e si concentri sui problemi che stanno a cuore agli italiani. Le storie personali per ora è meglio dimenticarle.