Vittorio Feltri per “il Giornale”
Siamo convinti che alla maggioranza dei lettori non importi nulla della Grecia, benché dall'Italia la separi un braccio di mare largo meno di 100 chilometri e le sue vicende influiscano negativamente sulle nostre nonché su quelle del continente. Nonostante ciò, proviamo a semplificare l'orrenda temperie attraversata da quel Paese e di spiegare senza entrare nei dettagli che cosa vi stia succedendo. Tutti sanno che laggiù le cose sono messe male: l'economia piange, i cittadini piangono, le casse di Atene piangono. Un disastro che ha forti ripercussioni anche politiche, molto preoccupanti per l'Unione europea.
Fin qui tutto chiaro. Recentemente però in Grecia si sono svolte elezioni vinte da Alexis Tsipras, un giovinotto della sinistra spinta che ha promesso una svolta decisiva ai propri connazionali: basta troika, basta sottostare ai diktat di Bruxelles, cioè di Berlino che, tramite Angela Merkel, mena le danze della Ue. Il nuovo premier si è imposto alle urne proprio per la grinta che ha manifestato nel garantire agli elettori un futuro diverso dal terribile passato e dal pessimo presente. I quali elettori ora si aspettano i fatti. Ma i fatti sono ben più complicati delle parole.
In effetti le trattative del governo greco con i capoccioni europei sono già in stallo. Tsipras, per mezzo del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, ha avanzato delle proposte che non sono state bocciate, ma quasi. In brutale sintesi, i greci non vogliono pagare i debiti (se non a babbo morto), mentre la Ue vuole riscuotere e costringere Atene a instaurare un regime di ferrea austerità. Una austerità che il popolo non può sostenere perché esausto e sull'orlo della tomba.
Quali prospettive si delineano? Se Tsipras accetta le condizioni capestro della Ue, chi lo ha votato si sentirà tradito e cercherà di delegittimarlo. Se, viceversa, dovesse mantenere fede ai programmi grazie ai quali è stato issato al vertice dell'esecutivo, sarebbe applaudito in patria, ma deplorato in Europa e da essa abbandonato.
Con successive conseguenze drammatiche per i greci, rovinati non solo dalla moneta unica ma anche da una gestione statale dissennata: spesa pubblica folle, passivo pubblico altrettanto folle, una situazione interna (povertà spaventosa) che non offre vie di scampo.
Comunque vada a finire, il bluff di Alexis sarà scoperto e le ripercussioni appaiono facilmente prevedibili. La Grecia è destinata a essere inghiottita dalla miseria più nera, e la credibilità dell'Europa, ammesso che ora ci sia, andrebbe a pallino, mettendo in dubbio la sopravvivenza dell'Unione medesima, poiché altri Paesi partner (Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda nonché gli ex satelliti sovietici) sarebbero contagiati dal clima di sfiducia e tentati di uscire dall'euro, la cui morte sarebbe pressoché inevitabile.
La Grecia, piccola e insignificante sotto il profilo economico (ha un Pil ridicolo), essendo l'emblema di cattiva amministrazione e di cattivissima politica, rischia di trasformarsi in un tumore incurabile e, pertanto, pronto a sviluppare metastasi inarrestabili capaci di propagarsi nell'intero continente. La nostra non è un'analisi scientifica, bensì intuitiva, e proprio per questo temiamo che sia esatta. Attendiamo verifiche dalla realtà. Intanto, tocchiamo ferro nella speranza - tenue - di sbagliare.