1. STORICA TELEFONATA TRUMP-XI: ‘’ESISTE UNA SOLA CINA”
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump telefona al presidente cinese Xi Jinping e, «su sua richiesta», come riferito in una nota della Casa Bianca, «concorda di onorare la politica di `una sola Cina´». Dopo settimane di tensione sull’asse Washington-Pechino, seguite alle dichiarazioni di Trump che sembravano mettere in dubbio quel principio ed al colloquio telefonico avuto con la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, sembra dunque aprirsi un nuovo capitolo.
Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, Trump e Xi hanno avuto «una lunga conversazione telefonica», durante la quale i due leader «hanno discusso molti temi», la conversazione «è stata estremamente cordiale ed entrambi hanno esteso i migliori auguri ai popoli dei due Paesi». I presidenti di Cina e Stati Uniti si sono scambiati anche inviti a visitare i rispettivi Paesi, con l’impegno a continuare i loro colloqui.
2. USA, LA CORTE D’APPELLO CONFERMA LO STOP AL BANDO CONTRO I CITTADINI DI SETTE PAESI ISLAMICI
Paolo Mastrolilli per La Stampa
Il bando per l’immigrazione da sette paesi islamici voluto dal presidente Trump resta sospeso. Lo ha deciso ieri notte la Corte d’Appello di San Francisco, decretando una prima pensante sconfitta per la nuova amministrazione. Ora la Casa Bianca farà ricorso alla Corte Suprema.
Venerdì scorso il giudice federale di Seattle James Robart, nominato dal presidente repubblicano Bush figlio, aveva sospeso l’ordine esecutivo di Trump. Il capo della Casa Bianca lo aveva demolito via Twitter, definendolo un «cosìddetto giudice» che con la sua «ridicola sentenza» metteva a rischio la sicurezza nazionale.
Martedì il caso era arrivato alla Corte d’Appello di San Francisco, davanti ad una commissione ristretta di tre magistrati, William Canby scelto da Jimmy Carter, Richard Clifton da Bush, e Michelle Friedland da Obama, che avevano ascoltato le parti per stabilire se il decreto andava sospeso o ristabilito. Il giorno dopo, sempre via Twitter, Trump aveva commentato così il dibattimento: «Ieri sera ho sentito un sacco di roba vergognosa. Penso sia triste. La nostra sicurezza è a rischio oggi».
Queste critiche hanno provocato una spaccatura con Neil Gorsuch, il giudice appena nominato dal presidente alla Corte Suprema, che incontrando il senatore democratico Blumenthal le ha definite «avvilenti e demoralizzanti», prendendo così le distanze dalla Casa Bianca.
Ieri sera, quando in Italia era passata la mezzanotte, i tre giudici di San Francisco hanno emesso il loro verdetto unanime, confermando la decisione del collega di Seattle. I magistrati della Corte d’Appello non hanno espresso un parere definitivo sulla costituzionalità del provvedimento, perché questo non era il loro compito. Però sono arrivati alla conclusione che le parti in causa contro la Casa Bianca hanno una buona probabilità di aver successo nel merito della illegalità del decreto, e quindi hanno confermato la sua sospensione.
Poco dopo Trump ha commentato con un tweet scritto tutto in lettere maiuscole: «Ci vediamo in tribunale. La sicurezza della nostra nazione è in gioco!». Il presidente non accetta la sentenza e farà ricorso, l’unico dubbio è come. La prima possibilità sarebbe chiedere all’intera Corte d’Appello di San Francisco, composta da nove giudici, di rivedere la causa. Questo tribunale però ha la reputazione di essere liberal, e quindi non favorevole a Trump.
E’ più facile dunque che la Casa Bianca faccia direttamente ricorso alla Corte Suprema, chiedendo di pronunciarsi subito per annullare la sospensione del bando, e analizzare poi la questione per emettere una sentenza definitiva. Il problema per il presidente è che Gorsuch, anche se fosse confermato, non entrerà in carica in tempo per votare su questo caso, e al momento il massimo tribunale americano è diviso esattamente a metà, con quattro giudici conservatori e quattro liberal. Una sconfitta definitiva non solo comprometterebbe il bando, ma boccerebbe l’intera strategia di Trump dal suo primo passo.
La sentenza di San Francisco è arrivata in un giorno già imbarazzante per il caso Conway. Due giorni fa la catena di negozi Nordstrom ha annunciato che non venderà più la linea di abbigliamento prodotta da Ivanka Trump, e il padre ha reagito attaccando la compagnia via Twitter. Ieri la sua consigliera Conway ha invitato tutti a comprare gli abiti di Ivanka, durante un’intervista televisiva. Così però ha violato le regole etiche federali, che vietano ai dipendenti statali di promuovere prodotti, ricevendo un richiamo dai legali della Casa Bianca.