L’ULTIMA DI MATTEUCCIO: LUNEDI’ DIMISSIONI PURE DAL PD PER ACCELERARE IL CONGRESSO. E PER DIMOSTRARE DI ESISTERE – AGNESE TEME DI AVERLO TRA LE PALLE TUTTO IL GIORNO – AL NAZARENO GLI PREPARANO IL BISCOTTO: ORMAI IL PARTITO SEMBRA LA EX JUGOSLAVIA

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Monica Guerzoni per il Corriere della Sera

 

I SALUTI DI RENZI DOPO LE DIMISSIONI I SALUTI DI RENZI DOPO LE DIMISSIONI

Il caffè sul bancone della buvette si sta raffreddando, ma Pier Luigi Bersani non sembra curarsene: «Io sono fuori dalla grazia del cielo... È ora di finirla, una classe dirigente seria deve mettere un punto fermo a indovinelli e giochini». Bisogna votare nel 2018? «Io dico di sì e poiché dalla data del voto tutto discende, voglio sapere cosa ne pensano Renzi e Franceschini. Questo Paese è sbandato. La gente normale non capisce cosa sta succedendo. Vogliamo metterci di nuovo nell' irrazionale? Nell' inconoscibile? Nell' avventura? Ma insomma, ragazzi...».

 

AGNESE LANDINI E MATTEO RENZI DURANTE LE DIMISSIONI AGNESE LANDINI E MATTEO RENZI DURANTE LE DIMISSIONI

Sulla stessa lunghezza d' onda i 41 senatori del Pd che hanno firmato un documento trasversale, con cui blindano il governo Gentiloni, dicono no alla scissione e chiedono a Renzi «un tempo ragionevole per rimettere in piedi il Pd». Promosso da Vannino Chiti, il testo è stato sottoscritto da bersaniani, franceschiniani, indipendenti e dai «turchi» che si riconoscono nel ministro Orlando.

 

Il pressing per il voto non arriva più solo dalle minoranze. Al fianco di Renzi, con l' idea fissa di correre alle urne, sono rimasti solo Orfini e i fedelissimi del leader, come Ettore Rosato: «Non c' è l' obbligo di timbrare il cartellino fino a febbraio 2018». Eppure, strattonato da ogni parte, l' inquilino del Nazareno si starebbe convincendo che le elezioni scivoleranno all' anno prossimo e che bisogna attrezzarsi per la battaglia interna. La nuova mossa che l' ex premier sta valutando è anticipare il congresso, facendolo partire prima delle amministrative.

 

CONGIURATI PD FRANCESCHINI CONGIURATI PD FRANCESCHINI

Se la linea sarà confermata, Renzi potrebbe presentare le sue dimissioni da segretario già lunedì, davanti alla Direzione. Per quanto previsto dallo Statuto, il passo indietro farebbe deflagrare gli umori delle correnti e spiazzerebbe la minoranza. Il timing di Bersani infatti non prevede accelerazioni, per lui il treno del congresso deve partire a giugno e arrivare entro l' anno, nei tempi previsti. Il leader della sinistra non tollera più le incertezze strategiche di Renzi.

 

«Prima dice voto subito, poi giugno, poi spunta il patto tra Franceschini e Orlando - attacca -. Ma insomma, noi abbiamo il Paese in mano, possiamo fare questi giochini qui? Ci dicano quando cavolo si va a votare, perché da lì deriva tutto». Il leader della minoranza è furioso, chiede al Pd di smetterla di «ragionare in un sovramondo» e di rimettere i piedi a terra: «Se non raddrizziamo 'sta barca qua andiamo nei guai, politici, economici e sociali. Ci vuole un soprassalto di responsabilità».

 

bersani trenino bersani trenino

Ce l' ha con Renzi, per aver detto con una «uscita di dubbio gusto» che non intende «fare la fine di Bersani». Ce l' ha con l' asse Franceschini-Orlando. Ma questa volta, pur senza nominarlo, il leader della minoranza sprona anche Gentiloni: «Il governo deve governare. Guardate che qui c' è un piccolo problema che io non riesco più a reggere. In una famiglia normale di cosa si parla? Di lavoro, di redditi, di non autosufficienza. E uno che guarda la nostra discussione cosa può pensare?». E basta con i voucher e i capilista bloccati: «Altro che estenderli al Senato, che si produrrebbe il 70 per cento di nominati...».

andrea orlando andrea orlando

 

Renzi smentisce rese dei conti imminenti. Rosato è convinto che lunedì «il segretario farà di tutto per ricucire», così che «ognuno si senta a casa nel Pd». Eppure i coltelli continuano a volare. Orlando smentisce di voler soffiare il partito a Renzi, in combutta con Martina: «Fandonie». E anche Franceschini scaccia i sospetti. I parlamentari vicini al ministro della Cultura accreditano una telefonata con l' ex premier per ribadire lealtà al segretario.

ROSATO ZANDA ROSATO ZANDA

 

E giurargli che la riunione di corrente di Areadem, martedì notte, non era certo per tramare, bensì per mediare su premio alla coalizione e data del voto, perché il Pd non si spacchi. In questo clima la legge elettorale è quasi un miraggio. Lo ammette Rosato, quando dice che l' accordo va trovato su tutta la legge, compresi sbarramenti e premio alla coalizione: «Bisogna solo decidere se vogliamo fare una legge elettorale» .

 

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