Francesca Basso per il "Corriere della Sera"
ursula von der leyen boris johnson
Da una parte la Gran Bretagna e dall'altra la Germania, entrambe in un momento politico delicato. La prima alle prese con il post Brexit e un conto della pandemia tragico (oltre 100 mila morti). In campagna elettorale la seconda, con la frustrazione di Berlino di non poter correre sulle vaccinazioni come vorrebbe.
In mezzo si è trovata la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, da giorni sotto un fuoco di fila per i contratti siglati dalla Commissione e per il nuovo meccanismo di notifica e autorizzazione per l'export di vaccini fuori dall'Unione, con l'annuncio poi ritirato nel giro di poche ore di controlli alla frontiera tra Ue e Irlanda del Nord (l'accordo sulla Brexit garantisce confini aperti tra Ue e Irlanda del Nord).
URSULA VON DER LEYEN BY EDOARDOBARALDI
Ieri la presidente von der Leyen ha riferito a porte chiuse ai gruppi che la sostengono al Parlamento Ue: Ppe, S&D e Renew Europe, che in modi diversi hanno confermato l'appoggio alla strategia della Commissione sui vaccini pur chiedendo maggiore trasparenza (solo i contratti con CureVac e AstraZeneca sono diventati pubblici) e più coordinamento a livello Ue nelle vaccinazioni. Oggi incontrerà, sempre in video conferenza, i Verdi.
Ma c'è la consapevolezza che la forza negoziale con i colossi farmaceutici non sarebbe stata la stessa se i 27 Stati membri si fossero mossi singolarmente, forse solo la Germania l'avrebbe avuta. Alla fine ha prevalso l'approccio comunitario, fortemente voluto anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
VERTICE EUROPEO CONTE MERKEL MACRON SANCHEZ VON DER LEYEN
E il risultato sono tre vaccini autorizzati e in distribuzione (Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca), tre contratti conclusi in attesa che i vaccini risultino «sicuri ed efficaci» (Sanofi-GSK, Johnson & Johnson, CureVac) e colloqui esplorativi per altri due vaccini (Novavax, Valneva). Entro fine anno l'Ue avrà 2,3 miliardi di dosi.
Per accelerare sulla produzione, in una lettera firmata da von der Leyen e dal presidente di turno dell'Ue, il premier portoghese Antonio Costa, la Commissione - riferisce Reuters - propone di accelerare la produzione di vaccini migliorando gli impianti esistenti e creandone di nuovi usando fondi Ue.
Le accuse alla Commissione, in ordine sparso, sono di avere impiegato troppo tempo nella stipula dei contratti rispetto ad altri Paesi (vedi Gran Bretagna). Ma su questo è intervenuta Merkel, per la quale Bruxelles ha trattato a lungo per ragioni «giuste» e cioè «anche per la questione della responsabilità» nell'ambito dei contratti.
Poi c'è l'accusa di avere negoziato un prezzo più basso rispetto a quello pagato da altri Paesi come la Gran Bretagna nel caso di AstraZeneca, tale da disincentivare - secondo alcuni deputati Ue - la consegna delle dosi. Ma su questo ha risposto lunedì la direttrice generale alla Salute della Commissione Sandra Gallina, in audizione alla commissione Bilancio del Parlamento Ue, spiegando che «il nostro prezzo è pienamente paragonabile a quello che paga il Regno Unito» e ha sottolineato che «non avremmo ottenuto più vaccini con più soldi. Il problema è la produzione e la capacità produttiva non si crea dalla sera alla mattina».
Inoltre fonti vicine ai negoziati hanno spiegato che le trattative sui prezzi non sono mai state lunghe, a differenza di quelle sul problema della responsabilità, dell'indennità da accordare alle aziende in situazioni particolari e delle clausole sulla tempistica di consegna.
C'è poi l'accusa di avere intrapreso una sorta di «nazionalismo dei vaccini». Bruxelles ha ricordato l'impegno in Covax, lo strumento internazionale che punta a garantire l'accesso ai vaccini anti Covid nei Paesi a basso e medio reddito.
E poi c'è il rapporto con Londra. Il ministro Michael Gove, titolare del dossier Brexit, ha dichiarato che la decisione di Bruxelles di minacciare controlli al confine con l'Irlanda del Nord ha rappresentato «un'erosione della fiducia» nei rapporti con Londra e con Belfast che va ancora riparata. In questa situazione complessa resta un dato di fatto: la salute è competenza nazionale, arrivate le dosi gli Stati devono essere pronti a vaccinare.