Gabriele Isman per "la Repubblica - Edizione Roma"
ANTONELLO VENDITTI«Sinceramente l'inno della Roma mi piacerebbe se lo togliessero, perchè non lo trovo più identificativo della squadra che conoscevo io». Antonello Venditti parla della sua "Roma, Roma", la canzone che da sempre apre le partite all'Olimpico dei giallorossi. In mattinata consegna la sua bomba a Mario Corsi nella trasmissione radiofonica "Te la do io Tokyo", e poi nel pomeriggio rincara l'attacco alla dirigenza americana.
PALLOTTA TOTTIVenditti, davvero vuole ritirare l'inno?
«La mia è una provocazione. A me piacerebbe una squadra più vicina agli inni che ho scritto, ma Roma sta depauperando la sua storia calcistica: non vorrei che venisse sostituita dal brand. Se due anni fa ci avessero presentato una squadra guidata da Sabatini e Garcia avremmo avuto dei dubbi. Baldini era una garanzia tecnica di competenze, una rappresentazione corretta, la discontinuità nella continuità. Dopo le sue dimissioni c'è rimasto poco. E Garcia non sapevo nemmeno che esistesse».
Lei ha sostenuto Zeman. In passato gli ha dedicato anche una canzone. Poi è stato esonerato.
«Se si sceglie Zeman lo si deve supportare in tutto e per tutto. Si parla di progetto dai tempi di Luis Enrique, ma il boemo è stato allontanato».
È intervenuta la proprietà americana.
«Il modo in cui è stata data a Papa Francesco la maglia dei Boston Celtics (nell'incontro con la delegazione della Roma guidata da Totti a San Pietro, ndr) non mi né piaciuto, con tutto il rispetto per il team dell'Nba. Mi è sembrata una perdita d'identità: io tifo per una squadra che è più di un brand, di un marchio. Roma è la sua storia, la sua cultura, la grande bellezza, l'amore, la passione. Ma forse questo a Boston non è stato capito, e nello scontro tra la cultura romana e quella bostoniana, la seconda per ora mi pare prevalente».
Cosa si aspettava?
«La sconfitta bruciante con la Lazio nella finale di Coppa Italia a Boston non dev'essere pervenuta. Mi aspettavo un colpo di coda, come quando dopo lo scudetto vinto dalla Lazio nel 2000, Franco Sensi presentò Batistuta. Noi aspettiamo i risultati da una società che però ha un organico incompleto, soprattutto ora che non c'è più Baldini».
Come si può uscire da questa empasse?
«Stiamo come due anni fa, ricominciamo da capo. Distribuisco bordate per amore, per stimolare la società non per indebolirla. Hanno pensato che tutto il mondo fosse contro di loro, cercando persino di escludere alcuni momenti importanti della storia fantastica della presidenza Sensi. Mi piacerebbe vedere una stretta di mano tra Rosella e Pallotta, io non ho mai incontrato il presidente, eppure ho donato le mie canzoni a loro. Nemmeno ai tempi di Ciarrapico andava così».
Ha rinnovato il suo storico abbonamento giallorosso?
«Certo, sono tra i 17 mila che hanno già provveduto. Dobbiamo essere vicini alla squadra. Non sono nemico della società, ma io e Totti sembriamo gli unici rimasti tra i romani che amano la Roma»
Quindi gli inni non li ritira?
«Già in passato mi aspettavo che fossero loro a toglierlo. Io non posso, e non voglio farlo. "Roma Roma" e "Grazie Roma" sono una dichiarazione d'amore per la squadra e per la città, ma col loro progetto manageriale sono davvero stonati. Se vogliono, provvedano loro: quelle canzoni appartengono a tutti. Io non lo farò, non potrei mai uccidere una mia creatura».