donald trump con il genero jared kushner
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Una mezza frase di Jared Kushner in un' intervista alla rivista Time manda in fibrillazione per qualche ora la politica americana. A un certo punto il giornalista chiede al genero-consigliere di Donald Trump se ci sia la possibilità di rinviare le elezioni presidenziali del 3 novembre a causa dell' epidemia.
Ecco il testo di Time : «Kushner dice che non è una sua decisione: "Non sono sicuro di potermi impegnare in un senso o nell' altro, ma al momento questo è il programma.
Speriamo che da qui a settembre, ottobre, novembre avremo fatto un lavoro sufficiente con i test e altre cose per prevenire una futura esplosione della pandemia di dimensioni tali che saremmo costretti a chiudere di nuovo. Penso davvero che una volta che l' America sarà riaperta, sarà davvero difficile richiuderla"».
ivanka trump con il marito jared kushner a davos
L' attenzione si è concentrata sulla prima riga, o meglio sul verbo «impegnarmi». Si è mossa persino Hillary Clinton con un tweet: «Non ci posso credere che debba scrivere questa frase, ma non tocca al genero del presidente decidere quando ci sono le elezioni». Kushner è stato investito da un' onda polemica sui social. Anche sul versante dei conservatori, come il commentatore Bill Kristol che twitta: «L' affermazione di Kushner rivela una stupefacente ignoranza della Costituzione e della legge. E rivela un' agghiacciante arroganza nel considerare per assodato che egli abbia un qualche ruolo nello stabilire quando vanno tenute le elezioni».
Alla fine il marito di Ivanka Turmp ha dovuto diffondere un comunicato per chiarire la sua posizione: «Non sono mai stato coinvolto, né sono a conoscenza di una qualsiasi discussione per cambiare la data delle elezioni presidenziali».
ivanka trump e jared kushner a panmujom, nella zona demilitarizzata tra le due coree
L' incidente è poi rientrato, ma ha confermato quanto sia rovente il tema delle elezioni.
Sul piano giuridico non c' è una certezza assoluta, tanto che il Congressional Researc Service di recente ha dovuto condurre un' analisi legale, concludendo: «La Costituzione non sembra prefigurare un ruolo per il potere esecutivo».
Il meccanismo è complesso: dal 1845 sono gli elettori dei singoli Stati a designare i rappresentanti che poi procedono alla designazione formale del Presidente.
La reazione di Hillary Clinton è la spia di un nervosismo crescente tra i democratici. Il candidato Joe Biden è arrivato a dire: «Prendete attentamente nota delle mie parole, penso che il presidente cercherà di rinviare le elezioni in qualche modo, tirando fuori qualche pretesto». In questa fase Biden e il partito democratico guardano i sondaggi: Trump è staccato di 4-5 punti al livello generale e anche in alcuni Stati chiave, quelli decisivi nel 2016, come la Pennsylvania.
Biden non ha aggiunto altri elementi. E quello che chiama «un pretesto» è in realtà lo scenario più fosco che potrebbe materializzarsi da qui a qualche mese negli Usa. Secondo gli scienziati, Anthony Fauci in testa, gli Stati hanno riaperto l' economia troppo in fretta. C' è il rischio di «gravi conseguenze», un rimbalzo del virus talmente devastante da costringere a prendere misure d' emergenza. Tra queste ci potrebbe essere anche il rinvio delle elezioni?
Dipende, perché il vero scontro, almeno a oggi, non è sulla data, ma sul metodo con cui celebrare le elezioni. I democratici spingono per adottare il voto per posta. Un' eventualità già allo studio di alcuni Stati guidati da governatori progressisti, come la California.
Trump è ferocemente contrario: sostiene che questo sistema aprirebbe la strada «ai brogli». Il punto reale è che il voto per corrispondenza potrebbe allargare la partecipazione degli elettori, specie quei democratici che di solito non vanno alle urne. Il presidente teme, con qualche ragione, che più sarà alto l' afflusso, più Biden abbia possibilità di vittoria. Sono comunque tutti calcoli teorici, con una grande incognita: la potenza del coronavirus.