Lorenzo De Cicco per il Messaggero
Sembra ormai diventata anche, soprattutto, una questione di soldi. Il terrore che monta tra i consiglieri stellati che siedono in Assemblea capitolina è che possano ritrovarsi, tra due anni, quando sarà terminata l' avventura a Palazzo Senatorio, con lo spettro di un conto milionario a rincorrerli da privati cittadini.
L' ultima gruccia che tiene in piedi la sciagurata operazione stadio - invisa ai grillini fino al 2017 e poi, con giravolta dialettica e una mezza sforbiciata alle cubature monstre, accettata per compromesso - sarebbero, a detta di molti consiglieri, principalmente le penali che i proponenti minacciano di reclamare se si arriverà allo stop del progetto, data la ridda di arresti e indagati che si è vista sin qui. Molti grillini lo dicono, anche a microfoni aperti: «Il punto è quello, le penali».
Non a caso, in queste giornate di riunioni e chattate convulse, si cercano esperti di diritto amministrativo che possano mettere per iscritto che annullare tutto è nelle piene facoltà dell' amministrazione comunale. E che non si rischia quindi, più in là, di dover toccare il conto in banca.
Chi può votare a cuor leggero, come i consiglieri dei municipi - hanno un ruolo solo consultivo - ha già ratificato senza remore il passo indietro: si torna al caro, vecchio No a Tor di Valle. Quello degli inizi, della lotta alla «speculazione di Parnasi» come diceva, prima della conversione sulla via del Mare, Marcello De Vito.
Ieri la Commissione Urbanistica del IX Municipio, il distretto dell' Eur dove dovrebbe nascere lo stadio e il mega-complesso di negozi, uffici e alberghi, ha approvato una delibera per annullare «in autotutela il pubblico interesse» del progetto. Sì all' unanimità, M5S compreso, su proposta della consigliera comunale Cristina Grancio, la pasionaria espulsa del Movimento per non avere tradito la linea delle origini, e del collega Stefano Fassina.
È un segnale che pesa, nel mondo grillino. Perché dopo le dichiarazioni di diversi big - dai parlamentari Carla Ruocco e Nicola Morra alla capogruppo in Regione, Roberta Lombardi - per la prima volta, con un voto, il M5S si riposiziona sul No. E viene per giunta dal territorio che dovrebbe sopportare il peso di un intervento che il Politecnico di Torino ha definito «catastrofico», senza correttivi che stravolgano tutta la mobilità cittadina.
«Terremo conto di questo parere, è ovvio che il clima è cambiato - ragiona il presidente della Commissione Sport del Campidoglio, Angelo Diario - È logico chiedersi, leggendo quanto emerge dall' inchiesta, perché abbiano provato a corrompere così tante persone, se il progetto era valido... Mi fido della sindaca, che ha avviato un' altra due diligence, aspettiamo. A questo punto dobbiamo anche valutare le penali, l' obiettivo è minimizzare i danni».
C' è chi, come Maria Teresa Zotta, altra grillina di peso, presidente della Commissione Scuola, sta leggendo le dichiarazioni di Gianluigi Pellegrino. Avvocato tra i massimi esperti di diritto amministrativo, due giorni fa ha detto a un' emittente locale che il «Comune non è obbligato a realizzare il progetto e sono da escludere risarcimenti milionari, nessun diritto acquisito». «Farò approfondire queste dichiarazioni», fa sapere Zotta. Cauto Marco Terranova, capo della Commissione Bilancio: «Il punto sono le penali, non possiamo agire finché non c' è la certezza matematica che non sia penalizzata l' amministrazione. E anche tanti consiglieri, siamo onesti, non potrebbero permetterselo...».
Raggi, per ora, prende tempo.
Ieri è stata in Qatar, mentre i vertici della Roma erano a Doha.
«Ma non c' è nessun nesso», hanno detto fonti dell' emirato. «Si è parlato solo di progetti futuri per Roma», la versione del Campidoglio. E un assessore confida: «La verità? Nessuno sa che piega prenderà la vicenda».
2. PALLOTTA: “VOGLIO LO STADIO ENTRO TRE ANNI. ABBIAMO SALVATO IL CLUB”
Estratto dell’articolo di Chiara Zucchelli per gazzetta.it
“In tre anni speriamo di avere lo stadio e che i politici non mandino tutto all’aria”. A Real Vision, James Pallotta, torna a parlare ancora una volta dell’impianto di Tor di Valle e della Roma e lo fa, come di consueto, senza peli sulla lingua: “Penso che la mia entrata sia stata interessante per la Roma. Sono arrivato come uno dei tre investitori passivi. Ho pensato, è Roma, potrebbe essere divertente e potremmo aiutarla a far crescere un marchio globale della città di Roma. La verità è che pensavo che il calcio fosse il peggiore sport nella storia degli sport”.
3. MENTANA
Enrico Mentana, noto giornalista e noto tifoso nerazzurro, si è espresso attraverso un post pubblicato sul proprio profilo Facebook sul caso che ha per protagonista il futuro di San Siro, con Inter e Milan pronte ad abbandonare e demolire lo storico impianto milanese dopo lunghissimi anni.
Ecco le sue parole: “Una notazione personale, e a suo modo sentimentale. Leggo che le società di calcio Inter e Milan vorrebbero abbandonare lo stadio di San Siro, e costruire un nuovo impianto, magari poco distante. A parte che girando l’Italia e un po’ il mondo non ho mai trovato uno stadio in cui gli spettatori, tutti, possano seguire altrettanto bene le partite, il Meazza è un monumento dalle suggestioni e dalla storia così forti che solo un pazzo lo rottamerebbe.
Oppure uno straniero che non ha nulla a che fare col calcio e il suo vissuto e deve solo fare affari, come forse sono Suning e Eliott, società proprietarie dei due club. Per chi ha passione per il calcio, e per l’architettura, quel monumento deve restare al suo posto, in tutto il suo splendore. È come se qualcuno volesse abbattere il Duomo o il Pantheon per rifarli più funzionali e moderni. Perciò, care Inter e Milan, caro Comune di Milano (e il sindaco Sala non può essere insensibile a questo grido di dolore, tifoso com’è) giù le mani da San Siro, grazie”.
4. MORATTI
Andrea Della Sala per http://www.fcinter1908.it
In molti stanno conte stando la possibilità di Inter e Milan di costruire un nuovo impianto e di abbattere San Siro. Tra i contrari alla demolizione del Meazza c’è anche l’ex presidente nerazzurro Massimo Moratti. Queste le sue parole a Il Giorno:
Presidente, che idea si è fatto sul destino dello stadio?
«Mi spiace davvero che si stia pensando di abbattere San Siro, per una doppia ragione: la prima concerne la visibilità e la comodità di uno stadio come quello di cui parliamo. Sembra di essere ad un cinema o ad un ristorante, la partita te la vedi benissimo, come fossi nel salotto di casa. La seconda ragione è di tipo sentimentale. Qui non parliamo solo di una struttura sportiva ma di qualcosa che fa parte della storia di Milano e dei milanesi».
E invece proprio Milan e Inter pare siano d’accordo sull’idea di traslocare e giocare in un impianto di proprietà dei club…
«Questo è comprensibile ed accade quando ci sono società private di mezzo. È giusto che ci sia la libertà di decidere pensando al proprio business, perché non sempre il cuore prevale sul portafoglio…»
Del resto anche lei nel 2005 fu tentato dall’idea di lasciare San Siro per gli eccessivi costi di gestione..
«C’è stato un momento in cui ho tentennato. C’erano dei cinesi pronti a investire per uno stadio tutto nuovo, perché loro erano convinti che in questo modo ci sarebbe stata maggior attrazione anche per un turismo cinese di massa. Ma quella “tentazione” durò l’arco di una mattinata e poi svanì, ai cinesi interessava solo lo stadio. In compenso fu altro ad affascinarmi…».
Ci spieghi…
«Ho sempre creduto che il progetto di Boeri (l’archistar ed ex assessore comunale Stefano, ndr) fosse molto buono, perché sfruttava tutti gli spazi. E in quel momento c’era una grande attenzione per uno stadio polivalente, che avesse al suo interno un centro commerciale, spazi ricettivi come alberghi, ristoranti e negozi, uno spazio concepito come l’Amsterdam Arena o l’Allianz Arena di Monaco per capirci. E poi un quarto anello con spazi verdi, servizi al quartiere, aree vive non solo nei giorni di partita. Un progetto più che fattibile, come quello del 2008 e che riguardava un San Siro ancora in condivisione tra Inter e Milan ma con due ingressi permanenti e distinti».
Ricorda la sua prima volta a San Siro?
«Certo, era il 6 novembre 1949 e avevo quattro anni, il giorno del derby Inter-Milan. Finì 6-5: ero andato lì con mio padre e mio fratello, e da quel giorno sarebbe diventata la nostra consuetudine, visto che in settimana si parlava solo dell’appuntamento della domenica. Di quella partita ricordo la sofferenza e la gioia finale ma pure il freddo… anche se a noi bambini facevano trovare la stanza riscaldata».
Che effetto le faceva quel San Siro visto con gli occhi del bambino?
«Era non bello, ma bellissimo. C’era un solo anello, sembrava quasi di vedersi la partita in campo. Poi il secondo anello lo ha reso più forte, più aggressivo…».
Oggi, invece, è diventato un peso ingombrante… e costosissimo
«Ma io eviterei di mandare le ruspe, lo ripeto. E questo perché anche avere due stadi male non fa… se hai due proprietà, quell’impianto da 60mila posti sarà sempre tutto nuovo e può cambiare faccia più velocemente. E poi devo dire anche economicamente può valerne la pena, si spende di meno. Abbattere i costi non vuol dire dover abbattere San Siro che resta uno stadio magnifico».
san siro milan san siro RAGGI AL TELEFONO CON PALLOTTA