Claudio De Carli per il Giornale
Con Anna ho ballato il tango fino all'alba, ero il suo maestro, lei era magica. Poi a un certo punto mi fa: «A Ramo', ma va' a dormì, va'!». Erano le cinque del mattino e così sono andato a dormire. Anna è la signora Magnani, Ramon è Francisco Lojacono, tanguero, tombeur de femme, calcio devastante, destro e sinistro, dribbling romantici, esistenza spericolata. Viene in Italia nel dicembre del '56, Federico Fellini gira La Dolce Vita nel '60, non arriva sull'onda delle inebrianti notti di via Veneto, Ramon le ha precedute.
Prima la Fiorentina, lo scudo cucito sulla maglia viola con quel giglio rosso è una calamita, acquistato dal San Lorenzo de Almagro in compartecipazione con il Lanerossi Vicenza per 40 milioni, una stagione a testa, salva i veneti dalla retrocessione poi Firenze. Repertorio di finte, controfinte e tiri tagliati con la maestria di un liutaio lasciano senza fiato perfino i compagni di squadra.
È di Matadores, quartiere di Buenos Aires, padre calabrese emigrato lì a 14 anni, Ramon è un verniciatore di automobili con un richiamo irresistibile per le donne, gioca nel club Ercilla Juniors, si sposa a 22 anni ma va a letto con un pallone sotto le lenzuola. Poi la crisi economica che devasta l'Argentina, padre licenziato, Ramon cambia, entra come tornitore nelle officine delle ferrovie nazionali, cresce, stupisce, a 20 anni è titolare nella Albiceleste, fenomeno.
L'amico del cuore Felix Latronico gli paga il viaggio in Italia sicuro di trovargli un ingaggio ma occorre sbrigarsi, il 31 dicembre si chiude la finestra di mercato, arriva sotto Natale e si presenta al Milan, niente da fare, passa da Firenze e il presidente Enrico Befani trova subito l'accordo, Fulvio Bernanrdini non lo vuole, ha preso informazioni, l'argentino ha una vita indisciplinata ma è fatta, è in serie A.
Bernardini è tutto schemi e tattica, Ramon un libero pensatore: Il calcio è libertà, gioco dove mi spinge l'istinto, sento dentro un'energia spropositata. I tifosi ai suoi piedi, nella viola ci sono Miguel Montuori, Julio Botelho Julinho, Kurt Hamrin, lui è un divo, una cosa a parte, Bernardini lo schiera in tutti i ruoli dell'attacco, lui incanta e segna, il Napoli offre 120 milioni, Befani non lo molla ma non riesce a domarlo.
Espulsioni a raffica, carattere esagerato, reagisce alle provocazioni, all'Olimpico il suo compagno di squadra Guido Gratton lo rimprovera per un passaggio sbagliato, lui gli si avvicina con calma e quando è a un passo gli rifila un ceffone in faccia, non ha paura di niente e nessuno, stende maciste Bruno Bolchi che è il doppio di lui, poi sparisce, tutti lo cercano e nessuno lo trova, poker notturni, alba con le femmine, pomeriggi al mare.
Entra nella nostra nazionale come oriundo, il gol al 41' della ripresa che pareggia quello di Alfredo Di Stefano alla Spagna di Laszlo Kubala, Francisco Gento e Luis Suarez il 29 febbraio 1959 all'Olimpico è qualcosa di epico ma alla fine Befani cede. Ramon a 25 anni va alla Roma, 100 milioni ai viola più il cartellino di Dino Da Costa e Franco Zaglio, va a abitare alla Balduina, Hollywood sul Tevere, adesso agli altri serviranno due portieri, i tifosi giallorossi impazziscono.
Tarchiato, faccia da boxer, i paparazzi lo scolpiscono all'ingresso di teatri, riunioni di pugilato e night sempre in compagnia di una nuova sventola mentre la società lo crede ricoverato in qualche clinica per curare improbabili infortuni che accampa. I compagni capiscono e lo coprono, ma va in prima pagina quando finisce contro un albero con la sua Maserati alle quattro del mattino.
Succede anche in Nazionale, Lorenzo Buffon viene incaricato di pedinarlo e un mattino, con gli azzurri tutti a colazione tranne lui, va a chiamarlo nella sua camera e lo sorprende con la diciottenne Claudia Mori. Zitto, non fa parola con nessuno, lo prega solo di vestirsi e scendere che lo stanno aspettando. Si sono conosciuti al Sistina, hanno anche girato assieme un film, la notizia esce sui quotidiani: ecco la donna che metterà la testa a posto a Ramon. Niente da fare, il profumo di femmina lo inebria, in campo dà spettacolo e tutto gli viene perdonato.
Il 27 novembre del '60 in un Roma-Juventus segna un gol da quaranta metri, palla sotto la traversa, Giovanni Vavassori schiantato. Ma non è questa la notizia, Ramon ha giocato con un braccio bendato e immobilizzato sotto la maglia per una lussazione alla spalla.
Poco prima della partita si è fatto una iniezione di Novocaina e poi dentro, in campo. I cronisti vengono a conoscenza della menomazione, lo incensano di elogi e lui svela il retroscena: sì, ho segnato con un braccio fasciato ma il bello è che fino alle 11 del mattino ho passato una notte di bombardamenti con una spalla lussata e una splendida bionda.
Frequenta Renato Rascel, Gino Cervi, Walter Chiari, ogni tanto si ricorda di andare al campo per allenarsi e cancella ogni possibile ramanzina dei dirigenti. Questa volta dobbiamo andare giù pesanti, si ripromettono, poi lui in campo dà spettacolo e finisce lì. Cosa gli vuoi dire? Quando capisce che c'è aria pesante nei suoi confronti li affronta per primo: Volete che mi vada a chiudere in un convento? Multatemi se gioco male, ma non per la mia vita privata. Si gira e spara in porta un destro che brucia i guanti. Tifosi in estasi, li fa impazzire, estroverso, indolente, in un Roma-Catania è talmente svagato che iniziano a fischiarlo per spronarlo, lui si siede sul pallone e li sfida, va a battere un calcio d'angolo e lo scaglia in tribuna. Putiferio.
Deve uscire dall'Olimpico travestito da vigile urbano. Quando conosce la diciassettenne Anna Maria sembra che la faccenda si stia mettendo a posto, lei va a vivere con lui nonostante il divieto della sua famiglia, è minorenne, nuovo scandalo.
Ormai è considerato un ex, Roma lo scarica, torna a Firenze dove gli propongono un contratto a gettone, ci sta, Ferruccio Valcareggi stravede per lui, la crisi calcistica pero è in agguato, il recupero è un naufragio, torna a Roma per poco, finisce alla Sampdoria, all'Alessandria in serie B, poi anche in C, allena, conquista promozioni in serie, malgrado Omar Sivori, Valentin Angelillo e Humberto Maschio, e magari senza il loro talento, è l'oriundo che più ha lasciato il segno nel calcio italiano, difficile da crederci ma vero.
Del resto cosa c'è di vero e quanto fantasticato? Neppure la notte a ballare tango con la Magnani è accertata: La si incontrava spesso a ore piccole alle Grotte del Piccione o al Club 84, racconta un paparazzo, con Totò, Pasolini e Moravia, decine di scatti, ma quelli con Lojacono no, neppure una foto, lei all'alba andava a dar da mangiare ai gatti. Mistero anche per la sua dipartita a Palombara di Sabrina a 67 anni.
Archiviata come infezione polmonare è stata poi ritenuta sospetta con riapertura del fascicolo, ha giocato nella Sampdoria nel periodo in cui militavano Tito Cucchiaroni, Ernst Ocwirk, Guido Vincenzi e Enzo Matteucci, tutti deceduti per sclerosi laterale amiotrofica, la Sla. Basta, un po' di pace por favor. Ramon non ha buttato via un solo istante della sua avventura italiana e ha raccontato che insegnava il tango alla Magnani: La cosa più bella del mondo è fare l'alba con una splendida donna ballando con lei e poi rientrare mentre i lampioni sono ancora accesi. Io l'ho fatto.
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