EYE OF THE TIGER (WOODS) – “TORNO MA PART TIME. HO CORSO PURE IL RISCHIO DI PERDERE UNA GAMBA” – IL SUPERCAMPIONE DI GOLF RACCONTA IL SUO CALVARIO DOPO L’INCIDENTE STRADALE IN CUI HA RISCHIATO DI PERDERE LA VITA: “NON HO RICORDI DI QUANTO E’ SUCCESSO. SOFFRO ANCORA, FARÒ SOLTANTO ALCUNI TORNEI” - E SUI PROGRESSI DEL FIGLIO CHARLIE DICE...

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Ciro Scognamiglio per la Gazzetta dello Sport

 

Tiger Woods Tiger Woods

Nove mesi possono bastare per nascere. Per rinascere, no. Non completamente, non in questo caso. Nove mesi fa Tiger Woods stava morendo in un incidente stradale in California, in cui rischiò l'amputazione della gamba destra. Adesso il più grande golfista dell'era moderna (15 Major, meglio solo Jack Nicklaus con 18 tra il 1962 e il 1986) per la prima volta ha condiviso con il mondo la visione del futuro - prima attraverso Golf Digest , poi in una conferenza stampa - e in sintesi ha detto: «Realisticamente, potrei tornare a giocare nel circuito un giorno, ma non più a tempo pieno. Dovrò scegliere».

 

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Scenario Le cure all'Harbour-UCLA Medical Center e poi al Cedars-Sinai Medical Center. Tre mesi in un letto d'ospedale. La sedia a rotelle. Le stampelle. Anche se adesso, via zoom, lo si è visto camminare senza aiuti nella sua casa a sud della Florida. «La gamba e la schiena mi fanno ancora male. La riabilitazione alla gamba destra è stata tra le più dure che abbia affrontato. La strada è lunga, è difficile addirittura spiegarlo».

 

Woods, sportivamente parlando, era già rinato una volta: il riferimento è agli interventi alla schiena che aveva dovuto subire tra il 2014 e il 2017, riuscendo a risalire sul trono del Masters nel 2019, a 11 anni dopo l'ultima vittoria di quel livello (Us Open 2008) e a 22 anni dalla prima (Masters 1997). Uno dei comeback , cioè ritorni, più grandi dello sport.

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«Non devo giocare contro i migliori giocatori del mondo per vivere bene. Dopo quelle operazioni, è stato come scalare l'Everest... Stavolta, non credo che il mio corpo sia in grado di farlo di nuovo».

 

Sul botto in auto di febbraio, però, ha tagliato corto:

«Le risposte sono tutte contenute nel report della polizia, potete leggere quello. Per conto mio, non ho ricordi di quanto è successo ed è meglio che sia così. So che sono fortunato ad essere vivo, e che la possibilità dell'amputazione della gamba era stata presa in considerazione. A un certo punto la probabilità era vicina al 50 per cento. Mi ricordo, inoltre, che ho voluto verificare se avessi ancora l'uso della mano. Ho domandato alla mia fidanzata Erika e al mio amico Rob di lanciarmi qualcosa per poterla prendere al volo. "Lanciatemi qualsiasi cosa ma fatelo", era la mia richiesta».

 

Parallelo Tiger e un calendario basato su pochi, selezionati eventi. A qualcuno,oltre che a lui stesso, è venuto in mente un paragone con la leggenda Ben Hogan, già campione di 3 Major, che il 2 febbraio 1949 con l'auto, nei pressi di El Paso, si schiantò contro un pullman. Anche in quel caso si temette per la sua vita, poi però riuscì a tornare e di Major ne vinse altri sei: in particolare l'Us Open 1950, un anno scarso dopo l'incidente. Non gioco mai più di nove tornei nello stesso anno.

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Qualche giorno fa, Woods aveva postato su twitter un video in cui colpiva le palle con il commento: «Progressi in corso». Questa settimana era già previsto che apparisse pubblicamente all'Hero World Challenge alle Bahamas, un torneo che raccoglie fondi per la sua fondazione (20 i partecipanti). Con il pensiero magari al più vecchio dei Major, il The Open, la cui 150 a edizione è in programma nel prossimo luglio a Saint Andrews, Scozia.

«Mi piacerebbe davvero giocare lì, non c'è dubbio.Quello è il campo più bello del mondo, spero davvero di riuscire a essere presente. Attualmente posso presentarmi qui e ospitare un evento, giocare un campo par-3, fare chip e putt. Ma se si tratta di confrontarmi contro i migliori del mondo, sui campi da golf più difficili nelle condizioni più difficili... sono molto lontano da questo».

 

Consapevolezza Woods intanto si può godere i progressi del figlio Charlie, che ha 12 anni.

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«Sono andato a osservarlo nei tornei e ho detto "come diavolo fai a ottenere punteggi così alti?". Va alla grande, anche se nel gioco a volte gli capita di perdere la calma. Però nel corso dell'estate è migliorato molto».

 

Potrebbe avere un bel futuro davanti, lo stesso che manca al padre leggendario. La Tigre ne è perfettamente consapevole.

«Non prevedo che questa gamba sarà mai più quella di una volta, quindi non avrò mai la schiena come una volta, e il tempo scorre. Sto invecchiando, non sto diventando più giovane».

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