djokovic vince gli australian open contro murray
Gaia Piccardi per il Corriere della Sera
Manca da Facebook dall' 8 ottobre, da Twitter da giovedì scorso, da Instagram da una settimana. Troppo poco per pensare a una crisi esistenziale, sufficiente - se si vive nell' affanno inconscio di colmare il gap di popolarità con i monumenti Federer e Nadal - per intuire una crisi social.
Ma nella 221ª settimana in carriera che trascorre da numero uno del mondo Novak Djokovic manca, soprattutto (e per sua ammissione), di motivazione. Dietro, con 2.415 punti di ritardo, incalza Andy Murray: se lo scozzese, fresco del trofeo di Shanghai, si mettesse in tasca gli ultimi tre tornei prima di Capodanno (Vienna, Parigi Bercy e il Master di Londra), potrebbe brindare al 2017 da nuovo re del tennis.
L' insostenibile pesantezza dell' essere il Djoker l' ha colto all' ingresso del trentesimo anno, nella stagione in cui si è tolto l' ultimo sfizio della collezione di Slam (12), quel Roland Garros che gli era sfuggito con un Wawrinka fatato nel 2015 e che si è annesso lo scorso giugno battendo Murray e diventando l' ottavo giocatore della storia a centrare il Career Slam e il primo a superare 100 milioni di dollari in soli premi (più tutto il resto). Chi pensava che Djokovic avesse toccato il cielo con un dito, è rimasto deluso.
O forse, proprio per averlo toccato, Nole dopo la sbornia parigina di terra rossa è ripiombato sulla terra con un tonfo fragoroso, tirandosi coltellate crudeli nel costato: fuori al terzo turno di Wimbledon senza veder palla con Querrey, il k.o. più prematuro in uno Slam dal lontano 2009; eliminato da un brutto cliente, il redivivo Del Potro, ai Giochi di Rio, cui teneva moltissimo; ancora sconfitto dalla nemesi di ciclamino vestita,
Stan Wawrinka, nella finale dell' Us Open, il quarto e ultimo Slam che ha messo fine al supplizio di un campione appagato, deragliato, sfinito dall' eterno inseguimento alle leggende viventi (nel frattempo sprofondate al numero 6, Nadal, e 8, Federer, del ranking), di certo confuso.
djokovic vince gli australian open contro murray
A Kopaonik, la stazione di sci dove i genitori gestivano una pizzeria, l' incubatrice del talento, al calduccio rassicurante delle origini Djokovic ha lasciato uscire il suo malessere: «Essere n.1 non è più una priorità. E non voglio più parlare di vittorie degli Slam - ha detto nelle pause di un film sulla sua carriera -. Dopo Parigi non mi sento bene a livello emozionale: né in allenamento né in torneo. Basta impormi obiettivi storici. Ho vinto quello che c' era da vincere: sono nella posizione di poter ridefinire i miei obiettivi nella vita».
Se a parlare fosse un attempato fuoriclasse, saremmo alle soglie del ritiro. Ma Djokovic è Djokovic. Al di là delle illazioni - crisi matrimoniale, disturbo neurologico, voglia di anno sabbatico - urge ritrovare il sorriso da Djoker.