Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
Il risultato dell' Atalanta non è molto sotto a quello del Leicester di Ranieri.
L' Atalanta ha il quattordicesimo fatturato e nessun' altra eccezione. Ha pochi giovani e molti stranieri, cambia spesso ma cambia bene. È ben gestita e benissimo allenata. Il terzo posto di oggi nel campionato di Torino, Milano, Napoli e Roma, grandi città, bacini di utenza e possibilità di stampa infinitamente superiori, equivale tecnicamente allo scudetto del Verona in tempi in cui non c' era ancora la Champions. Succede una volta ogni cinquant' anni di andare oltre le regole certe, ogni merito economico. Non è una speranza per tutti perché è davvero un principio raro, ma è almeno un' eccezione che riconcilia con l' idea di popolo.
Per poco non ha fatto qualcosa di simile anche il Torino, direi a modo loro anche Sampdoria e Sassuolo. Per capire la stranezza del nuovo calcio, quello generato dai dollari dei gas e del petrolio, un calcio ancora adolescente, basta chiedersi come fa per esempio il Milan a perdere cento milioni di gestione in un anno. Come si fa a pagare 18 milioni a stagione il prestito di Higuain e poi comprare Piatek 4 mesi dopo.
Come si può essere tutti, veramente tutti, lontani dall' Europa al punto che chi vince cambia allenatore, ma la cambiano anche Inter, Roma e forse Milan, Lazio e Sampdoria. È stato un campionato inverso: la Juve ha fatto 5 punti in meno, il Napoli 12, l' Inter 3, la Roma 11, e sono tutte arrivate in testa alla classifica. Si è giocato un brutto calcio, un pessimo calcio in genere.
Se vogliamo essere sinceri ha dato meno del previsto anche Ronaldo, 16 gol su azione, quanto Pavoletti, uno meno di Milik, 5 meno di Zapata. Abbiamo cambiato un sacco di allenatori, ma abbiamo mandato a casa per noia anche l' unico che ha vinto.
Questa è stata la vera eccezione, l' allungarsi dell' errore delle grandi squadre: nessuna ritrova se stessa, hanno dato il tempo ad altri d' inventarsi nonostante abbiano soldi e potere. Ricominciamo adesso con una Juve diversa e una sola squadra che rimane se stessa, il Napoli. Con una lunga serie di nuovi maestri e la paura di appartenere a un altro mondo. Non è tempo di cambiare formule e calendari. È tempo di giocare bene a calcio.
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