Guido De Carolis per il Corriere della Sera
L’orgoglio senza la rabbia, per una notte senza ritorno né appello, un dentro-o-fuori da 15 e passa milioni. L’Inter va in all-in con il Barcellona, si gioca la qualificazione agli ottavi di Champions e un pezzo di futuro importante. «Dobbiamo avere ben in testa che non ci sarà un seguito se non vinciamo.
Questo deve darci entusiasmo e voglia, sapendo che sarà molto difficile, ma le difficoltà forgiano, devono esaltarci». Il condottiero Antonio Conte chiama alle armi la ciurma interista per tentare di approdare agli ottavi, terra su cui i nerazzurri non piantano il loro vessillo da sette lunghissimi anni. Vincere è l’obbligo, solo così si è certi di entrare nell’olimpo delle migliori 16 d’Europa. L’altra strada, più tortuosa, è replicare lo stesso risultato del Borussia Dortmund impegnato con il già eliminato Slavia Praga.
La non convocazione di Leo Messi, assente anche l’anno scorso a San Siro, è stata accolta con giubilo dal popolo nerazzurro, così come le altre defezioni catalane. C’è poco da stare allegri, il Barça non fa prigionieri né regali e nelle ultime 33 partite della fase a gironi ha perso una sola volta, 1-3 con il Manchester City nel novembre 2016. «Hanno la serenità del primo posto, possono giocarsi la partita senza pressioni», avverte Conte.
L’Inter capolista in serie A arriva con la mente fortificata dal primo posto e da quattro mesi di continua crescita, ma pure appesantita e provata dalla continua emergenza e con un centrocampo asfaltato dagli infortuni, in cui gli ultimi reduci sono Vecino, Brozovic e Borja Valero, perché pure Candreva e Asamoah sono pezzi perduti o quasi. «Dobbiamo dare tutto, non avere recriminazioni. Passare significa continuare a fare un’esperienza in Champions.
Molti di noi non ne sono stati grandi frequentatori, io per primo», ammette Conte. Da calciatore la coppa l’ha vinta con la Juve nel 1996, da allenatore ha avuto meno fortuna: in tre partecipazioni è arrivato una volta ai quarti con i bianconeri (miglior piazzamento), un’altra non ha passato il turno e nell’ultima avventura con il Chelsea si è fermato agli ottavi. Ci tiene a far bene Conte, anche se l’Inter di oggi, come la sua Juve di tanti anni fa, è ancora un progetto embrionale.
L’arma in più deve essere San Siro, riempito da oltre 72 mila tifosi che hanno portato nelle casse della società 7,8 milioni, un record per il calcio italiano. Niente fischi, zero brusii stavolta, come invece accaduto con la Roma e per cui Conte si è molto infastidito. L’allenatore chiede di non rimarcare inevitabili errori che ci saranno, «perché dobbiamo prepararci a soffrire il loro palleggio. Solo chi è stolto può pensare di non andare in difficoltà con una delle squadre più forti del mondo. Mi aspetto energia positiva dal nostro stadio», l’appello del tecnico nerazzurro.
Il resto è presto detto, serve un’impresa, come quella dolcissima della semifinale del 2010 proprio contro il Barcellona, unica vittoria nerazzurra negli ultimi 11 incontri con squadre spagnole. «A fine gara dovremo avere la coscienza pulita. Giocarci la qualificazione contro il Barcellona deve riempirci di orgoglio. L’importante è dare tutto e uscire a testa alta». Meglio se con il biglietto per gli ottavi in tasca.
MESSI
Messi, assente, comincia a pensare anche al dopocarriera (e alla sfida con il Real del 18 dicembre): “guardo il mio amico Puyol e capisco che si può vivere bene anche senza il calcio