Dagoreport
“Noi non abbiamo bisogno di un manager”. Sono queste le parole che inchiodano Zlatan Ibrahimovic. Il manager, Antonio Conte da Lecce, andato al Napoli dopo aver aspettato per mesi una chiamata dal Milan, ieri ha passeggiato sulla squadra rossonera, e veleggia in testa al campionato italiano grazie anche alla distrazione dell’Inter e al fatto che la Juve è un cantiere.
Si sa, Conte è un allenatore che dà e chiede. Dà, perché in media vince, chiede perché vuole una squadra competitiva. Ma il calcio è un mondo strano. Non è un’azienda normale. E le proprietà americane sembrano non capire che non si possono gestire con i criteri delle altre aziende.
Così, se a Roma i Friedkin hanno fatto fuori tutti quelli dell’ambiente, da Mou a De Rossi, al Milan non hanno capito che nel momento in cui licenzi il totem Paolo Maldini devi mettere qualcuno in grado di gestire l’ambiente. E quel qualcuno era Antonio Conte da Lecce.
Giorgio Furlani e Ibra non hanno voluto nessuno che potesse dare loro ombra e hanno riportato in Italia Zorro Fonseca, bravissima persona, discreto allenatore ma dotato di carisma zero.
E ora che il Milan arranca, e Gerry Cardinale deve rifinanziare il prestito di Elliott da 700 milioni, l’ipotesi di rimanere fuori dalla prossima Champions è un macigno che a qualcuno andrà attribuito.
Pagherà Furlani? Pagherà Dio Ibra? Sicuramente non pagherà il più furbo di tutti, quel gran navigatore di Paolo Scaroni, che pure si è fatto fregare in Lega non ottenendo di giocare con il Bologna sabato scorso.
Ma Scaroni sarà bravissimo a mollare il cerino in mano a Furlani o a Ibra. O a tutti e due. E magari a godere sarà ancora Elliott che, nel caso Red Bird non sia in grado di ripagare il “vendor loan”, tornerà di nuovo in possesso del Milan per due birre e una pizza.
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