Venti club miliardari che combattono una guerra di posizione sul “campo neutro”, sulla difesa del fattore campo, su quello che il Times definisce la loro “fortezza psicologica”: il proprio stadio, anche se vuoto. Il dibattito che sta spaccando la Premier League è “imbarazzante”. Così scrive Henry Winter nel suo editoriale sul più prestigioso quotidiano inglese: “discutono su mattoni e cemento, quando il vero problema per il riavvio del campionato dovrebbe essere il benessere dei giocatori, in carne e ossa. A volte sembra che per alcuni di questi club la ricchezza sia più importante della salute”.
La stampa, in Inghilterra, non corre dietro l’ansia del ritorno in campo. Nella patria del liberalismo – quello vero – c’è un giornalismo che fa le pulci, che non si schiera con un’enfasi che lascia interdetti. Un giornalismo, come nel caso tedesco e francese, che analizza anche il valore morale di un sistema che ignora le paure e i rischi dei calciatori i quali continuano a ripetere: “siamo persone anche noi”.
La strategia del governo – scrive The Times – contiene molti punti logici, ma a pagina 21 evidenzia un enigma centrale, persino una contraddizione che va al cuore stesso del progetto di riavvio. Dice che il calcio debba “svolgersi a porte chiuse, evitando il rischio di contatti sociali su larga scala” e che la “riapertura di luoghi che attirano grandi folle (come gli stadi sportivi) sarà possibile in modo significativo solo in seguito, a seconda della riduzione del numero dei contagi”. Quindi, in sostanza, il governo consente ai calciatori di correre un rischio in un momento in cui ammette che la pandemia è tutt’altro che sotto controllo.
“Non c’è da stupirsi che alcuni giocatori si sentano cavie. Prima vengono gettati sotto l’autobus dal segretario alla Salute Matt Hancock che ha messo in dubbio la loro etica, e ora invece devono guidarlo quell’autobus per dare un passaggio allo spirito della nazione”.
I club “ribelli”, quelli che si rifiutano di giocare in campo neutro, sostengono che i loro giocatori beneficiano della familiarità del loro stadio anche se i tifosi non ci saranno. È psicologico. La loro casa è il loro castello, la loro fortezza.
Il calcio non ci fa una gran figura, scrive ancora Winter. “I club della Premier League, di solito così attenti alla loro immagine come collettivo, devono riflettere più attentamente su come vengono percepiti. Avidi. Menefreghisti. Sfidano il governo e la polizia, che hanno questioni ben più serie da affrontare. Le persone non lo dimenticheranno”.
“Quelli che non sono schiavi del calcio vedranno semplicemente confermati i loro pregiudizi: il calcio è la casa dei venali. Quelli che lo amano con passione rabbrividiranno all’auto-ossessione del calcio in un momento in cui centinaia di persone muoiono ogni giorno, in questa pandemia”.