“LA DIVISA DI TONGA, DECISAMENTE LA MIGLIORE” – ALLA CERIMONIA DI APERTURA DELLE OLIMPIADI TUTTI PAZZI PER PITA NIKOLAS TAUFATOFUA, PORTABANDIERA DI TONGA CON GONNELLINO E PETTO NUDO OLIATO COME UNA SARDINA DA IMPANARE – LA CACIARA DEL PORTOGALLO, LA GERMANIA INGUARDABILE IN INDEFINIBILE SIMIL-VERDE E SCARPE GIALLE FLUO –  LE BATTUTE SULLA DIVISA DELL'ITALIA: "PARE UNA PIZZA"; GLI ATLETI ITALIANI SEMBRANO I FIGLI DEGLI UMPA LUMPA COI TELETUBBIES" – VIDEO

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1 - LA CERIMONIA DI APERTURA DELLE OLIMPIADI, IN DIRETTA

Marco Imarisio e Gaia Piccardi per www.corriere.it

TONGA PITA NIKOLAS TAUFATOFUA TONGA PITA NIKOLAS TAUFATOFUA

 

È iniziata alle 13, ora italiana, la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Tokyo. La prima nazione a sfilare è tradizionalmente la Grecia, seguita dalla squadra dei rifugiati. L’Italia sfila 18esima, chiude il Giappone. I portabandiera azzurri sono Jessica Rossi, la campionessa del tiro a volo, ed Elia Viviani (ciclismo). La pallavolista Paola Egonuè stata scelta dal Cio, assieme ad altri cinque atleti, come portabandiera del vessillo olimpico.

 

Ore 14.55 - Baci e abbracci vietati, divise sgargianti (tranne la Germania, che ha scelto un «inguardabile» verde)

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Mica facile il riconoscimento facciale degli atleti sotto le mascherine. E allora concentriamoci sugli abiti. I colori sgargianti dell’Africa (l’Angola elegantissima, il Kenya in fucsia, lo Zambia in verde smeraldo, le tute sgargianti del Congo), i vestiti tradizionali dell’Afghanistan e dell’Arabia Saudita, i cappelli di paglia delle Isole Cook, i sandali delle Seychelles, i turbanti dell’Oman, il Suriname con i copricapo di piume e la Nuova Zelanda con i mantelli di pelliccia, El Salvador con le braghe a fiori, le donne in rosso con fascia in vita dei Roc, i russi neutrali per colpa dello scandalo doping, armati di bandierine olimpiche, festanti nonostante tutto. Indelebili ricordi all’ingresso di Tonga che quattro anni fa, a Rio 2016, ci regalò un sogno con il portabandiera Pita Taufatofua, che si presentò al Maracanà in gonnellino e a torso nudo, ricoperto d’olio come una sardina pronta da impanare. L’alfiere è sempre Pita, che replica il total nude look (with oil). Il Cio aveva raccomandato sobrietà anche nella sfilata (vietatissimi baci e abbracci), e così è stato. L’insufficienza nella divisa va alla Germania, in indefinibile simil-verde e scarpe gialle fluo. Si può dire? Inguardabile. (di Gaia Piccardi)

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Ore 14.15 - Italiani e argentini, allegria e risate

Nell’interminabile sfilata degli atleti, che ogni quattro anni vale come un ripasso di geografia, l’allegria e le risate contagiose di argentini e italiani valgono invece come una piccola lezione, fare festa nonostante tutto, per continuare a vivere. Si era pensato anche di non farla, questa cerimonia. Fino all’ultimo il Cio ne ha discusso. Ma sarebbe stato il timbro ufficiale sullo stato di clandestinità di questa olimpiade, già obbligata a surreali contorsioni come quella che impone agli atleti di mettersi le medaglie da soli (di Marco Imarisio).

 

Ore 13.55 - Entra l’Italia e lo stadio (vuoto) si scalda

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Tra Israele e Iraq, eccoci. Entra l’Italia e lo stadio olimpico vuoto si scalda d’incanto: siamo tanti, vestiti di bianco in onore al paese che ci ospita, con i colori del Giappone sul petto. Sventoliamo bandiere tricolori, quasi nessuno filtra le emozioni attraverso la lente del telefonino. Tutti presenti, gioiosi, belli, sì belli. I due portabandiera, la tiratrice Jessica Rossi e il ciclista Elia Viviani, hanno gli occhi che ridono. Nel mondo che non esiste più, prima della pandemia, la sfilata degli atleti alla cerimonia d’inaugurazione dell’Olimpiade era il party più fantasmagorico del mondo, lo spettacolo più bello dopo il weekend. Non è più così, purtroppo. Ma la nostra allegria, from Italy with love, ci ha ricordato da dove veniamo (di Gaia Piccardi).

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Ore 13.44 - La cosa migliore: l’emozione e le lacrime degli atleti

Arrivano gli atleti, e i loro sguardi emozionati, compresa qualche lacrima, sono la cosa migliore. Grecia, nazionale dei Rifugiati, Algeria, in ordine alfabetico giapponese. Nonostante tutto, sono giunti all’appuntamento che definirà le loro vite sportive. Meritavano molto più di uno stadio vuoto e delle mascherine che rendono difficile la loro identificazione. Ma intanto, sono qui, all’Olimpiade più strana e difficile della storia. Così va la vita, così sta andando la nostra (di Marco Imarisio).

 

Ore 13.35 - Manca l’entusiasmo, ma le coreografie sono molto belle

La coreografia con i cinque cerchi e il balletto sono molto belli e arrivano in extremis a salvarci dalla depressione. Quel che manca è l’elemento di raccordo tra una scena e l’altra: il pubblico, l’entusiasmo. E così, più che una cerimonia olimpica, sembra di assistere a una sfilata di moda, con pochi e delicati applausi alla fine di ogni numero (di Marco Imarisio).

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Ore 13.26 - L’ingresso dell’Imperatore (con mascherina)

Primo momento surreale. Dopo un avvio lento, entrano nello stadio l’Imperatore Naruhito e il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach, che ha fortemente voluto questi Giochi in Giappone. Camminano l’uno verso l’altro, mascherinati. Inchino distanziato. Poi, con un riflesso condizionato da vecchio impero e mondo prima della pandemia, si voltano e salutano. Il vuoto (di Gaia Piccardi).

 

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Ore 13.23 - Sobrietà o mestizia?

Mah. D’accordo, l’evocazione di quel che è stato. La solitudine dell’atleta in lockdown che si allena sul tapis roulant. D’accordo la sobrietà necessaria per i tempi che stiamo vivendo. Ma qui si sconfina nella mestizia, con una bella colonna sonora. Nessuno chiedeva le Spice Girls e il sosia della Regina Elisabetta che si lancia dall’elicottero con il vero James Bond come a Londra 2012. Però, accidenti. Intanto a mischiarsi con le note della danzatrice dall’aria sconvolta, arrivano le grida di protesta contro Tokyo 2020 dall’esterno, sempre più forti. Quale allegria (di Marco Imarisio).

 

Ore 13.12 - Piazza Duomo nel video che ricorda l’anno della pandemia

Nel video che ricorda il peggiore anno della nostra vita, una delle prime immagini è quella di piazza del Duomo deserta. Dovremmo sempre ricordarci cosa è stato il 2020, quei mesi terribili di marzo e aprile. Per la Lombardia e per tutta l’Italia. A Tokyo lo hanno fatto. E un po’ ci sono venuti i brividi (di Marco Imarisio).

 

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Ore 13.03 - Camere con vista sull’Olimpiade che nessuno, in Giappone, voleva più

Attaccato allo stadio olimpico, vicino come solo a Tokyo le cose riescono ad essere vicine senza collidere le une contro le altre, c’è un condominio. Appartamenti grandi come scatolette di sardine, vetrate affacciate sulla cerimonia d’inaugurazione che sta per cominciare. C’è chi sta cenando, chi guarda la televisione, chi gioca con i figli, chi stende il bucato. Camere con vista sull’Olimpiade che nessuno, in Giappone, voleva più. Dalla scatoletta in alto a destra, però, una donna si sbraccia verso di noi: saluta. Forse i giapponesi ostili agli stranieri potenziali untori ce li ha raccontati una certa propaganda anti-olimpica, forse non ci vogliono così male. Ricambio il saluto (di Gaia Piccardi).

 

Ore 13.03 - Tutto pronto per l’inizio della cerimonia

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Tutto pronto per l’inizio delle cerimonia. Lo stadio è neutro, nel senso che non c’è una insegna che sia una degli sponsor. Dopo il gran rifiuto di Toyota a presenziare, anche Panasonic ha fatto sapere che non ci sarà, mentre Chipotle ha fatto sapere che nonostante la situazione “non sia ideale”, valuterà se fare degli spot olimpici. In zona Cesarini, la delegazione del Brasile ha fatto sapere intanto sapere che sfilerà solo con quattro atleti, per paura del Covid che oggi ha fatto registrare un altro picco record, uguagliando il numero dei contagi quotidiani toccato lo scorso 16 gennaio. C’è dell’entusiasmo, intorno a questi Giochi. Ma adesso si spengono le luci. In un modo o nell’altro, si comincia (di Marco Imarisio).

 

Ore 12.53 - La protesta (ordinata) fuori dallo stadio

Qualche centinaio di manifestanti protesta contro le Olimpiadi di Tokyo fuori dallo stadio. Siccome sono giapponesi, lo fanno in modo ordinato, senza invadere la strada. Stanno tutti attaccati su un marciapiede dove non c’è posto neppure per uno spillo. Sembra la coda di una volta per i biglietti allo stadio, solo che c’è una signora che grida al megafono frasi che tutti riprendono e ripetono in coro. I colleghi giapponesi spiegano che in pratica stanno dando degli untori ai membri del loro governo e ai visitatori stranieri. Alcuni hanno magliette con il disegno di siringhe sanguinolente oppure di cinque simboli del Covid al posto dei cinque cerchi. Le loro voci arrivano attutite all’interno dello stadio. A vederli dall’alto, ammassati l’uno sull’altro, a trentacinque gradi di temperatura, insomma, c’è da sperare che vada tutto bene, per loro (di Marco Imarisio).

 

 

Ore 12.42 - L’arrivo dei capi di Stato e degli atleti

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Piccolo, suggestivo, raccolto. E vuoto. Eccoci dentro lo stadio olimpico di Tokyo 2020, ricostruito (è l’impianto originale utilizzato per i Giochi ’64, fa parte di quel pacchetto di siti “heritage” recuperati dai giapponesi 57 anni dopo) per ospitare i Giochi della XXXII Olimpiade. Su queste seggioline dello stadio nel cuore di Shinjuku avremmo dovuto sederci un anno fa, se la pandemia non ci si fosse messa di mezzo. Stanno arrivando i capi di Stato, i parrucconi del Comitato olimpico internazionale, gli atleti che sfileranno. Per ora, a venti minuti dall’inaugurazione dell’Olimpiade più faticosa, contrastata e virale della storia, solo addetti ai lavori e un cono bianco al centro della scena, che raffigura il sacro monte Fuji

 

2 - SPEDIZIONE RECORD PER I SOGNI AZZURRI

Gianluca Cordella per “il Messaggero”

 

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Una squadra il cui unico limite è il cielo. Che non a caso è azzurro. L'Italia olimpica versione Tokyo 2020 è una delle migliori che la nostra storia a cinque cerchi ricordi. Perfettamente compiuta nel mettere l'uno a fianco all'altro campionissimi all'ultimo ballo che hanno resistito anche al rinvio di un anno sulla tabella di marcia e giovani dal futuro grande, che aspettano il trampolino giapponese per capire se la gloria sia questione di ore o di anni.

 

Quasi scientifica nel pareggiare il numero degli uomini e delle donne in gara, sgretolando ogni precedente record di rappresentanza femminile e totale. Sono 384 e 28 i numeri da tenere a mente. Il primo dà la dimensione del contingente, il secondo ne fissa l'obiettivo. A Rio mancarono giusto un paio di podi per fare cifra tonda.

 

A Tokyo c'è l'ambizione addirittura di sforarla quella quota. E nonostante il presidente del Coni Giovanni Malagò si sia sgolato nelle ultime settimane a ripetere il refrain che i numeri contano, per carità, ma prima di tutto vanno pesati i metalli, esperti e tifosi di ogni latitudine assegnano un trionfo a Italia Team, con stime che vanno da 33 a 40 medaglie. Troppe? Forse sì, forse no. Perché poi la medaglia è davvero, a volte, questione di dettagli. Ma non c'è dubbio che il potenziale da 40 medaglie ci sia. La loro conversione da ipotesi a realtà è semplicemente ciò che anima le Olimpiadi.

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UOMINI E DONNE

 Se si vorrà dar ragione alle previsioni non si potrà prescindere dal massiccio contributo della scherma, che finalmente ha messo da parte l'assurda rotazione delle armi e in Giappone presenta tutte le prove, sia individuali che a squadre. L'Italia è al via in tutte. Il fioretto è sempre da Dream Team sia tra gli uomini, con Daniele Garozzo oro uscente e Alessio Foconi, campione in pedana e di simpatia, che tra le ragazze, con Alice Volpi, che a Rio tifava solo per il suo Daniele e ora punta a imitarlo, e Arianna Errigo che tra le migliori ci sta da una vita.

 

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Ma siamo da medaglia ovunque, anche nella spada e nella sciabola di entrambi i sessi, con gli ultimi assalti di Aldo Montano nella prova a squadre che meriterebbero un podio per chiudere una bellissima storia di sport. E poi c'è la squadra di tiro a volo, talmente generosa con il nostro medagliere che il Coni ha voluto premiarla scegliendo Jessica Rossi come portabandiera. Lei nella fossa olimpica ha già vinto a Rio, con l'ex marito Mauro De Filippis potrebbe far saltare il banco anche nella prova mista. E Mauro, poi, sa vincere anche da solo.

 

 Nello skeet ci sono le mamme terribili di Rio, Diana Bacosi e Chiara Cainero che hanno visto anche il Covid togliere di mezzo la loro avversaria più pericolosa, la britannica Amber Hill. Molto ci si aspetta anche dal nuoto dove la concorrenza è molto più numerosa e agguerrita. Di Federica Pellegrini, monumento vivente alla quinta Olimpiade, si dice che la finale sia già un gran risultato. Ma davvero pensate che la Divina avrebbe aspettato un anno a smettere se non fosse stata certa di poter lottare per il podio?

 

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Dalla parte anagrafica opposta c'è la verve giovanile di Benny Pilato, rana d'assalto, la bellezza acqua e sapone di Margherita Panziera che nei 200 dorso una medaglia la vuole, la forza di Gabriele Detti sprigionata sui 400. E poi ci sono loro, i cannibali, Gregorio Paltrinieri e Simona Quadarella. Una vigilia con problemi e problemini che ha minato le (nostre) certezze sul loro stato di forma. Greg punta all'accoppiata (se non al tris) vasca e fondo, in misure che vanno dagli 800 metri ai 10 chilometri passando per i 1500. Simona, cuore di Roma, è attesa dall'esame più atteso contro il fenomeno Katie Ledecky: nel suo mirino 800 e 1500. In acqua ci si aspetta molto anche dal canottaggio, poche volte con una formazione così competitiva e completa.

 

 TATAMI

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Occhio al tatami. Dal taekwondo al judo, dal karate che debutta nella terra dei maestri alla lotta. In ordine di citazione le chance di medaglia sono Vito Dell'Aquila, Simone Alessio, Odette Giuffrida, Fabio Basile, Luigi Busà, Viviana Bottaro e Frank Chamizo. Ma non ci sono solo loro, eh. Se la squadra degli sport da contatto è agguerrita (e Irma Testa nella boxe che qualifica solo donne?), altrettanto lo sono le squadre tout court.

 

Il volley ha chance sia al maschile che al femminile, il Settebello di pallanuoto è campione del mondo, il basket che ha demolito la Serbia a casa sua può far saltare un banco di bronzo. Magari con un tifoso doc in tribuna con la medaglia al collo come Gimbo Tamberi che può ridare un podio all'atletica. Che culla anche la pazza idea Marcell Jacobs. La favola di Vanessa Ferrari nella ginnastica. E il ciclismo? Carte vincenti ovunque. Vincenzo Nibali, Elia Viviani, Filippo Ganna, Letizia Paternoster. Scegliete voi. E poi ci sono i nuovi, in tutti i sensi. Leonardo Fioravanti per la prima del surf, Laura Rogora per il debutto dell'arrampicata. Poi quelli che non ti aspetti. Nei 40 podi c'è posto (quasi) per tutti.

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