Borja Valero Centro Storico Lebowski
Alessandro Bocci per il “Corriere della Sera”
Tutto è nato quasi per scherzo. E invece da ieri è una storia che, nel calcio comandato dai soldi e dai procuratori, fa bene al cuore. Borja Valero, 36 anni, che ha cominciato la sua lunga e fortunata carriera nel Real Madrid, giocherà il prossimo campionato nel «Centro Storico Lebowski», Promozione toscana.
Dalla maglia viola della Fiorentina, che non gli ha rinnovato il contratto, a quella grigionera di una squadra di dilettanti, fondata poco più di dieci anni fa da un gruppo di ragazzi stufi del calcio di oggi e decisi a proporre la loro idea un po' folle. Il Lebowski, in omaggio al film del '98 con Jeff Bridges, in cui il protagonista vive fuori dagli schemi proprio come i soci intendono portare avanti il club, è il prodotto di un azionariato popolare che ha saputo centrare due promozioni autofinanziandosi.
Borja Valero aveva deciso di smettere, ma il Lebowski gli ha fatto cambiare idea. I soldi non c'entrano e l'accordo è stato raggiunto all'inizio di agosto in una pasticceria di Firenze, davanti a un cappuccino, e a Rocio, la moglie, integrata quanto e meglio di lui nella vita della città. «Ho accettato perché mi sono specchiato in certi valori», racconta con semplicità.
Lei avrebbe voluto continuare un'altra stagione nella Fiorentina?
«Pensavo di poter dare una mano. Invece la società aveva un'idea diversa. Mi dispiace, anche se posso capire le loro ragioni. Dopo la pandemia avrei voluto salutare i tifosi dal campo, ma nella vita non sempre i sogni diventano realtà».
Così aveva deciso di smettere. Poi...
«Un amico giornalista, Benedetto Ferrara, che aveva il figlio nelle giovanili, mi ha messo in contatto con il Lebowski. Pian piano ho conosciuto la loro storia e ho accettato di aiutare».
Ma nel frattempo aveva preso un impegno con Dazn. Sabato l'attende il debutto come commentatore in Inter-Genoa...
«Non volevo lasciare in maniera definitiva. E la televisione mi sembrava un bel compromesso. Eppoi volevo vedere il mio mondo da un altro punto di vista. Sono curioso di vedere l'effetto che farà...».
Il calcio resta il suo mondo.
«Mi sono anche iscritto a un corso per diventare allenatore, ma non credo che sarà la mia strada».
Come concilierà il doppio ruolo, da opinionista tv e giocatore?
«La televisione avrà la priorità. Quando ho parlato con i ragazzi del Lebowski avevo già l'impegno televisivo, ma loro non hanno creato problemi. Di sicuro in campo cercherò di dare il mio meglio. Però voglio chiarire un concetto».
Prego.
«Non ho scelto il Lebowski perché volevo continuare a giocare. L'ho fatto perché credo di poter aiutare la squadra ad avere un po' di visibilità».
I suoi nuovi compagni credono in un calcio diverso, fatto di sentimenti e non solo di soldi...
«I soldi nel calcio circoleranno sempre. Quando ho accettato ho pensato a quando ragazzino giocavo in un campetto polveroso, alimentando i miei sogni. Il Lebowski fa giocare bambini e bambine in modo gratuito e io mi rivedo in loro».
Cosa farà da grande?
«Ancora non lo so. Dopo la morte di mia madre ho deciso di vivere un giorno alla volta senza troppi progetti».
Perché a Firenze?
«Perché mi sento a casa. A Firenze mi sono costruito una vita anche fuori dal campo. E con la Fiorentina, soprattutto il primo anno, ho vissuto momenti indimenticabili, quelli che rendono vivo un uomo».
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