Giacomo Amadori per "La Verità"
Giovedì i giornali hanno riportato con enfasi che nel processo a Ciro Grillo e a tre suoi amici sarebbero entrate nuove chat favorevoli alla presunta vittima di stupro di gruppo, la ventunenne italo-norvegese S. J.. Peccato che le ipotetiche prove inedite fossero già state ampiamente raccontate sulla Verità un anno fa. Si tratta delle trascrizioni dei messaggi vocali, di Whatsapp e di Messenger che a partire dalle 14 e 36 del 17 luglio, cioè circa sei ore dopo la supposta violenza, S. scambia con il suo istruttore di kitesurf, Marco G..
La studentessa descrive la sua alba complicata. Racconta di aver fatto qualcosa, di cui sembra essersi pentita, in uno stato di ebrezza, ma non parla di violenze.
Di nuovo ci sono le vive voci dei due interlocutori, disponibili in anteprima sul sito del nostro giornale (Laverita.info).
Edoardo Capitta e Vittorio Lauria
Questi messaggi erano stati fatti ascoltare per la prima volta il 25 agosto 2019 dall'insegnante, quarantacinquenne originario di Gorizia, ai carabinieri del Reparto territoriale di Olbia, da cui era stato convocato come testimone.
Riavvolgiamo adesso il nastro sino alle 12 e 10 del 17 luglio. Marco G. scrive a S. per avvertirla che si è infortunato e che quindi non potrà essere presente alla lezione delle 15: «Ciao grande kiter, ci tenevo ad avvisarti di persona che sono fuori uso, ho la caviglia destra enorme». L'uomo allega anche la foto del «piedone».
Alle 14 e 36 l'italo-norvegese, che in quel momento è stata appena svegliata dall'amica R.
il video di ciro grillo e vittorio lauria con la ragazza che dorme 2
M. e si trova ancora a casa di Ciro & C., sembra voler far finta di nulla con l'istruttore: «Uddio come stai? Come cazzo hai fatto?». Passano 20 minuti e S. realizza: «Nooo quindi oggi non sono con te giusto? Mi spiaceeeeee. Spero che tu ti rimetta presto». Altri 25 minuti e S. digita: «Marco ieri sera ho fatto casino poi quando ci vediamo ti racconterò». Alle 15 e 47, mentre la studentessa sta andando a lezione, Marco G. replica: «Spero non si tratti di nulla di grave».
E lei alle 15 e 58 gli manda questo vocale, ascoltabile sul nostro sito: «No, Marco tranquillo, non ti preoccupare ehm ho fatto una cazzata, poi te la racconterò, eh, niente, cioè parliamo un attimo ehm mi serve un po' una dritta diciamo proprio cinque dita in faccia mi servono, comunque ehm sto andando a lezione, mi spiace un casino che non ci sei, spero che tu rimetta presto perché ci tengo anche io prima per la tua salute ovviamente, poi ci tengo anche per le lezioni con te. E niente spero di vederti presto così, cioè, parliamo e ci divertiamo (ride, annotano gli investigatori, ndr)».
Davanti ai militari Marco G. ipotizza che quel riferimento alle «5 dita in faccia» potesse significare «che per quello che aveva fatto si meritava una sberla».
Ma torniamo al dialogo tra maestro e allieva. Il primo, alle 20 e 10, avverte che richiamerà dopo cena.
Verso le 20 e 30 S. manda due audio uno dietro l'altro.
Nel primo descrive la sua lezione («Con voce soddisfatta» precisa Marco G. con i carabinieri) che «è andata abbastanza bene», racconta come si sia trovata con la nuova istruttrice Francesca B. e specifica di aver lavorato sulla tecnica non essendoci un gran vento.
Francesca B., a verbale, ha specificato come S. fosse «eccitata ed euforica», ma ha anche aggiunto: «Escludo che la ragazza abbia manifestato comportamenti tipici di una persona sotto gli effetti dell'alcol, anche perché non le avrei consentito di iniziare la lezione».
Nell'audio delle 20 e 27 S. dice anche che avrebbe voluto che ci fosse Marco per vedere questo «improvement (miglioramento, ndr) bellissimo (ride, ndr)». Nell'altro messaggio giustifica, come chiosa l'istruttore con gli investigatori, il suo essere andata in spiaggia «senza aver dormito e ubriaca» con il «bisogno di uno stacco»: «L'unica cosa che non dovevo fare oggi, anche se è andata benissimo, però avevo bisogno veramente di uno stacco diciamo mentale. Sono andata in spiaggia senza aver chiuso occhio, cioè dormito zero e in più ubriaca, cioè ero ubriachissima, infatti poi ho riletto i messaggi e cioè anche quando stavo camminando ero proprio andata. Vabbuò. Questo quindi mi sa che non lo farò più ho sgravato di brutto. Vabbé».
In questo vocale c'è una dichiarazione molto interessante della ragazza, la quale, durante gli interrogatori, ha sostenuto di aver perso conoscenza mentre veniva abusata.
Già la versione di lei inerme sembra smentita dai brevi filmati agli atti, in cui si vede la giovane partecipare attivamente al rapporto a quattro; adesso sembrerebbe cadere anche l'ipotesi che sia svenuta durante quell'amplesso e che si sia ripresa solo dopo alcune ore. Forse S. potrebbe essere rimasta sveglia a ripensare a quanto accaduto, potrebbe anche essersi pentita di come fossero andate le cose e potrebbe essere crollata solo in tarda mattinata piegata dalla stanchezza.
Di certo con le amiche ha mostrato di essere molto critica con sé stessa per i propri comportamenti con i ragazzi.
Si era anche lamentata di essere stata usata e buttata «via come spazzatura».
L'amica norvegese Mia le aveva consigliato di non darsi colpe e di consultare uno psicoterapeuta. S., dopo aver promesso di farsi vedere da uno specialista, aveva insistito (la traduzione è della consulente della Procura): «[] Magari, chi lo sa, mi aiuterà a tornare sulla strada giusta []. Hai ragione, sto accumulando così tanti episodi e altro che non riesco più a gestirli e diventa sempre più difficile capire perché cose così accadano e come evitarle []». Nelle carte c'è un ulteriore audio di S., in cui la giovane usa espressioni colorite e sicuramente esagerate per descrivere il suo rapporto con l'altro sesso e i suoi incontri in un bar di Milano: «La sfiga madornale è il fatto che magari mi faccio gente in diverse serate, poi me le ritrovo lì, tutti insieme allo stesso tavolo e son tipo "Ah guarda il gruppetto che mi sono fatta a luglio", magari, o a giugno o a marzo, sempre così, ma che cazzo di sfiga. Poi tipo gente che magari mi ferma per strada e mi fa: "Ah ma tu sei la ragazza di ieri sera". E io sono tipo: "Ah ah, io non mi ricordo della tua faccia". Però ok, ci sta. Fanculo il mondo». Per questo dice che la sua «situazione è ridicola» e che non voleva tornare a Milano dopo aver vissuto due anni a Oslo.
Tornando all'istruttore, verso le 22 del 17 luglio prova a chiamare inutilmente l'allieva, che probabilmente si è assopita, e quindi le invia questo vocale: «S. ho provato a telefonarti, ma non mi rispondi beh mi sento molto più tranquillo, se è una sbevazzata ci sta eh? Porco zio hai diciott' anni dai non essere troppo severa con te stessa poi (inc. forse "sai dartela") da sola le risposte».
A verbale Marco G. ha riferito ai carabinieri quanto gli avrebbe confessato la ragazza successivamente, in un giorno non definito: «Durante i tempi morti della lezione ha incominciato a raccontarmi, in maniera peraltro confusionaria, che le era successa una cosa brutta e non sapeva come comportarsi». Di fronte alla richiesta di chiarimenti aveva replicato: «È che è successo di nuovo». Una frase criptica che Marco avrebbe decifrato immediatamente: «Ho subito immaginato che si stesse riferendo alla confidenza che mi aveva fatto l'anno prima, ossia che era stata abusata dal suo migliore amico» con cui in precedenza «si erano baciati senza andare oltre». Ma dopo che il giovane «era caduto dalle nuvole ritenendo il rapporto sessuale consensuale, aveva deciso di non denunciarlo».
Sull'episodio adesso indaga la Procura per i minorenni di Sassari (entrambi i giovani all'epoca aveva 17 anni). Marco, però, nell'occasione avrebbe avuto la sensazione che S. si stesse «arrampicando sugli specchi» e che stesse cercando di «attirare l'attenzione».
La descrizione («confusa e contraddittoria» a giudizio dell'istruttore) di ciò che era avvenuto il 17 luglio sarebbe stata, invece, questa: alcuni «ragazzi, forse 4, avevano abusato sessualmente di lei» e «S. sosteneva sempre di non ricordare bene l'accaduto perché era molto ubriaca e non sapeva neanche se fosse avvenuto di sera o di mattina». Per questo il quarantacinquenne goriziano ha concluso: «Non ho creduto più di tanto a quello che mi stava dicendo». Per l'avvocato di S., Giulia Bongiorno, sarebbe stata la condizione di ebrezza della presunta vittima a rendere quel sesso di gruppo uno stupro: S. «ha detto sempre di avere perso conoscenza e di essere stordita. Quindi stiamo parlando di un contesto in cui si deve accertare se lei è stata oggetto di questi atti sessuali in una situazione di incapacità». Che adesso dovrà essere dimostrata in aula, anche se sarà difficile stabilire il livello di alcolemia di S. quella mattina, non essendosi la ragazza sottoposta a immediati esami medici.
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