Filippo Maria Ricci per gazzetta.it
Il presidente della Liga Javier Tebas ha partecipato a una videoconferenza con giornalisti internazionali e ha fatto il punto su tante questioni legate alla ripresa del calcio internazionale, e non solo in Spagna.
"Al momento stiamo considerando l'idea di tornare a giocare in Spagna e in altri Paesi europei il 29 maggio o in alternativa il 6 giugno. Per le competizioni europee si parla invece del 28 giugno. Con queste date ovviamente c'è tempo per ricominciare ad allenarsi rispettando il protocollo di ripresa dell'attività che abbiamo disegnato per la Liga e che abbiamo mandato per conoscenza anche ad altri campionati, compresa la Serie A. Bisognerà però prima vedere cosa succederà in questo mese di aprile. Per la chiusura della stagione non vorremmo andare oltre il mese di agosto, ed è ovvio che tutto questo condizionerà il calendario della prossima stagione".
CALENDARIO — "Sono allo studio due possibilità. La prima è quella di giocare allo stesso tempo le competizioni nazionali e quelle internazionali, la seconda di partire con quelle nazionali, ai primi di giugno sperando di chiudere in luglio, e di completare poi le coppe europee tra luglio e agosto".
CANCELLARE LA STAGIONE 2019-20 — "No, al momento non se ne parla proprio. È un’ipotesi che non contempliamo. Noi vogliamo finire la stagione e siamo sicuri che lo faremo. Probabilmente a porte chiuse, quello si, ma la stagione va finita. Il dibattito è sterile: finché c'è tempo per finire la stagione quello dev'essere l'obiettivo. Ed è curioso, il caso vuole che i club che vogliono chiudere qui la stagione siano quelli del fondo della classifica, quelli che lottano per non retrocedere. Posso assicurare che nessun grande o medio campionato ha intenzione di annullare la stagione, chi ne parla lo fa per interessi personali".
IMPATTO ECONOMICO — "Per quanto riguarda la Liga non finire la stagione 19-20 porterebbe una perdita secca quantificabile in un miliardo di euro. Se finiremo a porte chiuse il danno economico sarà di 350 milioni di euro. Se dovessimo poter giocare col pubblico le perdite saranno comunque di 150 milioni di euro. Per quanto riguarda i diritti tv in Liga abbiamo incassato il 90% del totale. Se non dovessimo più giocare, oltre a rinunciare al 10% mancante dovremmo restituire il 18% di quanto abbiamo già incassato".
RIDUZIONE DEI SALARI — "Siamo in un momento di crisi eccezionale, imprevedibile e di enorme impatto. Tutti perdono soldi, mi sembra normale che vengano ridotti anche i salari dei giocatori. In Spagna non abbiamo trovato un accordo col sindacato, la nostra trattativa si è arenata ieri.
Al momento 8 club della Liga (prima e seconda divisione, ndr) hanno chiesto l'Erte, ma nei prossimi giorni tutte le nostre squadre attiveranno protocolli di riduzione salariale, o attraverso l'Erte o con accordi individuali coi propri giocatori. Lavoriamo sul presente per salvare il futuro del calcio. E ricordo che il calcio spagnolo non ha intenzione di ricorrere ad aiuti statali, dobbiamo essere indipendenti economicamente".
SCADENZE E PRESTITI — "Bisognerà modificare i contratti dei giocatori in scadenza il 30 giugno così come i vari accordi di prestito. Non è semplice, ma nemmeno così complicato. Penso che i giocatori saranno d'accordo e che le varie leghe troveranno una soluzione nel rispetto della normativa generale".
CAMBIO DI FORMATO — "Questa è una cosa che va evitata. Perché sia a livello nazionale che a livello internazionale abbiamo venduto a oltre 100 televisioni del mondo i nostri campionati, la Liga, la Serie A, la Premier eccetera, e ovviamente la Champions League. Li abbiamo venduti con questo formato, con questo numero di squadre e questo numero di partite. Cambiare la struttura della competizione obbligherebbe alla riscrittura di centinaia di contratti. Cambiare formato a mio avviso è molto rischioso".
FAIR PLAY FINANZIARIO — "Si è parlato della sua abolizione, ma ci sono voci decisamente contrarie, per esempio quella della Bundesliga. Penso che alcune date andranno modificate, per esempio quelle relative alla presentazione di alcuni documenti o quelle dei pagamenti obbligatori prevedendo un piccolo ritardo, ma nulla di più. La struttura a mio avviso deve restare in piedi perché se qualcuno inizia a non pagare la cosa avrà un effetto domino.
Faccio un esempio: entro il 30 settembre i club della Liga devono ricevere 350 milioni per affari passati. Se non dovessero riceverli potrebbero trovarsi a loro volta nelle condizioni di non adempiere ai propri impegni economici e si metterebbe a rischio l'intero sistema. Se lasciassimo degli Stati investire per dire un miliardo in un club rischiamo di trasformare squadre di calcio in Stati, e personalmente non d'accordo. Si creerebbe un divario economico enorme. E poi se io lascio investire un miliardo a qualcuno e non controllo il suo debito il rischio economico è enorme".
SUPERLEGA — "Era un progetto negativo senza l’impatto del Covid-19, figuriamoci ora. Sarebbe un fallimento assoluto come modello di competizione e rischierebbe di mettere ancora più legna in questo già enorme falò della crisi portando con sé rischi grandi economici".
MESSI IN ITALIA — "Non penso che l’arrivo di Messi possa risolvere i problemi della Serie A, che sono legati alla pessima relazione tra debiti, alti, e incassi, insufficienti. Le cifre della Serie A sono stressate, e questi problemi economici non li risolve certo Leo Messi. A me piacerebbe che Messi restasse qui, ma se ne dovesse andare non sarebbe un dramma: si diceva che senza Cristiano Ronaldo la Liga avrebbe perso soldi, e invece ne abbiamo guadagnati, persino in Portogallo. I grandi giocatori aiutano ma non sono essenziali per un campionato".
FINESTRA DI MERCATO — "È chiaro che le date attuali, 1 luglio-1 settembre, non serviranno e dovranno essere cambiate. Però non posso dire molto di più. Bisognerà vedere le raccomandazioni della Fifa e aggiustare il mercato alle condizioni attuali generate dal coronavirus, decisamente eccezionali".