TOVALIERI
Valerio Minutiello per www.corrieredellosport.it
LE BATTAGLIE IN CAMPO E FUORI - Ha girato tante squadre, ma due gli sono rimaste nel cuore: la Roma, la squadra che tifava da bambino e dove ha iniziato a sognare e il Bari. Nella sua vita le battaglie più importanti le ha giocate fuori dal campo: come quella per la moglie Laura, scomparsa prematuramente per una lunga malattia. Nonostante la sconfitta Tovalieri è uscito dal campo a testa alta, ed è andato avanti grazie all’amore dei figli Ilaria e Simone.
LA ROMA E LE DONNE - Le battaglie sul campo sono state tante e i ricordi sono bellissimi. Come l’esordio con la Roma, la prima panchina in serie A: era il 1983, l’anno del secondo scudetto giallorosso. Tavolieri era un ragazzino che entrava all’Olimpico strapieno accanto a giocatori come Falcao, Pruzzo, Cerezo, Bruno Conti, Ancelotti e Di Bartolomei, agli ordini del “Barone” Liedholm. La Roma poi lo mandò a fare le ossa, come si dice in gergo: due stagioni con Pescara e Arezzo. Nell’85’ il ritorno nella capitale, a 20 anni da giocatore vero. Con la celebrità sono arrivate anche le donne, tante. Tavolieri non lo nasconde: «Non ero più nemmeno io a dover avvicinare una donna o a chiedere un appuntamento, fuori Trigoria c’era la fila di ragazze che ti davano il numero di telefono».
IL PRIMO GOL AL NAPOLI DI MARADONA - Poi il primo gol in serie A, contro il Napoli di Maradona, un’emozione fortissima: finì 1-1 al San Paolo, la sbloccò proprio lui prima del pareggio di Diego. Alla Roma è tornato da allenatore dei bambini arrivando fino agli allievi Nazionali. Ne ha allenati tanti, che ora sono in serie A: uno su tutti, Romagnoli. Giocava sulla fascia o a centrocampo, poi Tovalieri lo ha trasformato in difensore centrale.
LA PANCHINA DELLA ROMA - Nel 2013 rivela di aver sfiorato anche la panchina della Roma, dopo l’esonero di Zeman: «La domenica si giocava contro il Cagliari e se le cose non fossero andate bene il traghettatore sarei potuto essere io. Poi le cose sono andate diversamente».
IL BARI, PROTTI E IL TRENINO - L’altro pezzo di cuore è legato al Bari, dove ha vissuto la parte più importante della sua carriera. Con Igor Protti hanno formato una coppia gol eccezionale ed è nata un’amicizia vera anche fuori dal campo. L’esultanza con il trenino, inventata da lui è diventata famosa, ma ogni tentativo di imitazione è miseramente fallito.
MAZZONE - A Cagliari ha conosciuto Carletto Mazzone: «Un secondo padre, l’unico che è riuscito a mettermi in panchina senza farmi inc…». Era un Parma-Cagliari, Tovalieri entrò con i sardi sotto 3-0 e sfiorò la tripletta mancando di un soffio una clamorosa rimonta. Mazzone andò sotto la curva dei suoi tifosi e urlò: «Non capisco un c… come allenatore». Poi ripetè il concetto a lui negli spogliatoi. Nella sua carriera ha avuto anche modo di conoscere tanti presidenti focosi e passionali come Franco Sensi, Antonio Matarrese, Luciano Gaucci e Massimo Cellino. Insomma, il calcio vero vissuto da dentro.
2. PANCEV
L’ARRIVO DA SCARPA D’ORO – “È vero che di reti ne ho segnate parecchie, così come è vero che iniziai la mia avventura all’Inter in modo fantastico, con 5 gol in due partite in Coppa Italia. Ma successivamente a causa di Bagnoli, di qualcuno che contava nel club e dei giocatori più anziani della squadra, percepii qualcosa che non andava, di sbagliato, e lo provai anche negli allenamenti, tant’è che capii che ci sarebbe stata qualche manipolazione per non farmi scendere in campo.
E questo accadde molto velocemente e senza spiegazioni. Il mister mi mise ai margini della squadra ed è per questo che la mia avventura all’Inter iniziò e terminò male. I tifosi più giovani devono sapere come è andata, non mi importa se sono la delusione più grande dei nerazzurri, ancora, ma la verità è che non ho mai avuto una reale possibilità. Tutti i calciatori sanno che se giochi ogni 7/8 partite, puoi essere Pelé o Maradona, non puoi mai entrare in forma in questo modo. Tutto dopo questo è solo una storia”.
L’INTER, UN ERRORE – “È assolutamente vero, per tutto ciò che ho menzionato poc’anzi. Perché quando passi da un team che gioca un grande calcio ad uno che ne pratica uno non buono e non attrattivo, è facile da capire come si sia trattato di un errore. Anche se vorrei aggiungere che per il comportamento della squadra nei miei riguardi, ed è molto strano per una società seria, si sia trattato di uno sbaglio catastrofico”.
L’ERRORE PIU’ GRANDE DELLA MIA VITA – “Ho definito l’Inter l’errore più grande della mia vita? Assolutamente perché ai quei tempi sarei potuto andare anche al Real Madrid, al Barcellona o al Manchester United. In un club di quel tipo. È comprensibile il motivo per cui la mia carriera è stata rovinata”.
I MEDIA ITALIANI – “Comprendo perfettamente che non potevo essere sostenuto dai media e che questi parteggiassero per un colosso come l’Inter. La battaglia era persa in partenza ed è stato fatto di tutto per rovinare la mia immagine”.
PALLONE D’ORO – “Avrei potuto vincere il Pallone d’Oro altrove? Assolutamente sì. Molti direttori sportivi, grandi allenatori e i media di tutta del Vecchio Continente mi consideravano tra i migliori giocatori d’Europa”.