MONDO CANÈ - L'EX TENNISTA PAOLO CANÉ, GRANDE TALENTO E PESSIMO CARATTERE, A TUTTO CAMPO: “SINNER DEVE STARE ATTENTO, TUTTI ASPETTERANNO IL SUO PASSO FALSO PER POI MASSACRARLO, COME SIAMO ABITUATI IN ITALIA. LA COPPA DAVIS? NON ME L’HANNO FATTA TOCCARE, ME LO MERITAVO” – “CON PANATTA C’ERANO ODIO E AMORE, BASTAVA UN'OCCHIATA. MA LO RISPETTAVO” – “COL PASSARE DEGLI ANNI DIVENTANO TUTTI PIÙ BUONI. IO NO” – LA STORIA D'AMORE CON PAOLA TURCI E PARTECIPAZIONE AL REALITY “LA TALPA” – VIDEO

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Estratto dell’articolo di Paolo Rossi per www.repubblica.it

 

paolo cane paolo cane

Ha vinto tre tornei Atp nella sua carriera, il 14 agosto 1989 raggiunse la posizione n. 26 del mondo, il suo best ranking. Paolo Canè, classe ‘65, bolognese doc, ha fatto impazzire tanti appassionati del tennis italiano per il suo rovescio a una mano, colpo che Giampiero Galeazzi chiamò ‘Turborovescio’.

 

Però aveva anche un carattere dalla spiccata personalità, tanto che Gianni Clerici coniò il termine ‘Neurocanè’. A fine carriera anche frequentazioni nel mondo dello spettacolo (e una liason con la cantante Paola Turci). Oggi, a 58 anni, è padre di tre figli e insegna il tennis ai bambini nella sua scuola in provincia di Bergamo.

 

Buongiorno Paolo, è sul campo di tennis?

“No, sono a casa con i bambini, Achille e Samuele: stanno facendo i compiti”.

 

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Bravo, li aiuta lei a studiare?

“No, la mamma. Io supervisiono al massimo. Penso che potrei aiutarli, ma si devono arrangiare”.

 

Però già questo suona come un’altra storia, un altro Paolo Canè.

“Ma io ci scherzo sopra, sul fatto del mio carattere, sai… ci siamo andati avanti per tanti anni, è un po’ la storia di quelli che ripetono sempre le stesse cose, no?”.

 

C’era il suo carattere, e il suo tennis. Che era un'altra cosa…

“Il tennis di oggi… le tattiche, le variazioni adesso le vedi di meno, e sono dovute alla velocità dei giocatori...”.

 

Da ieri a oggi: Paolo Canè è un maestro di tennis.

“Sono qui a Gorle, vicino Bergamo. Esatto, da 11 anni”.

 

E cosa insegna ai ragazzi?

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“Le basi. La pazienza. Bisogna mettere delle basi, i punti importanti, soprattutto”.

 

[…]

 

Si ricorda di Gianni Clerici quando la definì ‘NeuroCanè’?

“Ci incontrammo una volta a Roma e lui si scusò per quello. La frase faceva sorridere, ma non era bellissima se la vai a vedere. Sai, col passare degli anni diventano tutti più buoni. Io no. Certo, la saggezza, i capelli bianchi ma fino a un certo punto”.

 

[…]

 

Ma con Adriano Panatta come andava in Coppa Davis?

“Lo rispettavo, eh. C’erano odio e amore, bastava un'occhiata. Lui legge molto bene tutto, ma io andavo a senso unico, potevo ascoltare due, tre cose poi ragionavo con la mia testa”.

 

 

Una volta ha detto che i soldi portano problemi.

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“Certo, tutte le discussioni nascono sempre da problemi di soldi. I giovani tennisti partono sempre in modo molto gioioso e poi, quando vanno, ecco che spuntano persone che conosci poco, che vogliono fare investimenti, le cose in grande. Ecco perché io faccio sempre due passi indietro”.

 

Il biglietto per vedere Paolo Canè in campo lo si pagava volentieri, però.

“Sicuramente il mio tennis era piacevole da vedere, con alti e bassi però. Però sì, dai”.

 

E come si fa a coniugare il talento con l'efficacia?

“Ci vogliono delle basi per poi permettere al talento di venire fuori nei momenti difficili. Io sono arrivato al numero 26 in classifica, però mi sono tolto delle soddisfazioni. Wilander, Ivanisevic, Connors: li ho battuti”.

 

paolo cane adriano panatta paolo cane adriano panatta

E rimorsi, rimpianti?

“Il mio sogno da bambino, da ragazzino, era di diventare professionista e giocare per la maglia azzurra per la nazionale. Ho fatto una buona buonissima carriera, anche se ho ricevuto tante critiche. Ma non voglio guardare a quello, a quelli che quando vinci sei bravo e quando perdi…”.

 

Un vizio molto italiano, non è vero?

“Per questo difendo sempre i giocatori italiani, faccio il tifo per loro anche quando ogni tanto vanno fuori giri. È un amore di patria”.

 

Ritorniamo a quelle critiche da giocatore?

“Non ci ho mai dato peso. Perché sapevo che dovevo andare avanti con le mie difficoltà, con le mie fatiche, con i miei problemi, con le mie gioie. È un percorso che fai per anni, nel bene e nel male. C’è chi riesce a gestirlo meglio e sfrutta meglio le occasioni che capitano. E chi non riesce”.

 

Lei ha detto che non la capivano.

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“Le emozioni che vivevo. Ognuno ha il proprio carattere, da fuori guardi da spettatore il diritto, il rovescio, il bel punto ma non sai quello che c'è dietro. E dietro ci può essere una vita difficile, momenti difficili che passano tutti. Io sicuramente non sono mai andato a sbandierare quelli che erano i miei problemi”.

 

Quindi Paolo Canè che persona era?

“Una persona che ha avuto la fortuna di giocare nei campi più importanti, di avere una carriera di dieci, undici anni. Girando il mondo con grande difficoltà, ma a me è piaciuto. Tornando indietro avrei cambiato qualcosa a livello di preparazione, a livello di programmazione però. Ma ci può stare”.

 

È stato testimone, commentatore del trionfo di Coppa Davis.

SINNER VOLANDRI MUSETTI COPPA DAVIS SINNER VOLANDRI MUSETTI COPPA DAVIS

“Molto emozionante. Ma mi ha fatto male il non aver potuto toccare la coppa. Avevo chiesto di entrare, di poter fare una foto e non me l’hanno permesso. Avevo l’emozione di esserci e non sono riuscito ad avvicinarmi. Ho anche pensato che lo meritavo, avendone fatto parte, avendo giocato. Io, come tutti quelli degli ultimi vent'anni. Giocando insieme abbiamo contribuito al piccolo puzzle. Peccato”.

 

Lei però è andato oltre il tennis, anche per gli affetti sentimentali. Molti si ricordano della sua storia con Paola Turci, la sua partecipazione al reality show ‘La talpa’.

“Beh, io oggi ho tre ragazzi: il più grande vive in Spagna, gli ultimi due mi hanno cambiato la vita. Aver frequentato il mondo dello spettacolo mi ha insegnato che è meglio giocare a tennis. Molto più bello il gruppo della nazionale, clima che mi piaceva molto: si lottava tutti insieme per un risultato alla fine”.

 

[…]

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Consigli a Jannik Sinner?

“Posso solo consigliargli di continuare così, ma vedrai che tutti aspetteranno il passo falso per poi massacrarlo, come siamo abituati in Italia. Anche se lui è un grande educatore di tennis, ha sempre la parola giusta per ogni domanda”.

 

E Paolo Canè cos’ha ora nel mirino?

“Mah, io curo due o tre cose. Eventi sportivi, e stage estivi con i ragazzi, commento in tv e non voglio fare di più. Mi sono dato una calmata, merito di mia moglie Erika e dei due ragazzi che mi insegnano tante cose, anche perché io ascolto poco. Eh, io ho una mia linea e difficilmente cambio. Invece loro due, Achille e Samuele, mi dicono di star calmo e ci riescono”.

 

E poi c’è il progetto del libro…

“Non l’ho ancora cominciato. Ma il titolo è pronto. Quello ce l’ho già impresso in mente: si chiamerà ‘Una vita da Canè’. Arriverà anche quel giorno”.

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