Carlos Passerini per corriere.it
Pirla non è mai stato, infatti José Mourinho aveva capito tutto già domenica, dopo il deludente 2-2 in casa dell’Everton di Ancelotti che ha con ogni probabilità inflitto il colpo di grazia alla rincorsa Champions del suo Tottenham, ora settimo e lontano cinque punti dal quarto posto in Premier. Insolitamente rassegnato, con l’aria di chi non vede l’ora di tornarsene a casa, di fronte alle telecamere di Sky Uk se n’è uscito con quella che a tutti già è suonata come la resa di un vecchio generale: «Risultato giusto». Il risultato infatti è che lo hanno licenziato. Dopo soli 17 mesi, senza nemmeno lo straccio di un trofeo vinto e per di più a sei giorni dalla finale di Coppa di Lega del 25 aprile contro il City del suo eterno rivale Guardiola. Un’uscita di scena mortificante, che non verrà compensata dalla liquidazione monstre di 17 milioni di euro. Il suo posto verrà ricoperto al momento da Ryan Mason, allenatore dell’Under 23.
Prima il Real, poi il Chelsea, quindi il Manchester United, ora gli Spurs. Siamo al quarto esonero consecutivo, il ché impone un interrogativo tanto spietato quanto inevitabile: è davvero la fine dello Special One? A suggerire una risposta affermativa sono purtroppo diversi indizi, non solo il tris di fallimenti. Innanzi tutto è lui stesso a sembrare diverso, a essere diverso. Niente più slogan, niente più duelli mediatici, niente più manette da brandire né rumore dei nemici da evocare: l’unica cosa a essere rimasta intatta, perfettamente cristallizzata nel tempo, è il suo stile di gioco, che è poi la seconda causa di licenziamento dopo la classifica deludente. Il suo «way of football», il suo modo di giocare, è ormai da tempo etichettato come «superato» e «troppo speculativo» tanto dalla stampa quanto dai tifosi.
Se il Tottenham di Pochettino si era fatto apprezzare per l’animo offensivo, il classico calcio di José improntato sul contropiede è stato considerato come la prova delle scarse ambizioni degli Spurs. Il confronto con le nuove generazioni di allenatori — i Klopp, i Nagelsmann, i Tuchel, ma anche il nuovo Guardiola che negli anni ha saputo rielaborare e rimodernizzare il suo tiki-taka — ha fatto il resto. E pensare che fino a qualche tempo fa Mou non se la passava neanche troppo male. Subentrato a Pochettino nel novembre 2019, rientrando in pista dopo undici mesi di riposo forzato, aveva chiuso la prima stagione con un sesto posto e a metà della seconda — era il novembre scorso — si era ritrovato addirittura in testa alla Premier.
Da dicembre, il crollo verticale: otto sconfitte, l’eliminazione dall’Europa League con la modesta Dinamo Zagabria e dalla FA Cup contro l’Everton. Di certo campioni come Kane e Son avrebbero potuto dargli un aiuto maggiore, invece un feeling autentico non è mai scattato. Anche questo dice molto: dov’è finito lo Speciale che sapeva entrare come nessun altro nella mente dei suoi giocatori? Forse è cambiato lui, forse sono cambiati i giocatori, intesi come ragazzi, come uomini. È cambiato il linguaggio, l’etica del lavoro, la scala di valori, il senso della sfida. Troppo diversi Pogba e Alli da Materazzi e Lampard: generazioni lontane. L’ha detto lui stesso, nel 2018: «I calciatori di oggi sono solo dei bambini viziati». «Il primo esonerato di un club di Superlega», ha scherzato il solito Gary Lineker. Va detto che, almeno in questo, Mou è rimasto Special: è riuscito a farsi licenziare mentre il mondo parla d’altro.
Roberto Avantaggiato per "il Messaggero"
Il Times già lo rimpiange. «La Premier senza di lui non sarà la stessa», scrive il giornale più famoso d' Inghilterra, riportando la notizia dell' esonero di Josè Mourinho dal Tottenham. Diverso non vuol dire necessariamente peggiore o migliore, ma più tranquilla, senza quelle polemiche che Josè Mourinho è capace di innescare. L' ex Special One è stato esonerato dal manager degli Spurs, Daniel Levy, che 17 mesi fa lo volle fortemente al posto di Mauricio Pochettino, e che ha anticipato di un paio di mesi una decisione che sembrava programmata per fine stagione.
COME LO UNITED È la seconda volta che Mourinho non termina la stagione in Premier, dopo che nel 2018 fu il Manchester United a mandarlo via. Un addio che solo casualmente è arrivato nel giorno in cui gli Spurs hanno aderito alla Superlega. L' allontanamento dal centro sportivo di Enfield (dove Mou si è recato nel pomeriggio a prendere le sue cose) in realtà è stato deciso dalla squadra, stufa dei suoi metodi.
Un gruppo capeggiato da Delli Ali e Gareth Bale (fortemente voluto dal club il ritorno del gallese), che non hanno mai gradito il trattamento ricevuto dall' allenatore, e da Toby Alderweireld, con il quale ha addirittura litigato. Mourinho se ne va dopo aver diretto il Tottenham in 86 partite, senza mai entrare nel cuore dei tifosi, che lo hanno sempre considerato un simbolo dei rivali del Chelsea. I risultati poi, pur incoraggianti all' inizio, non lo hanno aiutato nè in Premier League e nè in Europa League, dove la squadra ha subito un' umiliante sconfitta contro la Dinamo Zagabria. In campionato gli Spurs sono attualmente settimi in classifica, un posto in meno rispetto al piazzamento conclusivo della scorsa stagione.
Sul piano del gioco, poi, la versione Mou del Tottenham non ha mai convinto. Le vittorie che nel periodo prenatalizio avevano portato gli Spurs al vertice della classifica, erano infatti legate alle gesta dei suoi assi, da Harry Kane a Son-Heung Min, che andavano in gol con apparente semplicità, ma sempre per iniziative personale.
LACERATA Nel momento in cui sono venuti a mancare i risultati, sono emerse tutte le difficoltà dello spogliatoio nell' accettare il tecnico, che si è anche lasciato andare ad alcune uscite social (per tutte la foto dei calciatori concentrati sui telefonini nello spogliatoio) che non sono piaciute a Bale e compagni, che si sono sentiti messi alla berlina dei tifosi e della stampa.
Mourinho lascia una squadra lacerata da rancori e spaccature, che il suo sostituto, Ryan Mason, ex calciatore che si è ritirato dal calcio giocato dopo aver subito una frattura al cranio, dovrà guidare nella finale della Carabao Cup (contro il City) che avrebbe potuto essere il 26.mo trofeo della sua carriera.
L' interim durerà, per ora, fino al termine della stagione, in attesa magari dell' arrivo di Max Allegri, già in corsa con Mou per la sostituzione di Pochettino.
E Mou? Sembra che tornerà presto ai commenti televisivi e agli spot pubblicitari, godendosi i 13 milioni l' anno del suo contratto in scadenza nel 2023 (oltre ad una clausola da 40 milioni...) e aspettando una nuova chiamata (magari dall' Italia?). Già, perché anche se i tabloid inglesi lo hanno considerato ormai superato per Special One non è ancora arrivata l' ora di lasciare la panchina.