Francesco Borgonovo per "la Verità"
È festa grande: ieri è stato stabilito un nuovo primato. Per la prima volta nella Storia una donna non potrà competere alle Olimpiadi poiché il suo posto nella categoria femminile è stato occupato da un uomo.
Pare che la ragazza in questione sia Kunini Manumua, di Tonga. Nel gruppo di sportivi dell' Oceania che parteciperanno ai Giochi di Tokyo (ogni continente può inviare un numero limitato di atleti) non ci sarà lei, bensì Laurel Hubbard, 43 anni, neozelandese, nata maschio con il nome di Gavin.
LAUREL HUBBARD QUANDO ERA UOMO
La notizia che tutti i quotidiani e i siti hanno diffuso ieri, ovviamente, non è stata quella della mancata partecipazione di una donna. Tutti si sono concentrati su Hubbard, «la prima atleta transgender alle Olimpiadi». Era scontato: bisognava illustrare al pubblico la grande vittoria dei diritti Lgbt, il passo storico compiuto verso la nuova era di eguaglianza e prosperità.
Quando si chiamava Gavin e si identificava ancora come maschio, Hubbard stabilì il record di sollevamento pesi juniores, ma non andò mai oltre: niente gare internazionali, niente vittorie schiaccianti.
Poi, a 35 anni, la decisione di cambiare sesso. Divenuta Laurel, Hubbard ha ripreso a competere, e si è tolta un bel po' di soddisfazioni. Nel 2017 ha vinto la medaglia d' oro agli Open di Melbourne, altri due ori sono arrivati nel 2019 ai Giochi del Pacifico in Samoa.
Insomma, il figlio dell' ex sindaco di Auckland, una volta diventato donna, si è scoperto atleta di prim' ordine. E ora, grazie alle regole stabilite dal Comitato olimpico nel 2015, potrà volare a Tokyo, dove è in lizza per una medaglia.
Le norme, infatti, prevedono che i transgender possano gareggiare nella categoria femminile a patto che il loro livello totale di testosterone nel sangue rimanga al di sotto di 10 nanomoli per litro per almeno 12 mesi prima delle competizioni. C' è solo un piccolo problema: il calo del testosterone, da solo, non basta ad annullare il vantaggio competitivo dei trans sulle donne.
Bisogna prendere atto che chi cresce come un maschio ha una struttura fisica, ossea, muscolare diversa rispetto a quella femminile. Emma Hilton dell' Università di Manchester ha realizzato uno studio approfondito sul tema, di cui ha dato conto il Daily Telegraph. «Il divario di prestazioni è più evidente nelle attività sportive che si basano sulla massa muscolare e sulla forza esplosiva, in particolare nella parte superiore del corpo», si legge nel testo.
«Gli studi che esaminano gli effetti della soppressione del testosterone sulla massa muscolare e sulla forza nelle donne transgender mostrano costantemente cambiamenti molto modesti, in cui la perdita di massa magra, area muscolare e forza in genere ammonta a circa il 5% dopo 12 mesi di trattamento. Pertanto, il vantaggio muscolare di cui godono le donne transgender viene ridotto solo in minima parte quando il testosterone viene soppresso».
Difficile essere più chiari: i transgender sono più forti delle donne, e in una gara di sollevamento pesi bisognerebbe tenere conto di questa evidenza.
Kereyn Smith, a nome del Comitato olimpico della Nuova Zelanda, si è dichiarato molto soddisfatto della partecipazione di Laurel ai Giochi: «Abbiamo una forte cultura del manaaki», ha detto, «cioè dell' inclusione e del rispetto per tutti». Hubbard, dal canto suo, si è detta felicissima, e ha ringraziato tutti i neozelandesi che l' hanno supportata in questi anni.
Certo, non tutti condividono questo entusiasmo. La sollevatrice di pesi belga Anna Vanbellinghen sostiene che la vicenda di Hubbard sia «un brutto scherzo». Secondo la sportiva, «chiunque si sia allenato per il sollevamento pesi ad alto livello sa che è vero: questa particolare situazione è ingiusta per lo sport e per le atlete. Ad alcune atlete vengono tolte opportunità che cambiano la vita - medaglie e qualificazioni olimpiche - e noi siamo impotenti».
Anche il primo ministro samoano Tuilaepa Sa' ilele Malielegaoi ha usato parole piuttosto dirette: «Non è facile per le atlete allenarsi tutto l' anno, eppure permettiamo che accadano queste cose stupide». E il punto è esattamente questo: donne che hanno lavorato sodo per guadagnarsi un momento di gloria sulla ribalta internazionale vedono i loro sforzi frustrati dall' arrivo di un uomo che ha cambiato genere e che va a prendersi uno spazio riservato al sesso femminile.
Ma sembra che a nessuno importi. Ieri gli attivisti Lgbt hanno festeggiato, tanti commentatori ne hanno approfittato per celebrare la «diversità» e i «diritti» arcobaleno. Questi presunti diritti, però, si basano sulla cancellazione della donna.
La notizia, dunque, non è il primo trans alle Olimpiadi. La notizia è la prima donna che, alle Olimpiadi, viene cancellata, derubata da un uomo. Il tutto tra gli applausi dei corifei del pensiero dominante.