Estratto dell’articolo di Stefano Semeraro per “la Stampa”
«Qualche volta provo a nascondere i capelli rossi nella felpa, ma mi riconoscono sempre. E devo dire che mi fa piacere».
Jannik Sinner segnalato, pedinato, individuato, quasi placcato dai tifosi sui gradoni del Country Club di Monte- Carlo. La fotografia di una fama ormai calcistica per il numero 9 del mondo che domani esordisce nel torneo più sciccoso del mondo.
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Come vive questa popolarità?
«Sento un'energia diversa, molto importante. È un aspetto su cui ho lavorato molto, per riuscire a vivere la partita anche con il pubblico, sfruttando le mie emozioni. Mi fa molto piacere».
Arrivare fino in fondo ad uno Slam sarebbe il salto di qualità definitivo?
«Ci alleniamo tanto soprattutto per quello. Vincere uno Slam è sempre un sogno, ma ho già dimostrato di saper arrivare lontano nei tornei. Ora mi sento meglio, recupero meglio fra un punto e l'altro fra un match e l'altro. E i risultati che arrivano sono il frutto di un lavoro duro, di un investimento costante sul futuro».
Che cosa ha di speciale la rivalità con Alcaraz?
«Ci siamo incontrati per la prima volta in un Challenger in Spagna (ad Alicante nel 2019, ndr). Ho perso e subito dopo la partita sono andato a chiedergli quanti anni aveva, come si allenava, avevo già capito che era uno speciale. Poi non ci siamo incontrati per un po', e ora mi fa impressione vederlo n.1 e vincitore di uno Slam.
La cosa bella è che ogni volta che giochiamo contro imparo qualcosa, capisco come migliorarmi: con lui Miami ho messo in campo cose nuove, dettagli importanti, perché so che devo fare così, anche a costo di sbagliare, e ho giocato meglio di quando mi aveva battuto una settimana prima a Indian Wells.
Sulla terra sarà la stessa cosa, stiamo già mettendo benzina per i prossimi tornei. Anche Carlos sa che contro di lui gioco molto molto aggressivo e cambia aggiunge qualcosa».
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Giocare a carte fra voi aiuta..
«Non sembra, ma è una parte importante, mi aiuta a staccare. Io volendo posso parlarvi di tennis per giorni, ma bisogna anche distrarsi…»
Poker, scopone, briscola?…
«Burraco. Anche Scala 40, ma scendendo a 51. Il problema è che giocando in cinque bisogna usare tre mazzi e diventa difficile».
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È vero che suo papà, ora che non lavora più nel rifugio, è diventato il cuoco del gruppo?
«Era quarant'anni che faceva il cuoco, venti nello stesso rifugio, era chef e doveva arrivare per primo e andare via per ultimo. Adesso gira più con me, a Indian Wells avevamo la casa e ha cucinato per tutti, è stato perfetto. Perché gli piace, e perché è un modo per stare più insieme con me. Sono andato via da casa a 14 anni, non era capitato spesso».
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Chiudiamo sui social: lei ha 21 anni e, al contrario dei suoi coetanei posta quasi solo allenamenti. Giusto così?
«Sì, perché i social per me sono lavoro. La mia vita privata è un'altra cosa. Sono sempre attento a chi mi sta vicino, alle persone a cui tengo, non voglio mai metterli in situazioni imbarazzanti o difficili. E tengo alla mia privacy».
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