Massimo M. Veronese per Il Giornale
Il papà del Milan arrivava da Nottingham come Robin Hood, era nato nel retrobottega del padre macellaio, fumava in continuazione e aveva una fiaschietta di whisky vicino alla porta per tirarsi un po’ su nei momenti di bisogno.
Si chiama Herbert Kilpin, fa il tecnico tessile, la sua fotografia più celebre lo ritrae con la maglia rossonera a strisce strette strette, la coppoletta in testa e la mano sul fianco. La sua prima squadra si chiamava Giuseppe Garibaldi, in Italia prima del Milan ne fonda un’altra a Torino, il presidente è il Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia.
È un pioniere del calcio prima ancora di fondare il Milan, che resta il suo capolavoro. Nel battezzarla disse sacrilego: «Saremo una squadra di Diavoli. I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari». Per giocare una partita contro il Grasshopers Zurigo mollò la moglie in viaggio di nozze («prima di te viene il calcio» pare le abbia detto), i suoi vicini di via Settala, a Milano, salutavano ogni mattina quell’uomo grande e grosso dai baffi all’insù che faceva e rifaceva il giro dell’isolato di corsa per allenarsi alle partite e per tenersi in forma di suo.
Lui invece se ne andrà giovanissimo a 46 anni, senza sapere che era già entrato nell’immortalità. «Un nome magico - scriveva Sport Illustrato - mai onorato abbastanza». I suoi resti si salvarono dall’ossario comune grazie a un tifoso che ne pagò la tomba, e grazie a un altro tifoso, Luigi La Rocca, storico del Milan, fu salvato dall’abbandono per trovare spazio nel Famedio, al Cimitero Monumentale, dove è giusto che sia, nel Pantheon che raccoglie le spoglie dei più Grandi.
Oggi c’è un libro che lo racconta, si intitola «Lord del Milan» lo ha scritto un avvocato, Robert Nieri, avvocato di Nottingham, città natale di Kilpin con l’aiuto dello stesso La Rocca che lo restituì al piedistallo degli eroi. Ripercorre l’avventura di un ragazzo di fine Ottocento arrivato in Italia ventunenne e diventato, parola dell’autore «un eroe terreno, un papà del calcio italiano e non solo del Milan». Leggerlo è leggere la storia di Milano, del Milan e del calcio.
Oggi il Milan è una delle squadre più amate e popolari del mondo, un brand internazionale e un’eccellenza italiana. Il ragazzino che inventò i Diavoli può riposare sereno.