Carlos Passerini per il "Corriere della Sera"
Covid in pressing sugli Europei. A levare il fiato alla Uefa, la federazione calcistica continentale che organizza il torneo dal 1960, è ovviamente la variante Delta, che negli stadi di calcio riaperti al pubblico rischia di trovare uno dei suoi habitat ideali.
Questa edizione della coppa è itinerante e si svolge in undici città di altrettanti Paesi diversi: un format scelto nel 2014 per celebrare i 60 anni del torneo nel 2020, ma che in molti avevano poi contestato quando un anno fa proprio a causa della pandemia la manifestazione era stata rinviata di un anno.
Il timore che le trasferte dei tifosi potessero alimentare focolai s'è purtroppo trasformato in realtà. Col passare dei giorni, insieme ai contagi cresce la paura. I dati sono sempre più inquietanti. A preoccupare è il Nord Europa, con la Finlandia che fa registrare numeri record.
L'Istituto per la Salute e il Welfare di Helsinki ha segnalato un impressionante aumento di casi tracciati su tifosi di calcio tornati dalle due partite che la nazionale biancazzurra ha disputato a San Pietroburgo, che dista solo 200 chilometri dal confine.
Martedì, il giorno dopo la partita con il Belgio, al valico di Vaalimaa c'era troppa gente e le autorità non hanno potuto testare tutti: è stato consentito loro di rientrare solo a condizione che si sottoponessero a un tampone il prima possibile.
Si calcola che almeno 120 tifosi siano risultati positivi al Covid al rientro, ma il numero è destinato a salire visto che molti tamponi devono ancora essere processati. Il primo ministro Sanna Marin ha dichiarato: «Se tutti fanno un test, il contagio non s'allargherà».
L'allerta resta però massima. E sono sempre di più, anche dentro alla Uefa stessa, a essere ormai convinti che confermare l'Europeo itinerante non sia stata una grande idea. «Non ha senso che le persone viaggino in tutta Europa durante la pandemia», ha dichiarato il dottor Lothar Wieler, presidente dell'ente tedesco per il controllo delle malattie, il Koch Institute, uno dei primi specialisti a lanciare l’allarme.
Le autorità inglesi continuano a ribadire che le partite del 6, 7 e 11 luglio «saranno in totale sicurezza», ma le perplessità del resto dell'Europa sono note, con il nostro premier Draghi e la cancelliera tedesca Merkel che hanno espresso pubblicamente i propri dubbi rispetto alla scelta di giocare in un Paese come l'Inghilterra dove l'emergenza è alta.
Non è l'unico problema. A San Pietroburgo, dove il 3 luglio si giocherà anche un quarto di finale, venerdì s'è registrato un record con 107 decessi in 24 ore. La Russia è in enorme difficoltà. Anche Danimarca e Olanda sono in allarme, dopo che una ventina di tifosi sono risultati positivi alla nuova variante dopo aver assistito alla partita col Belgio al Parken di Copenaghen del 17 giugno.
Le autorità danesi hanno chiesto a chi si trovava allo stadio quel giorno di sottoporsi immediatamente a tamponi molecolari, ma è evidente che controllare la situazione è praticamente impossibile. Sabato, per dire, almeno 5 mila danesi erano ad Amsterdam per l'ottavo di finale contro il Galles. E molti di loro erano stati al Parken per le partite precedenti. La verità è che l'Europeo itinerante ha spalancato le porte al virus. E ora forse è troppo tardi per chiuderle.