VOLÈE E VECCHI MERLETTI – GIANNI CLERICI: DALLE SOTTANE DELLA DIVINA SUZANNE LENGLEN ALLE MUTANDONE LEOPARDATE DI GUSSIE MORAN CHE PROVOCARONO UNA MODIFICA DEL REGOLAMENTO DI WIMBLEDON: UN LIBRO RACCONTA COME E’ CAMBIATA LA MODA NEL TENNIS – QUANDO LEA PERICOLI “SCANDALIZZO’” TUTTI COL PIZZO SOTTO IL GONNELLINO - VIDEO

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Gianni Clerici per Il Venerdì-la Repubblica

 

suzanne lenglen suzanne lenglen

È appena uscito, come sempre accade a Natale , il Quaderno del Collezionista, che le Edizioni

Collezionisti di Tennis inviano ai loro soci. Simile istituzione esiste, in Italia, dal giorno in cui un musicista della Scala, Beppe Russotto, mi chiese che cosa pensassi del

battesimo di qualcosa di simile al Collectors Club inglese.

 

Risposi che mi sarebbe piaciuto farne parte, ma che non avrei trovato più di dieci consoci.

suzanne lenglen suzanne lenglen

Pessimista come sempre, mi sbagliavo e, al prematuro decesso di Beppe, la direzione è stata assunta da Franco Alciati, che ha appena creato un volumetto che certo mancava alla nostra cultura, L’evoluzione della moda del tennis in Italia.

 

Io stesso, nella mia vita dedita al tennis, mi sono più volte occupato di moda, anche grazie all’aiuto di due superesperti quali Rosita e Ottavio Missoni.Il mio primo incontro con la moda avvenne nella segreteria del Tennis Club Hanbury di Alassio, dove il segretario, Mr. Goodchild convinse mia mamma che un bambino di sei anni poteva evitare i calzoni lunghi obbligatori per tutti i tennisti, eccettuato Bunny Austin, finalista di Wimbledon 1932. Il volumetto mostra tra l’altro Giovannino Palmieri, campione d’Italia dal 1932 al 1936, con i primi shorts mai visti nel nostro Paese. Tornai a occuparmi di moda, quando fui preso da una passione irrazionale ma intensa per la tennista, scomparsa nel 1938, Suzanne Lenglen.

 

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Innamorato, come lo sono tuttora, di Suzanne, la prima a portare abitucci che, durante le spaccate e i salti verso l’alto, ne rivelassero un lembo di coscia al pubblico britannico, a lei debitore di un Central Court che po tesse contenere 15 mila spettatori, chiesi di esser ricevuto da Patou. Jean Patou era stato il fondatore dell’omonima casa di moda parigina ma, in seguito alla sua scomparsa, fui ricevuto dal direttore Raymond Barbas, che mi mostrò gli abiti che figurano anche nel libretto dei Collezionisti, e mi disse che, divenuta Suzanne la prima professionista del mondo, prima addirittura del grande Bill Tilden, Patou aveva iniziato una “Ligne Suzanne Lenglen”, che una vera signora di Parigi non poteva non possedere. Una frase,che ritrovo in un mio libro, è forse il caso di ricordare: «Gli spettatori inglesi non furono meno scandalizzati quando videro Suzanne nel 1919 superare la disinvoltura dell’americana May Sutton che nel 1905 si era arrotolata le maniche perché aveva caldo e voglia di vincere. Suzanne vestiva sottanine alle cosce, camicette con le maniche corte prive di reggipetto, senza sottoveste. Fu uno scandalo».

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Un libro, sottaciuto forse perché privo dei disegni che adornano lo straordinario libretto italiano, è quello di Teddy Tinling, il primo sarto a occuparsi solo di donne tenniste. Il titolo è White Ladies. Tinling è stato un personaggio che ho ben conosciuto, e che ho spesso trovato eccessivo nella sua continua ricerca di successo. Fallito come tennista, si contentava, in Costa Azzurra, di fare l’arbitro. Come gli comunicai che avevo iniziato a scrivere una biografia di Suzanne Lenglen, mi informò che non potevo farlo senza chiederlo a lui, il suo erede morale, che l’aveva arbitrata più di cento volte. Nelle mie ricerche trovai che ai tempi in cui la Lenglen abitava a Nizza Tinling poteva avere al più dodici anni. Teddy si inventò dapprima un lavoro a Wimbledon, che era quello di accompagnare i giocatori e le giocatrici che adorava dagli spogliatoi al Campo Centrale.

 

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Divenne il Maestro delle Cerimonie di Wimbledon, e la sua inclinazione per il disegno lo spinse dapprima a consigliare, infine a creare degli abiti come mai se n’erano visti, con tenui colori, pizzi, merletti e trine. La prima a indossarli fu la tennista americana Gussie Moran, chiamata Gorgeous Gussie, che giunse a indossare un paio di mutandone di pelle di leopardo, suscitando, insieme all’entusiasmo, uno scandalo, dal quale i gentlemen di Wimbledon ricavarono un regolamento che impediva vesti se non bianche e prive di ogni fronzolo. Era il 1948. Tinling si dimise dal suo ruolo di accompagnatore e diventò un sarto professionista che esponeva i suoi modelli in una enorme vetrina di Lillywhites, il negozio più chic di Londra.

 

Fu nel 1954 che Tinling incontrò Lea Pericoli al suo primo Wimbledon, e se ne innamorò, a modo suo. Vide in lei, ora che la Moran era diventata professionista con la prima troupe Jack Kramer, la modella ideale per le sue creazioni. Creazioni che potete vedere nel quaderno di Franco Alciati. Una, a tutta pagina, con l’ombrellino, e la sottanella di pizzo. Poi le altre, come quella in cui un soffio di vento solleva la gonnellina mostrando quello che Gianni Brera, in una didascalia, definì «lo strepitoso rovescio della Pericoli». In un’altra foto Lea mostra addirittura un addobbo in visone, a circondarne la sottanina. E, infine, una decorazione di piume «tanto bianche che Ted si arrabbiò quando osai asciugarmi il sudore».

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Credo che le foto di Lea Pericoli siano le pagine fondamentali del libro, anche se – mi permetto di suggerirlo al presidente della Federazione italiana gioco tennis – tutte le immagini meriterebbero una Mostra ai prossimi Internazionali. Ci sono altre foto che oserei chiamare storiche, quella dell’Unione Cooperativa di Milano del 1895, quella del famoso illustratore della Domenica del Corriere Achille Beltrame, di una tennista con un enorme cappellone fiorito, quelle della Casa di Mode Mele di Napoli, del pittore Leopoldo Metlicovitz. Le foto degli abiti della Lenglen, di Helen Wills, di Eileen Bennett, di Lilí de Álvarez, campionessa e scrittrice.

 

 

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Sino alle maniche corte delle camicie, inventate da René Lacoste, importate da noi dal papà di Pietrangeli, ai modelli di Sergio Tacchini e a quelli d’oggi di Giordano Maioli, campione d’Italia 1966. Si termina vicino a noi. Quando Borg era vestito dall’italiana Diadora, Chris Evert dall’Ellesse di Nocera Umbra, Adriano Panatta dalla biellese Fila, Jimmy Connors dai Fratelli Cerruti di Biella. Un libretto, insomma , che meriterebbe di diventare un librone. Complimenti al tennista Alciati, presidente di un’Associazione che non merita di essere sconosciuta: al contrario.

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