PER UN'ARCHITETTURA CHE DIVENTA MEDICINA ECOLOGICA – ALLA BIENNALE VENEZIANA DI ARCHITETTURA LA VERA GRANDE SORPRESA È IL PADIGLIONE ITALIA INTITOLATO ‘’COMUNITÀ RESILIENTI” – PER L'ALCHIMISTA-CURATORE ALESSANDRO MELIS È COME UN LABORATORIO UNIVERSITARIO DI BIOLOGIA, DOVE SI PROMUOVE L'EXAPTATION ARCHITETTONICA PER RAGGIUNGERE DIVERSITÀ ECOCOMPATIBILI - IL PADIGLIONE, DESTINATO A ESSERE APPREZZATO PIÙ DAI NON ARCHITETTI, È LA VETRINA DI UN ESPERIMENTO DIFFICILE, OVVERO L'ECO-ARCHITETTURA RESILIENTE, MA VINCENTE - VIDEO

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Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”

dario franceschini dario franceschini

 

Questo pomeriggio il ministro della Cultura, Dario Franceschini, sarà a Venezia per inaugurare il Padiglione Italia della 17ª Biennale di Architettura e incontrerà il direttore generale dell'Unesco, Audrey Azoulay.

 

Il Padiglione Italia, intitolato «Comunità resilienti», è un laboratorio-labirinto di biologia, direi un Laborintus come da titolo dell'opera di Edoardo Sanguineti che avviò la Neoavanguardia: «Composte terre in strutturali complessioni sono Palus Putredinis».

 

Sessant' anni dopo il poemetto di Sanguineti, l'alchimista-curatore Alessandro Melis è alle prese con la traduzione in architettura di un principio studiato in biologia da Stephen Jay Gould ed Elisabeth Vrba, l'«exaptation».

 

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L'exaptation è il meccanismo non deterministico della selezione naturale e il Padiglione Italia è come un laboratorio universitario dove si promuove l'exaptation architettonica per raggiungere diversità ecocompatibili.

 

Il padiglione, destinato a essere apprezzato più dai non architetti, è la vetrina di un esperimento difficile da comprendere nonostante l'aiuto di pannelli estesi come un poema epico e la presenza di alambicchi lungo un cammino iniziatico che ci deve portare all'albedo, ovvero l'eco-architettura resiliente.

 

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Questi alambicchi hanno nomi da trattato teosofico: lo Sprandel è un insieme di biosfere che contengono semi di piante alimentari la cui crescita non è deterministica; il Genoma sono biosfere vitree ove crescono piantine in maniera variabile e lo Slime-mold è un fungo mucillaginoso pluricellulare «e resiliente» posto in una parete di vetro che crescerà e farà da frangisole. C'è anche la parete anti Covid (ceramica bioattiva con particelle), il corner di architette femministe ed è ospitato il Padiglione della Nuova Zelanda, «per essere inclusivi».

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C'è anche una bibliografia alle pareti e ciò dà il segno che Melis chiede molto al visitatore non venuto per studiare. «Il padiglione è come un laboratorio di ricerca», racconta Melis. «È a rischio di verbosità, ma abbiamo accettato la sfida della complessità». Il catalogo è in più volumi: quello introduttivo descrive il background della ricerca mentre il secondo è più convenzionale. Ne usciranno altri quattro in digitale.

 

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Siamo all'utopismo pre-architettonico, alle Città del Sole e ai giardini alchemici di Salomon de Caus, a un linguaggio iniziatico per un'architettura che diventa medicina ecologica. Molti altri padiglioni dei 61 Paesi partecipanti tengono fede al progetto eco-inclusivo proposto per questa Biennale dal direttore Hashim Sarkis.

 

Quello francese lo fa con una strizzata d'occhio alla venezianità: una gigantografia in facciata propone uno strambo parallelismo tra gli abitanti di un villaggio africano e i veneziani ritratti nel Mondo nuovo di Tiepolo. Discutibile la scelta antiespositiva «concettuale» della Germania, il cui padiglione presenta dei QR code alle pareti: tanto valeva vederli dal pc di casa.

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