Claudia Colasanti per il “Fatto Quotidiano”
La seconda, acuta e brillante, vita del Museo Madre - il museo napoletano d' arte contemporanea d' arte Donnaregina, a un passo dal Duomo e sulla via principale dei musei partenopei - non è iniziata ora, ma tre anni fa, alla fine del 2012, subito dopo la nomina del nuovo Direttore, Andrea Viliani (quarantenne torinese; saggista, critico e curatore) e del Cda (con a capo della Fondazione il presidente Pierpaolo Forte).
L' antica e ben ristrutturata sede, insieme alla prima dispendiosa collezione (con doppi Koons, tripli Hirst e molti big contemporanei) messa assieme dalla precedente (poi chiacchierata e smantellata gestione bassoliniana) di cui ora non vi è più traccia, tranne che per sette opere (monumentali e in parte fuse con lo spazio, come quella, che si inerpica su due vani verticali di Clemente) situate al primo piano, faceva già di per se una bella figura:
si trattava anche allora di un gran museo, elegante (un po' gelido) e molto' international', con mostre temporanee talvolta di gran lustro, ma con un difetto, poi rivelatosi cruciale:
il distacco dal territorio, poco contatto con la città (febbrile e vivace per sua intima natura) e con le sue istituzioni, alcun coinvolgimento con studenti e giovani interessati ai cortocircuiti culturali, debole divulgazione di tutto il movimento artistico transitato per Napoli a partire dagli anni Settanta, totalmente da riabilitare e rimettere in gioco.
In sintesi, tutto ciò che in tre anni ha messo sul piatto concretamente Viliani insieme al suo staff, con esiti, attualmente funzionali, che si possono elencare con l' esplicito esercizio della vista e dei numeri, in perenne crescita: dalla ricostituzione della collezione, al secondo piano, attraverso un processo in cinque tappe di "Per_formare una collezione"-320 opere, di cui 23 donazioni e 10 acquisti, operati con fondi regionali -
che narra dei dibattiti storici passati per Napoli, come l' incontro tra Beyus e Warhol, il 1° aprile 1980, fino alla politica territoriale per sostenere altre realtà con il Progetto XXI (collaborazioni con Fondazione Morra Greco, Arte Cinema e Plart), con i patrocini - detti 'Matronati' - e la relazione con i musei di via Duomo, ribattezzata la "via dei musei" (San Severo al Pendino, Museo Diocesano, Monumento Nazionale del Girolamini, Museo del Tesoro di San Gennaro, Civico Filangeri e Pio Monte della Misericordia).
Oltre alle mostre temporanee di gran successo, come quella inaugurale dedicata al mecenate Lucio Amelio, e la riuscita antologica di Vettor Pisani, oggi il Madre accoglie le centinaia di visitatori nell'atrio con gli specchi ed i colori accecanti (e allegri) di una multiforme installazione di Daniel Buren e, soprattutto, con l' appena inaugurata mostra "Io non sono io" dedicata a Boris Mikhailov (Kharkov, 1938), la prima realizzata da un' istituzione italiana, insieme alla contemporanea retrospettiva torinese presso Camera - Centro Italiano per la Fotografia.
Mikhailov è uno dei più autorevoli (e amari) fotografi contemporanei. Nato in Ucraina, la sua ricerca, avviata negli anni Sessanta mentre lavora come ingegnere in una fabbrica, viene ripetutamente boicottata dal regime sovietico.
Nelle dolenti (poi fuggevolmente ironiche e anticipatamente trasgressive) serie fotografiche, molte delle quali 'rubate' alla realtà -quindi emerse ad anni di distanza dalla crudele vita quotidiana dei cittadini, prima russi poi ucraini - affronta una molteplicità di temi, indagando i profondi e traumatici cambiamenti che hanno investito, e ancora oggi investono, il suo paese natale.