Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
«Attenti ai numeri: se male interpretati, rischiano di farci commettere altri errori», ammonisce Nino Cartabellotta, medico e presidente della fondazione Gimbe, la principale data room sul coronavirus, interpellata anche dall' estero.
«Il cittadino si fa l' idea che il 7% dei contagiati muore, e un altro 7% va in terapia intensiva. Ma è una distorsione ottica».
In che senso?
«Il numero dei contagiati è di gran lunga superiore. Noi vediamo la punta dell' iceberg».
Come mai?
«In questa fase dell' epidemia si è deciso giustamente di non eseguire più i tamponi a tappeto, limitandoli a specifiche categorie».
Quanto è grande tutto l' iceberg?
«Sotto il pelo dell' acqua vedremmo tutti i positivi asintomatici o con sintomi simil influenzali lievi, che secondo la letteratura internazionale riferita alla Cina sono l' 81% dei contagiati. Ipotizzando che la gravità dell' epidemia in Italia sia uguale, vuol dire che abbiamo almeno 40 mila contagiati non censiti».
Con quali conseguenze?
«Il lato positivo è che il tasso di letalità, ovvero il rapporto morti/contagiati, è molto più basso Quello negativo è che questi 40 mila non sanno di essere contagiati e possono comportarsi senza le cautele necessarie».
Cioè sono untori a loro insaputa?
«Essi non rischiano nulla, ma possono inconsapevolmente provocare danni gravi alla salute di altre persone, soprattutto quelle più fragili con sovraccarico degli ospedali. Bisognava spiegarlo bene e subito: state a casa».
Perché non è stato fatto?
«Per tranquillizzare la popolazione».
Come sta evolvendo la situazione?
«La curva dei contagi cresce con una media giornaliera intorno al 20%. Quindi il numero assoluto dei casi raddoppia ogni 4-5 giorni. Quando la curva comincerà a flettere per diversi giorni potremo dire che le misure stanno funzionando».
Che significato ha il record di morti su base giornaliera?
«L' incremento è concentrato in Lombardia. Temo sia il sintomo di un sistema sanitario che comincia a essere stressato. Ma si comincia a morire di più anche nel resto del Paese».
Qual è l' evoluzione dal punto di vista geografico?
«Noi analizziamo i dati su tre macrocontenitori. Quello dei primi focolai: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto; quello delle regioni limitrofe: Piemonte, Marche e Liguria, a cui ora si è aggiunta la Toscana; il centro-sud. E constatiamo che hanno curve analoghe, ma temporalmente distanziate. Negli ultimi giorni la crescita di nuovi casi è rallentata in Lombardia al 13% e si sta impennando nel Centro-Sud al 30%».
Che cosa vuol dire, per i prossimi giorni?
«Se le persone non seguono le misure del governo, al Sud sarà un disastro».
Il blocco totale del Paese è arrivato tardi?
«Il 2 marzo avevo detto pubblicamente di applicarlo subito. I numeri lo suggerivano».
Perché non lo si è fatto?
«C' è stato un eccesso di prudenza per le conseguenze economiche e un eccesso di imprudenza per quelle sanitarie.
Si è preferito assecondare l' espansione del virus creando dei confini geografici con misure differenziate e graduali».
Non ha funzionato il contenimento in Lombardia?
«Bisognava imparare dalla Cina, cinturando subito tutta la Lombardia con Piacenza, che è una derivazione dello stesso focolaio. Invece, limitando la zona rossa ai dieci Comuni lodigiani, s' è dato al virus la possibilità di propagarsi. Le conseguenze le vediamo a Bergamo e Brescia».
soldati alla zona rossa turano lodigiano
Qual è la lezione?
«Il virus è molto più veloce delle decisioni politiche. Se ne frega del consenso sociale e delle preoccupazioni per l' economia. Lo diciamo anche a chi ci chiede informazioni dall' estero».
Come mai c' è ancora confusione su mascherine, posti letto, ventilatori polmonari?
«A fine gennaio non è stato preparato un piano pandemico, per farsi trovare preparati.
la pulizia degli uffici postali della zona rossa 4
Ora è tardi, in alcune aree del paese valgono le regole della medicina delle catastrofi».