ARGENTINA, FINISCE IL LOCKDOWN PIÙ LUNGO DEL MONDO: POCHI RISULTATI E POPOLAZIONE ALLA FAME - DAL 20 MARZO IL PAESE NON AVEVA MAI ALLENTATO LE RESTRIZIONI. DOVETE CONSIDERARE CHE NELL'EMISFERO AUSTRALE IN QUEI GIORNI INIZIAVA L'AUTUNNO E POI CI SAREBBE STATO L'INVERNO, CIOÈ LA STAGIONE DELLE MALATTIE RESPIRATORIE. DOPO 7 MESI IL BILANCIO È TREMENDO: PANDEMIA E CHIUSURE HANNO DATO IL COLPO DI GRAZIA A UN'ECONOMIA GIÀ IN GINOCCHIO

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CORONAVIRUS IN ARGENTINA CORONAVIRUS IN ARGENTINA

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Si avvia verso la fine in Argentina dopo oltre 7 mesi il lockdown più lungo del lungo del mondo, lasciando dietro di sé risultati ancora non decisivi nella lotta a una gigantesca epidemia locale di coronavirus e una popolazione allo stremo, letteralmente alla fame. In un paese che già prima del Covid marciava verso una nuova bancarotta finanziaria.

 

Come annunciato dal presidente Alberto Fernández, da oggi la capitale Buenos Aires e la sua provincia, dove vive un terzo dei cittadini argentini (16 milioni su 44), passano dal regime di quarantena in vigore dal 20 marzo a una fase di semplice distanziamento sociale. L’epidemia però qui non è finita, si registrano solo otto settimane consecutive di diminuzione dei casi di contagio da Covid-19 nell’area della capitale, mentre anche le province dell'interno, come quella di Santa Fe, sta cominciando una riduzione delle  persone infettate. Si spera in una continua riduzione della pandemia qui con l'arrivo dell'estate nell'emisfero sud, com'è successo in Europa (ma non negli Stati Uniti) nella stagione corrispondente nell'altro emisfero.

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L’Argentina resta il nono paese al mondo per numero di casi di Covid: un milione e 242mila, con 33.560 morti. E lo stesso presidente peronista Fernández ammette che “il problema è lungi dall'essere risolto”, con oltre 4.500 mila persone in rianimazione e una occupazione dei letti da parte dei malati di coronavirus di oltre il 60%. Qui sotto potete vedere i grafici dell’andamento nel paese rispettivamente di contagi e morti, purtroppo per niente rassicuranti.

 

Pandemia e lockdown sembrano intanto aver assestato il colpo di grazia all’economia che già prima del Covid viaggiava appunto verso la bancarotta finanziaria, già disastrosamente affrontata nel 2002 quando l’Argentina si arrese ammettendo di non poter pagare più i propri debiti. La crisi economica e la povertà diffusa, anche nel ceto medio, sono devastanti oggi come allora, ancora peggio dopo oltre sette mesi di lockdown. Il paese è tecnicamente fallito di nuovo secondo le principali agenzie di rating mondiale mentre continuano le trattative per evitare il nono default economico formale della sua storia.

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L’economia reale e la vita delle persone sono a pezzi. “Una famiglia su quattro non ce la fa proprio poiché vivevano di ‘changas’, di lavori alla giornata”. Il professor Eduardo Donza, economista dell’Università Cattolica Argentina, ha raccontato all’agenzia cattolica AgenSir i risultati di un primo studio: “È completamente al palo il 45% dei piccoli imprenditori e commercianti. Ma i problemi esistono anche per quel 35% di lavoratori stabili e in regola. Il calo complessivo della produzione supera il 50% e ci sono ripercussioni sulle imposte incassate dagli enti pubblici. Solo a Buenos Aires crollano del 40%”.

 

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“Cosa vogliamo mettere al centro? La finanza, i bond, le speculazioni o la dignità della persona umana?” ha detto sempre ad AgenSir monsignor Gustavo Carrara, vescovo ausiliare di Buenos Aires citando Papa Bergoglio, nato qui ed ex arcivescovo della capitale. Carrara si concentra sul dramma delle “villas”, le favelas argentine dove la fame distrugge sempre più vite: “In molti casi qui non solo non c’è il pane ma nemmeno l’acqua potabile: come si fa a dire ai bambini che si devono lavare le mani per prevenire i contagi?”.

 

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