Rosario Dimito per il Messaggero
Lunedì e martedì scorso Vincent Bollorè era a Roma. Nelle sale del Gran Meliá, hotel a cinque stelle sul Gianicolo, ha riunito una cinquantina di top manager di Vivendi di tutte le partecipate del mondo. C’erano, oltre ad Arnaud de Puyfontaine che è ceo della media company parigina e presidente di Tim, anche Giuseppe Recchi e Amos Genish, rispettivamente vicepresidente con deleghe e ad del gruppo italiano.
L’aver tenuto nella capitale la convention del gruppo dimostra l’attenzione del finanziere bretone per l’Italia dove, però, le sue mosse finora gli hanno procurato grane giudiziarie, corto circuiti politico-istituzionali e una forte svalutazione dell’investimento. Tra il 23,94% di Tim e il 29,9% di Mediaset ha speso circa 5 miliardi, accumulando finora una perdita teorica di 1,5 miliardi. E non si intravede una via d’uscita da nessuno dei sentieri nei quali Vivendi si è avventurato.
Le perquisizioni di ieri nel quartier generale di Parigi e nelle abitazioni di Bollorè e de Puyfontaine, rientrano nell’inchiesta sollecitata dall’esposto penale presentato da Mediaset. Che ha anche incardinato due giudizi civili e una mediazione. Il primo giudizio della fine di agosto 2016 si riferisce al passo indietro dal closing di Premium del 26 luglio dopo l’accordo del 6 aprile.
Il secondo, dello scorso giugno, è relativo all’acquisto della partecipazione e il Biscione è assistito da Sergio Erede. Il patron dello studio BonelliErede ha chiesto la riunificazione dei due processi aperti entrambi davanti al giudice delle imprese di Milano Vincenzo Perozziello che, il 19 dicembre, si esprimerà nel merito.
In quei giorni potrebbe tenersi anche il quinto incontro sulla mediazione davanti al conciliatore Antonia Marsaglia. Vivendi si avvale dei legali di Cleary Gottlieb. A fronte del mancato accordo su Premium, Mediaset, Rti e Fininvest hanno depositato una richiesta danni di 3 miliardi con il collaterale di non esercitare i diritti di voto nelle assemblee fino alla vendita del pacchetto. Lo scontro ha ormai assunto toni infuocati dove è difficile trovare uno spazio per un compromesso.
Da parte del gruppo di Silvio Berlusconi non si intende rinunciare al risarcimento dei danni visto che Premium, a seguito del mancato accordo, è rimasta ferma perdendo circa 300milioni. All’inizio dell’anno Banca Imi, advisor di Mediaset, aveva tentato una mediazione con la vendita delle torri che avrebbe fruttato un maxi-dividendo a Fininvest che avrebbe reinvestito in Telecom. Per motivi ignoti Bollorè non accettò. Ora tutto è più difficile, almeno fino a che non saranno chiusi i fronti giudiziari.